. Così Richard Horton, direttore di The Lancet, nel suo ultimo editoriale in cui denuncia che la comunità sanitaria internazionale si è sostanzialmente dimenticata della povertà, nonostante continui ad esprimere buone intenzioni di voler assicurare una buona salute a tutti, comprese le persone più fragili esposte a condizioni di vita vulnerabili e precarie.
Circa 700 milioni di persone vivono ad un passo dalla soglia di povertà Il direttore di The Lancet denuncia che la comunità sanitaria internazionale si è dimenticata della povertà.
Horton spiega che, nonostante sin dal 2001 la Commissione Salute dell'Oms abbia riconosciuto i forti legami che esistono tra la salute, la riduzione della povertà e la crescita economica e sebbene sia stato accertato che investire in interventi sanitari essenziali ridurrebbe il carico di malattie ed aumenterebbe l'aspettativa di vita, i miglioramenti dello stato di salute delle popolazioni più povere sono state scarsi nell'ultimo ventennio .
La povertà estrema non è purtroppo scomparsa nonostante i buoni propositi dei primi anni Duemila, quando l'intuizione dell'Oms aveva ottenuto un largo consenso allineando fiduciosi gli economisti dello sviluppo, i sostenitori della salute e gli attivisti per l'uguaglianza di genere e la giustizia globale.
Si era evidenziato allora che tali miglioramenti avrebbero accelerato la transizione demografica verso tassi di fertilità più bassi e avrebbero stimolato una maggior spesa in capitale umano .
Avrebbero altresì aumentato i risparmi delle famiglie e promosso maggiori investimenti portando ad una maggiore stabilità macroeconomica. Investire sulla salute, anche e soprattutto dei poveri, avrebbe davvero portato benefico a tutti
Invece si è verificato un progressivo rallentamento dei progressi nella riduzione della povertà. È opinione comune che essi siano stati certamente ostacolati dalla crisi finanziaria e dalla pandemia Covid-19 , tuttavia sembra essere venuto meno anche l'impegno globale.
Oggi circa 700 milioni di persone vivono con 2,15 dollari al giorno, la soglia di povertà estrema che, secondo i dati della Banca Mondiale, risulta aumentata all'8,9% nel 2019. Dalle stime del 2022 emerge che si è registrato un significativo peggioramento con l'incremento di altri 23 milioni di poveri estremi, il 60% dei quali sono africani sub-sahariani che vivono nelle regioni di guerra e nelle aree rurali.
Ci sono poi 1,8 miliardi di poveri dei paesi a reddito medio basso che vivono con 3,65 dollari al giorno ed altri 3,6 miliardi che, con una soglia di povertà più alta fissata a 6,85 dollari al giorno, vivono nei paesi a reddito medio-alto.
Sebbene gli obiettivi di sviluppo sostenibili promossi dall'Oms abbiano mantenuto come priorità assoluta la fine della povertà in tutte le sue forme ovunque, Norton ritiene che la fattibilità del loro raggiungimento sia stata valutata erroneamente sin dall'inizio.
È cambiato inoltre il linguaggio della comunità sanitaria globale. Mentre nel duemila l'obiettivo principale era ridurre la povertà attraverso una massiccia espansione degli investimenti sanitari nazionali, oggi si riconosce a malapena l'esistenza della povertà nel senso che i poveri, al di là delle campagne “One health for all ”, sono stati una realtà dimenticati. Essi suscitano un disagio imbarazzante , denuncia Norton.
Rispetto a vent'anni fa i determinanti della salute sono inoltre cambiati. Oggi le malattie non trasmissibili svolgono un ruolo più importante nel determinare la povertà. Il paradigma che resta ancora valido ed attuale, rispetto alle intenzioni dell'Oms di allora, è che la lotta contro le malattie sarà la prova più vera della nostra capacità comune di creare una vera comunità globale .
Se non riportiamo però l'attenzione sui poveri del mondo, che sono davvero tanti, l'idea di una comunità globale che tutela universalmente la saluti di tutti non sarà altro che una menzogna per confortare il nostro spaventoso tradimento , conclude Horton.
È buona notizia, nel frattempo, che in Italia arriverà il medico di base per le persone senza fissa dimora . Lo prevede la proposta di legge “Disposizioni in materia di assistenza sanitaria per le persone senza fissa dimora” il cui testo è stato licenziato all'unanimità in commissione Affari sociali della Camera lo scorso 29 maggio.
Basterà richiedere l'iscrizione alle Asl della Regione in cui i senza fissa dimora si trovano. Al disegno di legge si accompagna un finanziamento di 2 milioni in due anni che coprirà il biennio 2025-2026 così da consentire una prima fase di sperimentazione per valutare la sostenibilità economica.
Restano tuttavia alcune perplessità sulla difficoltà di censire la platea dei beneficiari che secondo l'ultima rilevazione Istat sarebbero circa 100mila persone. Si stima già che la spesa complessiva sia pertanto superiore, circa 4 milioni di euro.
La prima fase sperimentale coinvolgerà pertanto soltanto 14 città italiane, quelle metropolitane dove si concentra oltre il 60% di chi non ha una residenza (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino, Venezia). Oltre il 50% di questa numerosa platea vive per strada in sei di questi comuni, soprattutto a Roma (23%), Milano (9%) e Napoli (7%).
Certo, non copriremo tutti ma raggiungeremo la gran parte delle persone che attualmente sono senza assistenza sanitaria territoriale , ha sottolineato il deputato Furfaro (Pd), relatore della proposta ricordando che cinque regioni hanno già approvato leggi regionali che garantiscono questo diritto alle persone senza residenza (Emilia-Romagna, Puglia, Marche, Piemonte, Abruzzo).
Questa proposta di legge consentirà anche di risparmiare sulla spesa sanitaria grazie alla prevenzione. Attraverso il medico di base si riesce infatti a coprire l'80% delle esigenze sanitarie di queste persone e i costi complessivi sarebbero pertanto ridotti , rimarca. È un provvedimento di civiltà , ha dichiarato Filippo Anelli, presidente dell'Ordine dei Medici, che plaude all'iniziativa.