Tumore della prostata

Scritto il 07/02/2024
da Monica Vaccaretti

Il tumore della prostata, il più diffuso nella popolazione maschile, è un adenocarcinoma, ossia origina nelle cellule epiteliali della ghiandola che diventano cancerose, crescendo in maniera incontrollata. Anche se rari, nella prostata si possono rilevare anche sarcomi, carcinomi a piccole cellule e carcinomi a cellule di transizione. Classificato in base al grado di Gleason, che indica la sua aggressività, e allo stadio TNM, che ne indica la diffusione, nonché ai valori dell'antigene prostatico specifico (PSA), questa neoplasia presenta tre diverse classi di rischio (basso, intermedio, alto) definibile in base alla correlazione clinica di questi parametri clinici, determinando il trattamento più indicato.

Cause, segni e sintomi del tumore della prostata

tumore prostata

Dopo i 40 anni gli uomini dovrebbero sottoporsi regolarmente all'esame digitale rettale.

Età, dieta ricca di grassi, obesità, sedentarietà sono i principali fattori che possono favorire lo sviluppo e la crescita del tumore. La suscettibilità genetica e la sua incidenza relativamente elevata tra familiari non sono trascurabili.

Anche mutazioni di alcuni geni, già coinvolti nell'insorgenza di tumori di seno ed ovaio nelle donne, possono aumentare il rischio.

Negli stadi iniziali il tumore della prostata è solitamente asintomatico. I sintomi, relativi all'ostruzione delle vie urinarie, si manifestano più tardivamente e possono essere le prime manifestazioni evidenti della neoplasia, anche se sono comuni anche all'ipertrofia benigna della prostata.

Una massa tumorale abbastanza voluminosa da comprimere il collo della vescica provocherà difficoltà e dolore nella minzione, soprattutto ad iniziare, pollachiuria, ritenzione urinaria e diminuzione del volume e della forza del flusso urinario, con sensazione di non riuscire a urinare in modo completo, sangue nelle urine o nello sperma.

Il cancro prostatico normalmente metastatizza nelle ossa e nei linfonodi, nel cervello e nei polmoni. I sintomi dovuti alle metastasi comprendono dolore localizzato all'anca, al perineo e al retto. Insorge astenia, calo ponderale, anemia, nausea ed oliguria. L'invasione della vescica e/o dell'uretra può provocare ematuria. Possono manifestarsi disfunzioni sessuali.

Diagnosi di tumore della prostata

La diagnosi è confermata dall'esame istologico di un campione di tessuto prelevato chirurgicamente mediante resezione transuretrale, prostatectomia o agoscopia transrettale sotto guida ecografica.

L'agoaspirazione è un metodo rapido e indolore per ottenere cellule prostatiche per l'analisi citologica, utile per la stadiazione della neoplasia. Nel 10-20% dei casi la neoplasia viene rilevata accidentalmente durante la resezione transuretrale per il trattamento di una condizione benigna o del prostatismo (quadro clinico dei disturbi urinari provocati dall'ipertrofia della prostata).

L'antigene prostatico specifico (PSA), prodotto dell'epitelio secreto nei dotti, è presente sia in condizioni normali di salute sia in caso di neoplasia. Poiché la sua concentrazione ematica è proporzionale alla massa prostatica totale, valori elevati possono essere indice di iperplasia prostatica e non necessariamente di malignità. Il dosaggio dell'antigene, con la misurazione dei suoi livelli ematici, serve per valutare la risposta terapeutica e per individuare una progressione locale del cancro prostatico o una sua recidiva.

L'ecografia transrettale, indicata per soggetti con PSA elevato e anomalie riscontrate all'esame digitale rettale, facilita l'identificazione di tumori prostatici non palpabili e la stadiazione di un tumore localizzato.

Altri esami diagnostici sono:

  • la scintigrafia ossea, che permette di identificare metastasi alle ossa
  • la radiografia dello scheletro per visualizzare eventuali metastasi osteoblastiche
  • l'urografia escretoria per individuare alterazioni dovute ad un'ostruzione uretrale
  • prove di funzionalità renale
  • la TAC e la linfoangiografia per identificare metastasi nei linfonodi pelvici

Trattamento del tumore della prostata

Ogni trattamento del tumore alla prostata aumenta l'incidenza di problemi di carattere sessuale. Quando la prostatectomia radicale preserva l'innervazione, la probabilità di recupero della funzione erettile è maggiore nei soggetti più giovani e in quelli in cui rimangono integri entrambi i fasci neurovascolari.

La terapia ormonale altera il desiderio sessuale e l'eccitabilità. La disfunzione erettile è frequente anche dopo una radioterapia definitiva con conseguente impotenza secondaria.

La scelta del trattamento dipende dallo stadio clinico della patologia, dall'età del paziente e dai sintomi. La prostatectomia radicale (rimozione della prostata, delle vescicole seminali e dei linfonodi loco-regionali) rimane la procedura standard, anche per ripristinare la funzionalità renale, per i pazienti con un tumore allo stadio iniziale potenzialmente curabile e con un'aspettativa di vita almeno di 10 anni.

