Come è nata la legge 833/1978, che ha portato all'istituzione del SSN
La legge 132 del 1968, definita legge Mariotti rappresentò il primo “disastroso” tentativo di creare una rete assistenziale ospedaliera pubblica. Disastroso perché, nonostante i buoni propositi di garantire assistenza a tutti i cittadini italiani attraverso la creazione delle prime forme di ente ospedaliero, generò nell’arco di un decennio, grazie alla istituzione delle casse mutua, una doppia disuguaglianza fra i cittadini:
- innanzitutto, venivano tutelati esclusivamente i lavoratori (ed i loro familiari), visto che contribuivano con una parte del loro salario a realizzare un fondo, destinato alla copertura delle spese mediche ed assistenziali
- i ricoveri aumentarono di numero, si allungarono i tempi di degenza e, di fatto, incrementarono anche i ricoveri impropri, generando nel complesso debiti inestinguibili, che obbligarono lo Stato a promulgare una legge (386/1974) con la quale il Governo estinse tutti i debiti degli enti mutualistici nei confronti delle strutture ospedaliere
Fu a questo punto necessario rivedere l’intera organizzazione sanitaria nazionale, superando quindi il sistema assicurativo su base mutualistica, sciogliendo tutti gli enti con finalità assistenziale e facendoli confluire verso un sistema unico più tutelante nei confronti di tutti.
Il 23 dicembre 1978 nacque così la legge 833, riferimento legislativo con il quale venne istituito il Servizio Sanitario Nazionale, modello assistenziale tuttora imitato e copiato in molti Stati del mondo, proprio perché permise - da un punto di vista economico - una razionalizzazione della spesa sanitaria (attraverso la programmazione come strumento di controllo dell’impiego delle risorse e l’istituzione di un fondo sanitario nazionale unitario), il recupero dell’efficienza nei servizi (aumentando la produttività), il tutto realizzando anche controlli economico-finanziari.
Già dai primi 2 articoli si nota l’inversione di tendenza rispetto al passato, visto che si parla dapprima della tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività (universalità), attraverso la promozione, il mantenimento ed il recupero della salute fisica e psichica (globalità) di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino eguaglianza dei cittadini ed in seguito degli obiettivi attraverso i quali raggiungere i sopra elencati principi:
- L’educazione sanitaria
- La prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita e di lavoro
- La riabilitazione degli stati di invalidità e inabilità somatica e psichica
- L’igiene degli ambienti di vita e di lavoro
- L’igiene degli alimenti
- La formazione professionale
- La sicurezza del lavoro, con la partecipazione dei lavoratori alle attività preventive
- Le scelte responsabili e consapevoli di procreazione, compresa la tutela della maternità e dell’infanzia
- La promozione della salute in età evolutiva
- La tutela della salute degli anziani
- La tutela della salute mentale
Si tratta senz’altro di progetti molto ambiziosi e complessi da realizzare, dispendiosi soprattutto da un punto di vista economico, tanto da dover richiedere una programmazione ben definita e “controllata”: l’articolo 3 determina, attraverso lo Stato (con il concorso delle Regioni), gli obiettivi della programmazione economica nazionale, fissando i livelli delle prestazioni sanitarie che devono essere garantite a tutti i cittadini.
A garanzia di questa organizzazione centralizzata l’articolo 5 attribuisce le funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle regioni in materia sanitaria ed economica allo Stato, mentre il successivo articolo 6 ne elenca le funzioni, tra le quali troviamo:
- Assistenza sanitaria ai cittadini italiani all’estero e assistenza in Italia agli stranieri ed agli apolidi, nei limiti ed alle condizioni previste da impegni internazionali, avvalendosi dei presidi sanitari esistenti
- Profilassi delle malattie infettive e diffusive, per le quali siano imposte le vaccinazioni obbligatorie
- Prevenzione degli infortuni sul lavoro e malattie professionali
- Istituto Superiore di Sanità
- La fissazione dei requisiti per la determinazione dei profili professionali degli operatori sanitari
- Il riconoscimento e l’equiparazione dei servizi sanitari prestati in Italia e all’estero dagli operatori sanitari ai fini dell’ammissione ai concorsi e come titoli nei concorsi stessi
- Gli ordini e i collegi professionali
- L’organizzazione sanitaria militare
Piano sanitario nazionale
Sono molti i fronti sui quali il sistema salute deve programmare e pianificare le sue attività preventive e di cura, al fine di rispondere alle esigenze di una popolazione sempre più in crescita e bisognosa di assistenza. Al riguardo l’articolo 53 della legge 833, istituisce un Piano Sanitario Nazionale (della durata di 3 anni), con indicate le linee generali di indirizzo e le modalità di svolgimento delle attività istituzionali del SSN.
