Il 3 settembre test di ammissione alle Università

Scritto il 01/09/2014
da Redazione

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ROMA. Appello degli infermieri a Regioni e Governo: “Stop ai tagli al personale”. Con il comunicato stampa che riportiamo sotto, la Sen. Silvestro – Presidente Federazione Collegi Ipasvi – chiede di non togliere la speranza ai giovani.

Mercoledì 3 settembre quasi 29mila giovani su 85mila domande totali per tutte le professioni sanitarie (oltre il 34%) siederanno sui banchi degli Atenei sede di facoltà di medicina per sostenere il test di ammissione alla laurea in infermieristica. Tante sono le domande che le Università italiane hanno registrato e che ha censito l’Osservatorio della Conferenza nazionale dei corsi di laurea delle professioni sanitarie. Un numero enorme, ma che vale circa il 20% in meno dello scorso anno. E questo non perché la professione infermieristica non sia amata dai giovani, ma per colpa del calo dell’occupazione dovuta al blocco delle assunzioni, sia nuove che per turnover, che ormai caratterizza da anni il Servizio sanitario nazionale.

Per gli infermieri a un anno dalla laurea, l’occupazione − secondo i dati raccolti dal consorzio interuniversitario Almalaurea − è scesa dal 94% del 2007 al 63% del 2012 (ma la riduzione è ancora maggiore per altre professioni come a esempio il tecnico di radiologia che scende dal 93% del 2007 al 42% del 2012). E questo nonostante l’area sanitaria mantenga ancora il primo posto assoluto per occupazione con il 62% a un anno di laurea, staccando nettamente tutti gli altri settori che sono in media attorno al 29 per cento.

Silvestro: “Governo e soprattutto Regioni aprano gli occhi”

“Tutto questo dovrebbe far aprire gli occhi al Governo, ma soprattutto alle Regioni che per risparmiare, anche se non sono sottoposte ai piani di rientro dal deficit sanitario, stringono i freni su assunzioni e turnover, mettendo seriamente a rischio l’assistenza non solo negli ospedali, ma anche sul territorio dove la professione infermieristica sta assumendo un peso sempre maggiore, soprattutto nelle situazioni di cronicità e per garantire la continuità assistenziale. E bruciando le speranze di tanti giovani, pronti a mille sacrifici per entrare nella professione”, dichiara Annalisa Silvestro, presidente della Federazione dei Collegi Ipasvi e senatrice, membro della commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama.

La prova?  “I dati parlano chiaro – prosegue Silvestro − fino a 30-35 anni di età la percentuale di infermieri iscritti ai Collegi sul totale degli infermieri (circa il 10%) è ben maggiore rispetto a quella dei nostri professionisti che lavorano nel Ssn sul totale dei dipendenti (circa il 6%). Poi, superata la soglia che caratterizza l’inizio circa dieci anni fa del blocco del turn over, le due percentuali camminano in parallelo, fino a divaricarsi ancora dopo i 60-65 anni, ma per l’ovvia fuoriuscita dei dipendenti dalle file del Servizio pubblico. Questo vuole dire che i giovani hanno le porte chiuse, mentre si caricano di lavoro, spesso anche improprio, gli infermieri da anni in servizio, mettendo anche a rischio la qualità dell’assistenza perché stress, demotivazione  e insoddisfazione non fanno bene a nessuno”.

Stress e demotivazione professionale

A testimoniare la gravità della situazione sono anche i risultati di due recenti sondaggi on-line della Federazione Ipasvi, condotti a puro scopo informativo direttamente sul sito istituzionale. Alla richiesta di quale fosse il maggior motivo di stress lavorativo la maggior parte delle risposte hanno riguardato il mancato riconoscimento professionale, seguito dai carichi di lavoro e dalla precarietà. E alla domanda su quale fosse secondo gli infermieri il rischio che incide di più sulla sicurezza dei ricoverati, quasi il 30% delle risposte è stato la carenza di organici seguito da una sua conseguenza logica (25% delle risposte) senza personale: la carenza di organizzazione del lavoro.

Non c’è ricambio perché non ci sono concorsi e nemmeno assunzioni per il blocco del turnover quasi totale nelle regioni in piano di rientro che ormai raccolgono circa il 40% di tutto il personale del Ssn e nelle altre costrette a risparmiare sulla spesa per i continui tagli. In più nel Ssn ci sono anche 9.713 infermieri precari – con “lavoro flessibile” secondo il Conto annuale 2012della Ragioneria generale dello Stato – che rappresentano il 41,6% di tutto il personale precario non dirigente del Ssn. E l’effetto riduzione non si sente solo tra gli organici, ma anche sulle retribuzioni, passate da una media 2009 di 32.305 euro l’anno, ai 32.595 euro l’anno del 2012. Praticamente zero incrementi, mentre il costo della vita aumenta e solo l’inflazione ha inciso negli anni presi in considerazione per circa il 10% sui guadagni.

La richiesta dell’Ipasvi

“Come Collegi Ipasvi, e per quanto mi attiene anche come parlamentare – conclude Silvestro – chiediamo formalmente alle Regioni di trovare altri metodi di risparmio che non siano quelli di ridurre all’osso il personale. I professionisti del Ssn non ce la fanno più a svolgere il loro lavoro, i giovani non ce la fanno più a restare anni in lista di attesa prima di poter esercitare la professione. 

E gli ospedali e le strutture territoriali non ce la fanno più a garantire i servizi senza una reale ed efficace copertura degli organici. Per questo al Senato, non per demagogia come alcuni hanno sostenuto, abbiamo presentato un disegno di legge per favorire il ricambio generazionale senza penalizzare con rottamazioni forzate chi ha già dato tanto al Ssn e senza che sia chiusa la porta in faccia ai giovani. Sperando che la professione non resti sempre in coda nella stagione delle riforme, visto che anche questa lo è”.