Ocse 2024: in Italia numero infermieri inferiore a media Ue

Scritto il 19/11/2024
da Redazione

La carenza di infermieri in Europa resta grave, soprattutto in Italia, dove la professione si trova a fronteggiare alcune particolari criticità che aggravano ulteriormente la crisi generale delle risorse umane in ambito sanitario. L'Italia si trova infatti di fronte sia ad una forte riduzione delle iscrizioni alla facoltà di Infermieristica sia ad un’intensa e continua emigrazione di laureati all'estero alla ricerca di migliori opportunità lavorative e condizioni economiche più vantaggiose. È quanto emerge dal rapporto “Health at a Glance: Europe 2024”, elaborato dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), che annualmente analizza la spesa sanitaria dei paesi europei, fotografa la situazione del personale sanitario e valuta l'aspettativa di vita dei suoi cittadini.

Fondamentale migliorare qualità condizioni di lavoro degli infermieri

divisa infermiere

Grave la carenza di infermieri in tutta Europa, in particolare in Italia dove vi è una forte riduzione delle iscrizioni al CdL di Infermieristica.

Dal report emerge che, sebbene il numero di medici ed infermieri pro capite sia sostanzialmente aumentato negli ultimi due decenni nella maggior parte dei Paesi europei, in generale le carenze di personale sanitario non sono tuttavia diminuite, perché di contro è significativamente aumentata la loro domanda.

La situazione risulta particolarmente difficile in Italia, dove gli infermieri mancano sul mercato ma sono comunque pochi rispetto alla popolazione. Il numero di infermieri italiani pro capite continua, infatti, ad essere inferiore alla media europea, soltanto 6,5 nel 2022 contro 8,4 per mille abitanti nell'Unione Europea, in aumento rispetto al 7,3 del 2012.

Mentre alcuni Paesi hanno il numero più alto di infermieri, almeno 12 ogni 1000 abitanti (Norvegia, Islanda, Finlandia, Irlanda, Germania), registrano valori peggiori dell'Italia soltanto la Lettonia, la Bulgaria, Cipro e la Grecia, che ha il numero più basso di infermieri anche se i dati includono solo gli infermieri che lavorano negli ospedali.

Anche in Ungheria il numero di infermieri è relativamente basso ma qui il governo, a differenza di quello italiano, ha aumentato in modo sostanziale negli ultimi anni la retribuzione degli infermieri al fine di aumentare l'attrattività e la permanenza nella professione.

In Italia le domande di immatricolazione ai percorsi formativi infermieristici si sono quasi dimezzate dal 2012, nonostante un aumento del 23% del numero di posti disponibili, segnalano in una nota gli autori del rapporto evidenziando che il numero di laureati in Infermieristica rimane uno dei più bassi dell'Unione Europea in rapporto alla popolazione.

Nel 2022 ci sono stati soltanto 16,4 laureati per 100 mila abitanti rispetto ai 37, 5 dell'Ue. Gli esperti sollevano altresì preoccupazioni riguardo alla capacità dell'Italia di colmare le future posizioni infermieristiche, considerando l'importante emigrazione di laureati per trovare all'estero retribuzioni migliori.

L'ampliamento del ruolo e il miglioramento della qualità delle condizioni di lavoro degli infermieri sono fondamentali per attirare un maggior numero di persone verso questa professione, precisano.

Il documento ha rilevato altresì per l'Italia una spesa sanitaria pro capite più bassa, persino rapportandola al Pil con una quota pari al 9% rispetto al 10,4% europeo. Secondo stime preliminari tale spesa è diminuita su base annua di quasi il 4% riflettendo un calo del 4,5% della spesa pubblica e del 2,6% della spesa diretta.

Gli analisti sottolineano che, sebbene la pandemia abbia esercitato in tutta l'Ue una pressione al rialzo sulla spesa sanitaria, in Italia essa è aumentata ad un ritmo più moderato rispetto alla maggior parte degli altri Paesi. Risulta inoltre che l'Italia investe soprattutto nei servizi di assistenza ambulatoriale, distinguendosi per un'allocazione di bilancio leggermente superiore alla media europea.

Pur avendo una delle popolazioni più anziane d'Europa, l'Italia destina invece una quota relativamente bassa all'assistenza a lungo termine, pari a poco più del 10% della spesa sanitaria totale, al di sotto di ben il 15% rispetto alla media europea.

Il rapporto evidenzia, infine, che l'Italia è il Paese con i medici più anziani, più della metà è di età superiore ai 55 anni e più di un quinto di età superiore ai 65 anni. La formazione di nuovi medici risulta aumentata significativamente, in linea con il resto d'Europa, ma in Italia permane anche sia un'elevata dipendenza da medici stranieri sia una notevole migrazione all'estero.

Soltanto l'aspettativa di vita è più alta in Italia, dove un bambino può aspettarsi di vivere in media 83,8 anni, 2,5 anni sopra la media europea. Si tratta del secondo livello più alto in Europa, dopo la Spagna. Tuttavia, gli analisti prevedono che la sedentarietà costerà all'Italia 1,3 miliardi di costi sanitari aggiuntivi, considerando che la popolazione italiana ha uno dei tassi più bassi di attività fisica non soddisfacendo le raccomandazioni dell'Oms.