Tale piano viene predisposto dal Governo su proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale; infine, per la sua messa in opera, è necessaria la approvazione del Parlamento. In seguito, le Regioni predispongono e approvano i propri piani sanitari regionali, tenendo chiaramente conto del sopra indicato riferimento nazionale.
Deleghe alle Regioni
Certamente non tutte le attività sono a carico e responsabilità dello Stato, visto che alcune di esse, attraverso l’articolo 7, vengono delegate alle Regioni, come ad esempio:
- La realizzazione delle attività di profilassi elencate poc’anzi
- Il controllo dell’idoneità dei locali ed attrezzature per il commercio e il deposito delle sostanze radioattive, compresa la verifica sulla radioattività ambientale
- I controlli sulla produzione e sul commercio di prodotti dietetici, degli alimenti per la prima infanzia e la cosmesi
Ed anche da un punto di vista politico si assiste ad un decentramento dei poteri decisionali, tanto che il Sindaco, autorità sanitaria periferica, diviene componente dell’assemblea generale delle neonate Unità sanitarie locali (può, tra l’altro, disporre di applicare un trattamento sanitario obbligatorio – su proposta del medico) ed i comuni stessi acquisiscono tutte le funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera che non siano riservate allo Stato ed alle Regioni.
Altre innovazioni introdotte dalla legge 833/78
Superati gli aspetti economico/amministrativi, entriamo nel dettaglio delle innovazioni introdotte dalla riforma del 1978:
- Nasce il Consiglio Sanitario Nazionale, con funzioni di consulenza per la determinazione delle linee generali di politica sanitaria nazionale e per l’elaborazione e l’attuazione del piano sanitario nazionale
- L’Istituto Superiore di Sanità diventa organo tecnico-scientifico del SSN, fornendo attività di consulenza nelle materie di competenza dello Stato
- Nascita delle Unità Sanitarie Locali. Si tratta del complesso dei presidi, uffici e servizi dei Comuni, singoli o associati, i quali in ambito territoriale determinato (dai 50.000 ai 200.000 abitanti), assolvono ai compiti del servizio sanitario nazionale:
- Educazione sanitaria
- Igiene dell’ambiente
- Prevenzione individuale e collettiva delle malattie fisiche e psichiche
- Protezione sanitaria materno-infantile, assistenza pediatrica e tutela del diritto alla procreazione cosciente e responsabile
- Igiene e medicina scolastica negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado
- Igiene e medicina del lavoro, prevenzione degli infortuni sul lavoro e malattie professionali
- Medicina dello sport
- Assistenza medico-generica e infermieristica, domiciliare e ambulatoriale
- Assistenza medico-infermieristica per le malattie fisiche e psichiche
- Riabilitazione
- Assistenza farmaceutica e vigilanza sulle farmacie
- Igiene della produzione, lavorazione e distribuzione e commercio degli alimenti e bevande. Concorrono al raggiungimento di tali obiettivi anche i distretti sanitari di base, ovvero strutture tecnico-funzionali grazie alle quali erogare servizi di primo livello e di pronto intervento
Si disegna di fatto un organigramma sviluppato su tre livelli:
- Nazionale, composto da organi di indirizzo (Parlamento, Consiglio dei ministri, Ministero della sanità, che poi nel 2001 divenne della Salute, Comitato interministeriale per la programmazione economica), organi ausiliari tecnico-scientifici in grado di fornire consulenze e proposte (Consiglio Sanitario Nazionale, Istituto Superiore di Sanità, Istituto Superiore per la Prevenzione e sicurezza sul lavoro)
- Regionale: per l’esercizio delle funzioni legislative in materia di assistenza sanitaria e per l’espletamento delle funzioni proprie o delegate dallo Stato
- Locale, cui fanno parte i Comuni, le Associazioni dei Comuni e le Comunità Montane e i Distretti Sanitari di base
Senza dubbio un trasferimento così netto dei poteri gestionali dallo Stato ai comuni ha obbligato le stesse USL a dotarsi di una struttura e di un funzionamento adeguati rispetto alle attività che esse stesse avrebbero svolto. Vennero quindi individuati i seguenti organi:
- Assemblea generale, costituita dal Consiglio comunale, se l’ambito territoriale delle USL coincideva con quello del Comune stesso, e dall’Assemblea generale dell’Associazione dei Comuni, se l’ambito territoriale coincideva con più Comuni;
- Il Comitato di Gestione e il suo Presidente che, eletto dall’Assemblea generale, aveva il compito di compiere tutti gli atti amministrativi dell’USL, con la possibilità di eleggere al suo interno un presidente, depositario del potere di rappresentanza delle unità sanitarie locali
- Il Collegio dei revisori, composto da tre membri, uno dei quali designato dal Ministro del Tesoro e uno dalla Regione