Coordinamento ostetrico e la carenza di concorsi specifici

Scritto il 14/05/2020
da Michele Antonacci

La figura del coordinatore, cuore pulsante nell’organizzazione e nella gestione delle unità operative, è dotato di conoscenze e competenze specifiche. Le norme vigenti inquadrano in maniera indiscutibile - in relazione agli interventi assistenziali orientati alla promozione della salute in campo sessuale, riproduttivo e evolutivo - l’Ostetrica come unica figura coordinatrice di un team di ostetriche, in quanto già portatrice di conoscenze teorico-pratiche specifiche. Ma nella realtà, soprattutto al Sud, le cose ancora non stanno proprio così.

Quel miraggio di un'ostetrica coordinatrice di un team di ostetriche

Basterebbe lanciare una palla in mezzo ad una piazza gremita di bambini per vederli in un attimo rincorrerla nella confusione più totale. Si scalcia di qua, si corre di là, si cade dall’altra parte e il divertimento è assicurato. Certo però se si giocasse una partita, la possibilità di fare gol o di vincerla sarebbe molto bassa, indipendentemente dalle qualità tecniche dei singoli. Perché? Perché mancherebbe organizzazione, associazione di ruoli, tattica e, soprattutto, motivazione. Insomma, mancherebbe un Coach.

Oggigiorno sempre più ostetriche ed ostetrici, con non pochi sacrifici economici e di impegno, conseguono il master in “Management di coordinamento delle professioni sanitarie”. Ma a Sud della nostra Penisola l’assenza di concorsi specifici costringe sempre più tale possibilità ad essere riposta in un cassetto, nonostante l’importanza cruciale che tale figura occupi.

La figura del coordinatore, cuore pulsante nell’organizzazione e nella gestione delle unità operative, è dotato di conoscenze e competenze specifiche. Essa non solo funge da collante tra la direzione sanitaria e il personale, ma ricopre un ruolo cruciale nei processi di riconversione del lavoro, spinti da nuovi assetti economico-finanziari, di introduzione di nuove tecnologie e di adattamento alle sempre più numerose esigenze dell’utenza.

Ogni cambiamento o riconversione lavorativa, dal più piccolo al più radicale, inevitabilmente crea uno stravolgimento interiore nel personale che se ne fa carico, generando spesso sentimenti di opposizione al cambiamento stesso, che possono essere percepiti come un attacco al proprio status di lavoratore e alle proprie abitudini consolidate nel tempo.

Anche in questo ambito, il coordinatore sanitario gioca, dunque, un ruolo cruciale come motivatore del processo stesso, gestendo le emozioni contrarie e i conflitti che possono nascere nell’équipe, creando una squadra forte e mettendo ben in luce tutte quelle che sono le opportunità di crescita che il nuovo assetto lavorativo può offrire, gratificando il personale ad ogni step raggiunto.

Sempre più spesso, tuttavia, i molti sacrifici per ricoprire tale figura servono a poco. Sì, perché soprattutto nelle realtà del sud Italia mancano concorsi per ricoprire questo ruolo nell’ambito ostetrico. E allora?

Allora molte aziende ospedaliere tendono a sostituire la figura del coordinamento ostetrico delegando i suoi compiti, ad esempio, ad un coordinatore infermieristico magari già presente in organico, costretto poi a sopperire a tale assenza raddoppiando i propri compiti.

L’utilizzo di un infermiere lascia un buco di competenze specifiche che lo rende talora inappropriato, ma che solo un’ostetrica possiede poiché lo matura in maniera naturale nel suo percorso formativo, oltre al senso di appartenenza alla propria categoria.

Molto più critiche sono invece quelle situazioni ove si demanda il ruolo di coordinamento ad un’ostetrica turnista che non ha nessuna indennità per le mansioni che va a ricoprire non essendo riconosciuta istituzionalmente e non potendo quindi esercitare un ruolo direttivo. Ciò crea, spesso involontariamente, i presupposti per atteggiamenti di autogestione o anarchici, senza considerare poi l’incompatibilità che la stessa ha tra l’essere turnista e la mansione della compilazione dei turni mensili delle proprie colleghe. Lasciamo spazio all’immaginazione.

Tangibile, inoltre, è anche da parte dell’équipe stessa l’esigenza di essere coordinata e organizzata da un buon superiore che rispetti i canoni di equità morale e faccia da punto di riferimento. Già nel 2000 in relazione al D.M. del 24/04Adozione del progetto obiettivo materno-infantile nel piano sanitario del triennio 98/2000”, l’attività di coordinamento ostetrico veniva attribuita alla professionista Ostetrica con il compito di coordinare, oltre gli appartenenti della propria categoria, infermieri e personale di supporto nelle strutture preposte, contrapponendosi a strategie di affidamento a figure non appartenenti allo stesso profilo, come il coordinatore infermieristico.

Inoltre, l’art.6 della L. 43/2006 ricorda che tale figura può essere abilitata tramite un master specifico di primo livello ed un’esperienza triennale nello stesso profilo. Quindi, si può tranquillamente dire che le norme vigenti inquadarano in maniera indiscutibile - in relazione agli interventi assistenziali orientati alla promozione della salute in campo sessuale, riproduttivo e evolutivo - l’Ostetrica come unica figura coordinatrice di un team di ostetriche, in quanto già portatrice di conoscenze teorico-pratiche specifiche. Nessuno potrebbe, dunque, mai pensare di qualificarsi ad un campionato mondiale di calcio senza un buon coach o allenati da uno di pallavolo.