Metodiche ancillari della cardiotocografia

Scritto il 28/12/2020
da Sara Visconti

In presenza di tracciato sospetto o patologico (classificazione RCOG) o categoria II/III (Classificazione NICHD/ACOG), se il pattern cardiotocografico non si modifica con le manovre conservative (rianimazione intrauterina) e se la situazione clinica lo permette, sarebbe indicato eseguire dei test ancillari, metodiche che affiancano la CTG in continuum tradizionale e sono utili a migliorare il monitoraggio del feto a rischio ipossico. Le tecniche integrative supportate da evidenze scientifiche che se usate in situazione cliniche particolari possono aumentare la specificità nel riconoscere l’asfissia intrapartum, attualmente sono: test di clark o test da stimolo digitale; prelievo dallo scalpo fetale; ecg fetale (STaN= tratto ST analysis).

Test di Clark

Tra i test ancillari il più diffuso e ampiamente utilizzato in tutti i paesi è il test di Clark. La stimolazione dello scalpo fetale è stata proposta come test biofisico associato alla cardiotocografia per la diagnosi di acidosi fetale e consiste in una stimolazione digitale dello scalpo fetale tramite visita ostetrica:

  • Se il feto ha ancora una discreta riserva reagisce con un’accelerazione della frequenza cardiaca e tale risposta è un buon indicatore di benessere del feto ed esclude la presenza di acidosi fetale. In questi casi non è utile eseguire un prelievo dallo scalpo fetale
  • Se il feto non accelera o addirittura decelera durante lo stimolo tattile è bene verificare la situazione emogasanalitica con un micro prelievo dallo scalpo, qualora possibile, poiché il test non rappresenta un segno certo di acidosi fetale; in alternativa è bene considerare un rapido espletamento del parto in presenza di un CTG patologico con anomalie multiple e severe.

Prelievo dallo scalpo fetale

La determinazione del pH fetale attraverso il prelievo dallo scalpo del feto è una metodica che viene in aiuto alla cardiotocografia, allo scopo di aumentare la sua specificità; infatti, in presenza di anomalie cardiotocografiche continue non è semplice valutare la situazione metabolica del feto e la sua capacità di compenso all’ipossia prolungata. Dagli studi effettuati emerge come abbia un impatto significativo su riduzione della percentuale di tagli cesarei, morbilità neonatale e mortalità perinatale.

Le condizioni necessarie per eseguire il prelievo sono le membrane rotte e una dilatazione cervicale di almeno 2 cm. La tecnica prevede l’utilizzo di un amnioscopio per visualizzare la parte presentata fetale e una piccola incisione sulla cute per prelevare un piccolo campione di sangue tramite un sottile tubo capillare.

Interpretazione dei risultati dell’indagine emogasanalitica

  • pH fetale > 7.25: osservazione per un’altra ora prima di eseguire un altro controllo
  • pH fetale da 7.20 a 7.25 o lattati < 4.8 mmol/L: osservazione attenta e altro prelievo dopo 30 min, se il tracciato rimane non rassicurante
  • pH fetale < 7.20 o lattati > 4.8 mmol: è raccomandato l’espletamento rapido del parto, di solito con taglio cesareo, a meno che le condizioni cliniche evidenzino la possibilità di un parto vaginale in tempi molto brevi.

Limiti metodica

  • Relativa difficoltà di esecuzione
  • Contaminazione del prelievo con liquido amniotico o sangue materno
  • Riduzione anidride carbonica da contatto tra goccia di sangue fetale e aria (impatto sul calcolo dell’acidosi metabolica fetale)
  • Campione di sangue proveniente da tessuti periferici (tessuti a bassa priorità: soggetti a rapida desaturazione in seguito a vasocostrizione)
  • Bassa compliance materna
  • Certa percentuale di falsi positivi
  • Informazioni intermittenti

La determinazione del pH fetale può aiutare a confermare o confutare il sospetto di sofferenza fetale posto solo sulla base di una cardiotocografia difficilmente interpretabile.

Il prelievo dallo scalpo fetale è maggiormente adottato in Nord Europa e Nord America; in Italia, i limiti della metodica ne determinano una scarsa diffusione.

ECG fetale (STaN= tratto ST analysis)

Il sistema STAN rientra tra i sistemi cardiotocografici computerizzati. Il suo utilizzo è limitato solo al travaglio di parto e associa al monitoraggio standard della frequenza cardiaca fetale tramite ultrasuoni (CTG), la rilevazione e l’analisi dell’elettrocardiogramma fetale (ECG) ottenuto attraverso un apposito elettrodo che viene posizionato in corrispondenza dello scalpo fetale.

Il sistema STAN identifica e analizza in maniera automatica le variazioni dell’onda T e del segnale ST provenienti dall’ECG fetale che riflette le correnti elettriche generate dal miocardio (onda P, complesso QRS, onda T). In particolare, l’analisi del tratto ST può mettere in evidenza:

  • ST normale
  • Aumento episodico del rapporto T/QRS
  • Aumento della linea di base del T/QRS
  • ST bifasico

Ogni quadro evidenziato ha un’interpretazione clinica e sono presenti in letteratura delle precise linee guida. Questo metodo è basato sull’abilità unica dell’intervallo ST di riflettere la funzione del muscolo cardiaco fetale durante test da sforzo.

Il cuore e il cervello del feto sono organi sensibili alla carenza di ossigeno e, di conseguenza, le informazioni relative alla funzionalità miocardica forniscono una misura indiretta delle condizioni del cervello fetale e della capacità di compenso metabolico fetale durante il travaglio.

Tutti gli studi condotti sull’analisi delle modificazioni dell’onda ST confermano il suo valore diagnostico. L’intervento basato sulle informazioni fornite dall’analisi dell’onda ST è pertanto appropriato e produce una riduzione significativa nel numero di neonati con acidosi metabolica alla nascita. Si evitano allo stesso tempo interventi non necessari.

Dunque, tale metodica si configura come un buon supporto per la cardiotocografia nei feti a rischio di asfissia, nei feti con tracciato non rassicurante, mentre non è raccomandata nella sorveglianza del benessere fetale nel travaglio delle gravidanze a basso rischio.

Condizioni permittenti

  • Feto a termine
  • Utilizzo elettrodo interno sullo scalpo fetale
  • Membrane rotte
  • Dilatazione cervicale almeno 3 cm
  • Formazione permanente e training prolungato per tutto lo staff della sala parto