Le caratteristiche della ventilazione meccanica

Scritto il 29/11/2016
da Chiara Vannini

La ventilazione meccanica ha il compito di assicurare un adeguato apporto di O2 e CO2, somministrando un’adeguata e controllata quantità di O2 al paziente ed eliminando la CO2 prodotta. Per comprendere al meglio il suo funzionamento occorre conoscere delle nozioni basilari.

Un esempio di ventilatore meccanico

Alla base della ventilazione meccanica

La ventilazione meccanica è una forma di terapia strumentale che, attraverso un ventilatore meccanico, supporta il paziente con insufficienza respiratoria grave, permettendogli di ventilare adeguatamente e mantenendo scambi gassosi nella norma fra polmoni e ambiente.

Quando si parla di ventilazione meccanica si devono padroneggiare i concetti di:

  • frequenza respiratoria: è il numero di atti respiratori che una persona compie ogni minuto. Il valore si modifica con l’età; in un adulto si attesta tra 12 e 20 atti/min. All’aumentare della frequenza respiratoria, si associa normalmente una ventilazione poco efficace, in quanto i polmoni non riescono a svuotarsi completamente;
  • FiO2: è la frazione inspirata di ossigeno, ovvero la quantità di O2 inspirata da un paziente; si esprime in percentuale. La FiO2 ambientale è al 21%.
  • volume corrente/tidal volume: quantità di aria che entra ed esce dai polmoni ad ogni atto respiratorio. Normalmente è stimato tra i 7-8 ml/kg di peso corporeo;
  • PIP (picco di pressione inspiratoria): è la pressione più alta generata dal ventilatore per erogare il volume corrente prestabilito. Varia in base alla resistenza delle vie aeree e alla compliance polmonare. La PIP ottimale in un adulto è inferiore a 40 cmH2O;
  • PEEP (pressione positiva di fine espirazione): è una pressione che il ventilatore applica durante le pause tra la fine dell’espirazione e l’inizio dell’inspirazione successiva, impedendo il ritorno della pressione al livello atmosferico. La PEEP è utilizzata per migliorare l’ossigenazione dei pazienti che non rispondono agli incrementi di FiO2 e per evitare l’atelettasia polmonare (ovvero il collasso degli alveoli);
  • volume/minuto: è la quantità di gas inspirata ed espirata ogni minuto. Si calcola moltiplicando la frequenza respiratoria e il volume corrente;
  • trigger inspiratorio: è una funzionalità del VM utilizzata quando il ventilatore è in modalità assistita: permette al paziente di dare inizio ad un atto inspiratorio che viene poi supportato dalla macchina, migliorando la sincronizzazione tra macchina e paziente.

Modalità di ventilazione

Il ventilatore può essere impostato:

  • in modalità volumetrica: ha l’obiettivo di far sì che il paziente mantenga un volume corrente costante stabilito dall’operatore;
  • in modalità pressometrica: il VM eroga sempre le stesse pressioni positive scelte dall’operatore, a prescindere dal volume corrente che sarà poi sviluppato dal paziente.

La tipologia di ventilazione viene scelta sulla base di quanto il paziente è autonomo dal punto di vista ventilatorio, dal grado di sedazione e sulla base di quanto il ventilatore deve sostituirsi allo sforzo muscolare del paziente.

La ventilazione inizia nel momento in cui il paziente è nella fase critica, in cui le funzioni vitali sono compromesse. Superata la fase critica del paziente, l’obiettivo è quello di “svezzare” il paziente, ovvero passare da una fase in cui il ventilatore si sostituisce totalmente al paziente, ad una fase in cui il paziente torna ad essere autonomo.

Questa fase di svezzamento, detta weaning, è tanto più lunga quanto più è lungo il tempo in cui il paziente rimane ventilato. Ad esempio, in un paziente ventilato durante un intervento chirurgico, senza patologie polmonari e senza complicazioni durante l’intervento, la fase di svezzamento sarà molto breve. Sarà sufficiente sostenere il paziente dal punto di vista ventilatorio fino al momento del completo risveglio e somministrare poi, se necessario, O2 terapia come supporto.

Al contrario, un paziente reduce da un lungo periodo di coma, anche farmacologico, necessita di un tempo più lungo prima di tornare ad essere completamente autonomo dal punto di vista respiratorio. Questo passaggio deve essere fatto in maniera graduale, valutando costantemente le condizioni del paziente, i suoi parametri vitali, la dinamica respiratoria, i valori dell’emogasanalisi.

La ventilazione è controllata, quando il ventilatore lavora in maniera indipendente dall’attività respiratoria del paziente; il paziente non fa sforzi respiratori e il ventilatore si sostituisce completamente erogando gli atti respiratori secondo una frequenza al minuto prestabilita. È una modalità di ventilazione utilizzata ad esempio in un paziente in coma profondo per lesioni cerebrali, o nel caso di paralisi dei muscoli respiratori (anche secondario all’utilizzo di curaro).

La ventilazione è assistita quando il ventilatore si adegua in maniera sincrona alla ventilazione autonoma del paziente. La scelta dipende ovviamente dalle condizioni del paziente, dal grado di sedazione e dalla fase della malattia.