L’evoluzione dell’Infermieristica e l’avvento della professione
Negli ultimi anni, il Sistema Sanitario Nazionale (SSN), a seguito di una serie di fattori economici, politici e sociali, ha subito in ogni suo ambito profonde modificazioni in struttura, organizzazione e funzionamento. Fino a poco tempo fa si pensava che il SSN potesse reggersi sull’opera di un numero piuttosto ristretto di operatori e soprattutto ben “incasellati” nel loro ruolo e nelle loro funzioni.
Nell’immaginario collettivo era ben chiaro infatti il quadro compositivo degli “addetti alla salute” composto dal medico di famiglia che visitava gli ammalati al domicilio, i medici specialistici inseriti nei diversi reparti ospedalieri e poi le cosiddette professioni “non mediche” costituite da figure come quelle dell’infermiere e dell’ostetrica che, in un rapporto di subordinazione alla figura del medico stesso, erano confinate ad esplicare il loro mandato nell’ambiente ospedaliero, nelle case di cura e nelle cliniche private.
Fortunatamente tale immagine del SSN e dei professionisti della salute si è andata man mano modificando attraverso un processo di cambiamento non scevro di difficoltà. Tra i cambiamenti più importanti, un posto di rilievo viene occupato dall’evoluzione delle professioni sanitarie.
Negli ultimi anni, infatti, le professioni sanitarie sono andate incontro a ciò che i sociologi definiscono “processo di professionalizzazione” che ha prodotto non solo nuove figure occupazionali, le quali si sono svincolate dalla salda immagine dell’infermiere “ospedaliero”, ma anche una nuova concezione del professionista che, in quanto figura riconosciuta dalla società e dai suoi rappresentanti sindacali e politici, ha innescato un processo di modificazione delle normative riguardanti la formazione, l’esercizio e l’organizzazione di tali professioni.
Il processo di professionalizzazione ha generato due importanti risultati per le professioni sanitarie, quali:
- la definizione dei profili professionali;
- la valorizzazione della formazione di base e post-base.
Ne consegue che la Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche come attualmente è concepita, è figlia di questi importanti cambiamenti nati dall’esigenza sociale di avere come addetto alla salute non più un operatore “servente”, spinto quasi da una chiamata vocazionale a ricoprire il suo ruolo nella società, ma di un professionista vero e proprio con la giusta e appropriata formazione.
Negli anni Novanta la formazione ha compiuto passi da giganti passando dai corsi a competenza statale e regionale ai diplomi universitari ed infine, a seguito della riforma universitaria “3+2” del 1999, sono state istituite le lauree e le lauree specialistiche ora denominate magistrali in applicazione del D.M. 270 del 22 ottobre 2004.
L’espansione delle professioni sanitarie
Se la Laurea triennale nasce dall’esigenza di formare un infermiere non più servente e subordinato, ma autonomo e “svincolato” dalla figura del medico secondo le disposizioni imposte dalla Legge 42/99, che prevede la scomparsa del carattere di ausiliarietà in virtù di un’autonomia professionale regolamentata dal proprio Codice Deontologico (link articolo codice deontologico), la laurea magistrale si impegna a formare professionisti i quali possono assumere l’incarico di dirigente stesso del servizio erogato.
La Laurea Magistrale ha infatti l'obiettivo di fornire allo studente una formazione di livello avanzato per l'esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici; deve fornire le basi per sviluppare, in più contesti clinico-assistenziali, la capacità di analizzare i bisogni, pianificare, progettare e gestire interventi, valutare e fare ricerca.
La formazione magistrale si assume la responsabilità di formare il futuro dirigente infermieristico, il quale sarà pronto a dirigere e coordinare i servizi infermieristici e ostetrici di strutture sanitarie semplici e complesse, delle quali programmerà, organizzerà, gestirà e valuterà le risorse e le attività, gestendone, inoltre, il budget economico.
Inoltre il futuro dirigente saprà svolgere ricerche clinico-assistenziali, organizzative e didattiche e partecipare in maniera attiva e autonoma alla ricerca in ambito sanitario. Alla fine del percorso formativo il dottore magistrale sarà una risorsa per il sistema formativo stesso e potrà svolgere attività di progettazione educativa e condurre insegnamenti in ogni tipologia di corso di studi universitari e/o di aggiornamento grazie alle competenze didattiche e pedagogiche conseguite.
