Uno screening gratuito per l’epatite C in Emilia-Romagna
Lo screening gratuito per l'epatite C è stato prorogato fino al 31 dicembre 2025.
Uno screening gratuito, su base volontaria e promosso dalla Regione Emilia-Romagna, ha coinvolto quasi 500mila persone in due anni, portando all’individuazione di 1.032 positivi all’epatite C.
I risultati, presentati ufficialmente nei giorni scorsi, confermano l’efficacia della strategia regionale nella lotta contro un’infezione spesso silente, ma potenzialmente molto pericolosa se non diagnosticata in tempo.
Il programma rientra nel Piano nazionale per l’eliminazione dell’HCV, in linea con gli obiettivi dell’Organizzazione mondiale della sanità che punta all’eradicazione della malattia entro il 2030. In Emilia-Romagna l’adesione allo screening è stata significativa, in particolare nelle province con maggiore incidenza storica.
Chi è stato coinvolto nello screening
Lo screening ha preso il via nel 2022 ed è stato rivolto a diverse fasce della popolazione. In primis, alle persone nate tra il 1969 e il 1989, ma anche a soggetti con fattori di rischio noti o in condizioni di vulnerabilità sanitaria e sociale. Il test iniziale consisteva nella ricerca degli anticorpi anti-HCV tramite prelievo del sangue, seguito da un secondo esame per la conferma della positività.
A coordinare il progetto è stato l’assessorato regionale alle Politiche per la salute, in collaborazione con le aziende sanitarie locali, i medici di medicina generale, i consultori, i laboratori analisi pubblici e accreditati e, in alcune aree, anche farmacie e unità mobili. Fondamentale anche il coinvolgimento del terzo settore e delle associazioni di volontariato, che hanno contribuito a raggiungere soggetti più difficilmente intercettabili.
I dati emersi e l’interpretazione scientifica
Su un totale di circa 498.000 cittadini sottoposti al primo test, sono emerse 1.032 positività. Il tasso, pari allo 0,21 per cento, appare contenuto ma rilevante, soprattutto se si considera che gran parte delle persone risultate positive non presentava sintomi. Oltre 1.200 soggetti sono stati poi indirizzati verso il trattamento, grazie alla conferma dell’infezione attiva tramite RNA virale.
L’Università di Bologna, coinvolta nel monitoraggio dei risultati, ha sottolineato come l’intervento rappresenti un modello di sanità pubblica efficace. Secondo l’analisi condotta dal Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, il programma non solo ha permesso di individuare nuovi casi, ma ha dimostrato la sostenibilità economica e organizzativa di uno screening strutturato, ben integrato nella rete territoriale.
Una volta individuata l’infezione, i pazienti sono stati presi in carico per l’avvio del trattamento con antivirali ad azione diretta. Questi farmaci di ultima generazione sono in grado di eradicare il virus in oltre il 95 per cento dei casi con cicli terapeutici brevi e ben tollerati.
L’efficacia delle cure, tuttavia, non basta. Senza diagnosi precoce, la maggior parte dei portatori resta ignara di esserlo. L’epatite C può restare latente per anni e manifestarsi solo in fase avanzata, con danni gravi al fegato come la cirrosi epatica o il carcinoma epatocellulare. Per questo la diagnosi precoce è oggi considerata il primo e più importante strumento di prevenzione.
Screening attivo fino a fine 2025
La Regione ha prorogato l’accesso gratuito allo screening fino al 31 dicembre 2025. I cittadini che rientrano nei criteri possono rivolgersi al proprio medico curante o consultare il sito della sanità regionale per conoscere le modalità di adesione. L’obiettivo è ampliare ancora la platea di chi si sottopone al test e intercettare il maggior numero possibile di infezioni silenti.
L’iniziativa ha già permesso di identificare oltre 1.200 positivi al secondo test di conferma, molti dei quali in fase asintomatica. Questo dato sottolinea il valore dello screening non solo come misura di sanità pubblica, ma anche come strumento concreto di prevenzione individuale.
Un modello replicabile a livello nazionale
Il programma dell’Emilia-Romagna rappresenta un esempio virtuoso nel panorama italiano. In un contesto in cui il sommerso dell’HCV resta ancora significativo, la strategia della Regione mostra come sia possibile agire in modo strutturato e diffuso, combinando prevenzione, prossimità e accompagnamento terapeutico.
Se replicato su scala nazionale, un modello simile potrebbe contribuire in maniera determinante all’obiettivo di eliminare l’epatite C come problema di salute pubblica entro il 2030. Un traguardo ambizioso ma, come dimostrano i numeri della campagna emiliano-romagnola, raggiungibile.