Dovrebbe essere effettuata prima che si verifichi una ritenzione urinaria acuta che danneggerebbe le vie urinarie e prima che il cancro progredisca. Le procedure chirurgiche della prostatectomia sono aperte, ossia richiedono un'incisione che può esser addominale (prostatectomia sovrapubica), perineale (prostatectomia perineale) oppure nel basso addome (prostatectomia retropubica).

La procedura sovrapubica consente di asportare prostate di qualsiasi dimensioni ma presenta le complicanze tipiche degli interventi di alta chirurgia addominale. La procedura perineale viene adottata quando non sono possibili altri approcci ed è utile per eseguire biopsie a cielo aperto.

A causa della sua vicinanza con il retto, la ferita chirurgica rischia di infettarsi. Incontinenza, impotenza e lesioni rettali sono le complicanze più frequenti. La procedura retropubica è indicata nei casi in cui la prostata molto ingrossata sia situata in alto nelle pelvi. Permette una migliore visualizzazione e un maggiore controllo della perdita di sangue ma è elevato il rischio di sviluppare un'infezione nella regione retropubica.

Le complicanze generali sono emorragia e shock per sanguinamenti nella fossa prostatica, infezione dovuta a invasione batterica dell'incisione, trombosi venosa profonda ed embolia polmonare per formazione di coaguli, ostruzione del catetere, impotenza per lesione dei nervi pudendi.

Se il paziente non vuole rinunciare all'attività sessuale può ricorrere ad impianti di protesi peniene, dispositivi a depressione e interventi farmacologici. Una terapia con bassi dosaggi di eparina può essere utilizzata a fini profilattici così come l'uso di calze elastiche nel postoperatorio. L'impotenza è inevitabile e si osserva spesso anche un'incontinenza urinaria.

Se diagnosticato precocemente il tumore può essere trattato con radioterapia mediante accelerazione lineare oppure irradiazione interstiziale con un impianto di sorgenti radioattive di iodio e palladio (brachiterapia).

Implica 6-7 settimane di trattamento (5 giorni a settimana). Vengono impiantate 80-100 minuscole sorgenti, con paziente anestetizzato, sotto guida ecografica. L'esposizione di altre persone alle radiazioni è minima, tuttavia il paziente deve evitare una stretta vicinanza con bambini e donne gravide.

Le linee guida sulla radioprotezione prevedono la filtrazione dell'urina per il recupero delle sorgenti radioattive e l'uso del preservativo durante i rapporti sessuali nelle due settimane successive all'impianto.

Gli effetti collaterali, solitamente transitori, includono l'infiammazione del retto (proctite), dell'intestino (enterite) e della vescica (cistite) dovuta alla vicinanza di questi organi alla prostata e dipendente dalla dose di radiazioni somministrata.

L'irritazione della vescica e dell'uretra può causare dolore durante l'eiaculazione. Nonostante i disturbi durante il trattamento, la radioterapia preserva la potenza sessuale più di un intervento chirurgico.

Nei casi di cancro localmente avanzato, spesso si somministrano trattamenti ormonali prima e durante la radioterapia per migliorare il controllo locale e la sopravvivenza in assenza di malattia. La terapia ormonale, così come l'orchiectomia (rimozione chirurgica dei testicoli) consente di controllare la progressione della malattia.

La terapia di deprivazione androgenica ha lo scopo di ridurre il livello di testosterone, l'ormone maschile che stimola la crescita delle cellule del tumore della prostata, ma comporta alcuni effetti collaterali: calo o annullamento del desiderio sessuale, impotenza, vampate, aumento di peso, osteoporosi, perdita di massa muscolare e stanchezza.

La criochirurgia della prostata consente di asportare la ghiandola quando le condizioni del paziente non consentono un intervento chirurgico o nei casi di recidiva.

Il tessuto prostatico viene congelato per contatto diretto con sonde transperineali inserite nella ghiandola sotto guida ecografica. In questi pazienti può essere indicata la chemioterapia con somministrazione di doxorubicina, cisplatino e ciclofosfamide. Mentre per l'immunoterapia non sono ancora disponibili studi clinici che evidenziano una chiara efficacia, le terapie a bersaglio molecolare riscontrano buoni risultati nei pazienti che presentano mutazioni genetiche nei geni BRCA.

Misure palliative in stadi avanzati

Poiché al momento del primo trattamento circa il 50% dei pazienti ha un cancro localmente avanzato o evidenze di metastasi, sono indicate misure palliative poiché raramente è curabile. Se metastatizza nelle ossa, le lesioni ossee possono essere molto dolorose.

Il dolore – localizzato solitamente alle vertebre, alla pelvi e alle costole - viene controllato con analgesici oppioidi e non oppioidi e può essere alleviato anche dalla somministrazione di radioterapia con irradiazione esterna.

In caso di carcinoma resistente a castrazione e con metastasi ossee multiple, si può somministrare una terapia radiometabolica ossia l'iniezione endovenosa di radiofarmaci (stronzio e samario) che riescono a distruggere le cellule tumorali.

Per ridurre i livelli di androgeni in circolo possono essere usati trattamenti antiandrogeni che se non efficaci possono essere sostituiti con prednisone o mitoxantrone, utili per ridurre il dolore e migliorare la qualità di vita. Nei casi di cancro avanzato con invasione del midollo osseo, si somministrano trasfusioni per mantenere l'emoglobinemia a valori accettabili.