Istat Italia Longeva, nel 2050 gli over 65 saranno 20 milioni
Scritto il 11/07/2018
da Leila Ben Salah
La popolazione italiana, in continua crescita negli ultimi cento anni, oggi diminuisce, e al contempo invecchia, più velocemente che mai: nel 2050 saremo due milioni e mezzo in meno, come se la città di Roma sparisse dalla penisola. Ma il dato ancor più rilevante è che gli over 65, oggi un quarto della popolazione, diventeranno più di un terzo, vale a dire 20 milioni di persone, di cui oltre 4 milioni avranno più di 85 anni. Questi sono solo alcuni dei dati emersi dalle proiezioni sociodemografiche e sanitario-assistenziali al 2030 e al 2050 elaborate dall'Istat per Italia Longeva-Rete nazionale sull'invecchiamento e la longevità attiva, e presentate oggi al ministero della Salute nel corso della terza edizione degli Stati Generali dell'assistenza a lungo termine, la due giorni di approfondimento e confronto sulle soluzioni sociosanitarie a supporto della Long-Term Care.
Italia verso la bomba dell’invecchiamento
La "bomba dell'invecchiamento", pronta a esplodere già dal 2030 se non adeguatamente gestita, innescherà tra l'altro un circolo vizioso: l'aumento della vita media causerà l'incremento di condizioni patologiche che richiedono cure a lungo termine e un'impennata del numero di persone non autosufficienti; così crescerà inesorabilmente anche la spesa per la cura e l'assistenza a lungo termine degli anziani, ma anche quella previdenziale, mentre diminuirà la forza produttiva del Paese e non ci saranno abbastanza giovani per prendersi cura dei nostri vecchi. Infatti, oggi tre lavoratori hanno sulle spalle un anziano, domani saranno solo in due a sostenerlo. Sono allarmanti i dati dell’Istat per Italia Longeva.
I dati presentati si riferiscono a semplici proiezioni della situazione attuale - avverte il presidente dell'Istat Giorgio Alleva - e pur non trascurando un rilevante margine di incertezza, non vi è dubbio che il quadro prospettico sollevi una questione di sostenibilità strutturale per l'intero Paese.
"Respingiamo con forza ogni tentativo di lasciare le cose così come sono oggi, anche perché è come aprire la strada a ulteriori disuguaglianze che già penalizzano le fasce più fragili dei cittadini. Si vuole far rimanere immutato l'attuale paradigma a svantaggio del cittadino per logiche occupazionali che ormai non si mantengono nemmeno più velate, guardando con diffidenza ad ogni forma di task shifting in una immutabile e pericolosa cristallizzazione professionale, impedendo lo sviluppo di professioni e di interconnessioni multi professionali di pari livello che possono fare la differenza in questo preoccupante quadro epidemiologico e sociale, invocando posizioni e ruoli inalienabili come fossero un diritto intoccabile, bloccando modelli organizzativi internazionali e nazionali virtuosi con proclami che instillano dubbi su sicurezza e qualità delle cure.
È ora di dire basta a chi si oppone aduna rivoluzione culturale in ambito socio sanitario, dobbiamo tutti collaborare ad un nuovo modello di salute, dobbiamo trovare modelli di dialogo per l'interesse del cittadino, dobbiamo far esplodere e formalizzare il tema delle competenze avanzate maturate e quindi esigibili dai professionisti, ma sia chiaro: chi continua ad opporsi oggi con puro approccio autoreferenziale dovrà assumersi la responsabilità delle conseguenze di questo atteggiamento davanti a tutti i nostri cittadini."