La Laurea magistrale non è una tappa formativa obbligatoria, ma un'opportunità per gli infermieri che intendano acquisire il livello professionale necessario ad esercitare specifiche funzioni nell'area clinico-assistenziale avanzata, nella gestione, nella formazione e nella ricerca.
A fronte dell’autonomia didattica che ancora caratterizza la pianificazione formativa delle varie Università, la Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI, con la delibera n. 79 del 25/4/15 nel documento “Evoluzione delle competenze infermieristiche” ha avanzato la proposta di una nuova pianificazione del percorso di studi.
La proposta di riforma della Laurea Magistrale nello specifico
La nuova pianificazione del percorso di studi della Laurea Magistrale prevede la differenziazione di due indirizzi:
- asse gestionale: che prepari al governo e direzione dei processi organizzativi e delle risorse (espansione delle competenze);
- asse clinico: che prepari al governo dei processi assistenziali tipici di una fra le sei aree previste nell’articolato che il Ministero della Salute si è impegnato a portare in Conferenza Stato Regioni.
Il titolo di Dottore Magistrale con indirizzo clinico diventa requisito per ricoprire la posizione di infermiere dirigente specialista clinico.
In tale quadro, saranno le Università a decidere quale percorso magistrale attivare e se dovessero optare per il percorso a orientamento clinico assistenziale, dovranno anche definire in quale (una o più) delle sei aree.
Su entrambi gli assi poi sono posizionati quattro livelli di competenza dell’infermiere (si articolano da “Livello A” a “Livello D” acquisiti attraverso specifici percorsi formativi.
Il livello “A” di entrambi gli assi, corrispondente all’infermiere generalista in possesso di laurea triennale o titolo equivalente, non necessita di modificazioni sostanziali. Il livello "A" rappresenta, in ogni caso, la matrice “core” della competenza da cui originano i successivi livelli di approfondimento o di espansione.
I livelli di approfondimento delle competenze cliniche
- Infermiere con Perfezionamento Clinico (livello B)
Si riferisce a un infermiere che ha seguito un corso di perfezionamento universitario che lo ha messo in grado di perfezionare le sue competenze “core” applicate a un'area tecnico operativa molto specifica (esempio: gestione accessi venosi). - Infermiere esperto clinico con master (livello C)
Si riferisce a un infermiere che si è formato con un master universitario di primo livello che lo ha messo in grado di approfondire le sue competenze declinandole in un settore particolare dell’assistenza infermieristica. È l'infermiere esperto di parti di processo assistenziale o di peculiari pratiche assistenziali settoriali (ad esempio: anestesia/analgesia, strumentazione e tecnica chirurgica, dialisi, endoscopia, wound care ecc.). - Infermiere specialista clinico con Laurea Magistrale (livello D)
Si riferisce a un infermiere che si è formato con Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche con orientamento in una delle aree previste dall’accordo Stato Regioni (area cure primarie - servizi territoriali/distrettuali; area intensiva e dell’emergenza/urgenza; area medica; area chirurgica; area neonatologica/pediatrica; area salute mentale e dipendenze). È l'infermiere specialista clinico in grado di orientare, governare (impostare, supervisionare, monitorizzare, valutare) sia i processi assistenziali tipici di una certa area clinica e presenti in qualsiasi struttura (dalla più piccola alla più complessa, dalla più generalista alla più specializzata), sia le competenze professionali necessarie per realizzarli.
Quest’ultimo livello comporta la necessità di reimpostare i piani di studio delle Lauree Magistrali sui sei filoni formativi corrispondenti alle sei aree sopra menzionate.
I livelli di espansione delle Competenze Gestionali
- Infermiere con perfezionamento gestionale (livello B)
Si riferisce a un infermiere che ha seguito un corso di perfezionamento universitario che lo ha messo in grado di perfezionare le sue capacità in relazione a specifiche funzioni organizzative (esempio: bed management). - Infermiere Coordinatore con Master (livello C)
Si riferisce a un infermiere che si è formato con un Master universitario di primo livello che lo ha messo in grado di acquisire conoscenze e capacità di governo dei processi organizzativi e di risorse in unità organizzative. - Infermiere Dirigente con Laurea Magistrale (livello D)
Si riferisce a un infermiere che si è formato con Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche a indirizzo gestionale/formativo che lo ha messo in grado di assumere responsabilità di governo di processi organizzativi e di risorse presso strutture e servizi sanitari di vario livello (dipartimento, area, piattaforma, presidio, distretto) nonché presso corsi di laurea e settori formativi aziendali.
