Liste d'attesa, milioni di italiani rinunciano alle prestazioni sanitarie

Scritto il 12/06/2025
da Redazione

Nel 2024, per la prima volta, la principale motivazione di rinuncia ad effettuare visite ed esami in Italia sono stati i tempi di attesa considerati troppo lunghi. Il numero dei ripensamenti è aumentato del 53% rispetto al 2023: lo rivela la Fondazione del Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze. Non solo: alla vigilia dell’incontro decisivo della Conferenza delle Regioni e il Ministero della Salute sul decreto ‘della discordia’, relativo ai poteri esecutivi, Gimbe denuncia i ritardi nella pubblicazione dei decreti attuativi delle liste di attesa: ne mancano all’appello 3 su 6.

Ad un anno dalla pubblicazione del DL Liste d’attesa nessun beneficio

cartabellotta

Nino Cartabellotta, presidente Fondazione Gimbe

Cresce in Italia il numero di rinunce a visite ed esami medici riconducibili ai lunghi tempi d'attesa. Un trend che lo scorso anno ha registrato una vera e propria impennata, portando le liste di attesa in cima alle motivazioni di ripensamento, avanti persino a quelle economiche.

La rilevazione, dati Istat alla mano, è diffusa da Gimbe, che attribuisce gravi responsabilità alla mancata attuazione delle norme pensate proprio per risolvere l’annoso problema delle liste d’attesa in sanità.

“Nonostante annunci e dichiarazioni ufficiali, il Decreto Legge sulle liste d'attesa (DL 73/2024) non ha ancora prodotto benefici concreti per i cittadini”, denuncia la fondazione di esperti chiamati a monitorare lo stato di salute della sanità italiana.

Non solo: “A un anno esatto dalla sua pubblicazione, al 10 giugno 2025, dei sei decreti attuativi previsti dal DL Liste d'attesa solo tre sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale, lo scorso aprile. Dei rimanenti, uno è scaduto da oltre nove mesi e due non hanno una scadenza definita”: tiene il conto Gimbe che ha promosso un’analisi indipendente sullo status di attuazione della norma, con lo scopo di “informare” e “tracciare un confine netto tra realtà e propaganda”, riferisce il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta.

Crescono le rinunce alle prestazioni sanitarie, numeri allarmanti

Nel frattempo la realtà restituisce “numeri allarmanti”: dati alla mano, nel 2024 il 9,9% della popolazione - circa 5,8 milioni di persone - ha rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria: un numero di rinunce in aumento, rispetto al 7,6% del 2023 (4,5 milioni di persone) e al 7% del 2022 (4,1 milioni di persone).

I dati Istat sono stati rielaborati dalla Fondazione: in particolare, il 6,8% delle rinunce si deve alle lunghe liste di attesa e il 5,3% per ragioni economiche. E la motivazione relativa alle liste di attesa è cresciuta del 51% rispetto al 2023.

Nessuna riduzione dei tempi effettiva e certificata

Non solo, malgrado sia stato previsto nei decreti un ‘cruscotto’ che monitori l’andamento Regione per Regione delle liste, in realtà “ad oggi – commenta il Presidente Cartabellotta – non esiste alcun database pubblico che documenti una riduzione dei tempi di attesa”.

Per cui qualsiasi valutazione sull'efficacia delle norme “potrà essere condotta solo quando i dati saranno resi accessibili in modo trasparente”. Quindi qualsiasi valutazione ‘ottimista’ potrebbe non essere fondata su dati oggettivi.

Da Nord a Sud: la rinuncia alle cure è un dato ‘omogeneo’

Tornando al fenomeno di chi rinuncia alle cure – o meglio a visite ed esami – Gimbe lo fotografa su tutto il territorio nazionale: “Il dato – sostiene – è sostanzialmente omogeneo in tutto il Paese, senza differenze significative: 9,2% al Nord, 10,7% al Centro e 10,3% al Sud”.

“Negli ultimi due anni – aggiunge Cartabellotta – il fenomeno della rinuncia alle prestazioni non solo è cresciuto, ma coinvolge l'intero Paese, incluse le fasce di popolazione che prima della pandemia si trovavano in una posizione di 'vantaggio relativo', come i residenti al Nord e le persone con un livello di istruzione più elevato”.

Cartabellotta: “Liste di attesa, solo un sintomo del grave indebolimento del SSN”

Le liste d'attesa non sono solo la punta dell’iceberg di una criticità diffusa che non si risolve “a colpi di decreti”, manda a dire Cartabellotta: “Sono il sintomo del grave indebolimento del SSN”, che piuttosto “richiede investimenti consistenti sul personale sanitario, coraggiose riforme organizzative, una completa trasformazione digitale e misure concrete per arginare la domanda inappropriata di prestazioni sanitarie”.

In conclusione, “dedicarsi ad alleviare il sintomo dei tempi di attesa, piuttosto che risolvere la grave malattia che distrugge il SSN – è il punto finale – equivale a somministrare ad un paziente oncologico cure sintomatiche, anziché una terapia radicale”. Così il DL Liste di attesa “rischia di restare solo una promessa mancata”.