Questo livello comporta la necessità di reimpostare i piani di studio delle Lauree Magistrali su un filone squisitamente gestionale e formativo e di rivedere l’esclusività prevista dalla Legge 43/2006 del possesso del solo Master universitario di primo livello per assumere la funzione di coordinamento.
Attualmente tale proposta risulta approvata con la sopracitata delibera n.79 del 25/4/15, ma non in essere sul piano attuativo.
Dobbiamo fare solo un piccolo inciso, per capire l’evoluzione delle competenze infermieristiche e il passaggio dal modello ISFOL (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori) a quello teorizzato da Patricia Benner e con il progetto Tuning Europa con uno sguardo costante al profilo professionale.
Rimandiamo poi ad una lettura completa degli elaborati dalla Federazione Nazionale Collegi IPASVI (in allegato) con un gruppo di infermieri esperti nella formazione infermieristica, gestione e organizzazione dei processi assistenziali nelle strutture sanitarie I tre riferimenti (Benner -Tuning-Profilo Professionale) sono stati utilizzati come coordinate entro le quali si è articolato in modo originale il lavoro del gruppo che ha organizzato le competenze nelle 5 aree funzionali:
- valutazione dei bisogni di assistenza infermieristica;
- progettazione e organizzazione clinico-assistenziale;
- realizzazione coordinata di interventi;
- valutazione clinico-assistenziale;
- formazione-consulenza-ricerca.
Il modello Isfol che si articola in competenze di base, trasversali e tecnico professionali, risente fortemente di un approccio generalista e risulta non del tutto applicabile all’ambito sanitario, quindi il gruppo di lavoro si è riferita a concetti teorici che coniugano la definizione della competenza con la dimensione formativa necessaria per conseguirla.
Un primo riferimento importante è quello sul lavoro di Patricia Benner che applica all’ infermieristica il modello Dreyfuss sull’acquisizione delle capacità. La Benner teorizza cinque livelli di padronanza (dal principiante all’ esperto); livelli che consentono di distinguere i percorsi formativi necessari per sostenerli, questi sono inoltre confrontabili nelle competenze professionali enucleate dalle reali situazioni cliniche e con la possibilità di categorizzarle in aree funzionali.
Il Progetto europeo Tuning ha sviluppato un metodo, utile per la progettazione o il rinnovo dei corsi di studio, fondato sulle competenze e sui cosiddetti risultati di apprendimento, sistematizzati anche dai cosiddetti Descrittori di Dublino.
Essi sono delle enunciazioni generali dei tipici risultati conseguiti dagli studenti che hanno ottenuto un titolo dopo aver completato con successo un ciclo di studio. Non vanno intesi come prescrizioni; non rappresentano soglie o requisiti minimi e non sono esaustivi.
I descrittori mirano a identificare la natura del titolo nel suo complesso. Essi non hanno carattere disciplinare e non sono circoscritti in determinate aree accademiche o professionali.
I Descrittori di Dublino sono costruiti sui seguenti elementi:
- Conoscenza e capacità di comprensione (knowledge and understanding);
- Conoscenza e capacità di comprensione applicate (applying knowledge and understanding);
- Autonomia di giudizio (making judgements);
- Abilità comunicative (communication skills);
- Capacità di apprendere (learning skills).
Nell’ ambito di tale progetto, si sono costituiti vari gruppi di ricerca che hanno compiuto un’ampia consultazione volta a identificare le competenze generali e specifiche di alcune discipline pilota.
Sia il lavoro di Benner sia il progetto Tuning hanno optato per un’organizzazione delle competenze per aree funzionali corrispondenti a contenuti professionali e non a categorie metodologiche come quelle del modello Isfol (competenze di base, trasversali, tecnico professionali). Il gruppo ha fatto riferimento anche alle aree funzionali che emergono dal profilo professionale dell’infermiere (DM 739/94) che rimane la matrice su cui si innestano le competenze specialistiche.