Comunicare con il bambino sottoposto ad intervento chirurgico
Pasquale (nome di fantasia), 9 anni. Tanta voglia di crescere ed un cuore che non riesce a reggere quel banale desiderio di un bambino della sua età. Pasquale nel letto della Terapia Intensiva Cardiochirurgica ha sempre un po' il muso imbronciato, ma non si lamenta.
Non ha molta fiducia in noi e chiede in continuazione se gli farò male, anche quando devo solo iniettare un farmaco nel CVC o cambiargli i patch degli elettrodi.
Pasquale è venuto qui perché la sua mamma gli ha detto che avrebbe dovuto fare solo un’ennesima radiografia, ma è entrato in camera operatoria e quando finalmente ha riaperto gli occhi in terapia intensiva ha capito che gli avevano ancora una volta “toccato il cuore”.
Una lunga ferita sul torace e tanta rabbia dentro. A nessuno piacciono le bugie, tantomeno ai bambini. “Quanti anni hai Pasquale?”, gli chiedo. “Nove e mezzo”. mi risponde. Quel “mezzo” in più detto a gran voce che vuole sottolineare quanta è la voglia di sentirsi più grande, ma Pasquale è realmente più grande di quello che vuole solo far sembrare.
Coartazione aortica e secondo intervento di ricoartazione aortica. Pasquale è nato con una malattia cardiaca congenita che se non trattata prima o poi diventa incompatibile con la vita e non gli permette di crescere così come dovrebbe.
La comunicazione, verbale e non verbale è importante a qualsiasi età. Quando un bambino nasce con patologie congenite o viene colpito da patologie che richiedono un intervento chirurgico la parola del successo è preparazione.
Essa deve essere volta prima di tutto ai genitori che sono tanto spesso accompagnati da uno stato d’animo di ansia e di sconforto; loro però rappresentano la sede in cui è riposta la fiducia dei bambini ed è quindi attraverso i genitori che vengono preparati i bambini così da percorrere questa esperienza nel modo migliore possibile.
L’infermiere può insegnare ai genitori le modalità con cui muoversi in questa situazione, garantendo un corretto approccio a seconda dell’età evolutiva del piccolo. Questo percorso deve iniziare prima del ricovero del bambino.
L’approccio cambia a seconda dell’età evolutiva
- 0-2 anni: ci troviamo in una situazione in cui il bambino è molto piccolo, tuttavia egli è in grado di avvertire le nostre sensazioni così come nella vita uterina ed è in grado di empatizzare. Per queste ragioni bisogna predisporre un clima tranquillo, libero di ansie, timori e fattori stressogeni
- 2-3 anni: in questa fase il bambino non gode ancora della percezione temporale quindi non è capace di tollerare lunghe attese, pertanto non è utile parlare al bambino dell’intervento chirurgico 15 giorni prima, ma basterà iniziare 1-2 giorni prima dell’operazione con un linguaggio adatto a lui e con un approccio molto tranquillo. Può essere d’aiuto l’utilizzo di un oggetto su cui poter contare e che gli garantisca serenità e protezione
- 3-6 anni: a questa età è difficile comprendere i motivi dell’intervento chirurgico, in questa fase, infatti, i bambini possono credere di avere qualcosa di sbagliato e vivere la situazione come un castigo o una punizione, perché magari si è stati disobbedienti. È compito genitoriale tranquillizaarli e fargli comprendere che la malattia e l’intervento non sono colpa di nessuno. Incoraggiare il bambino a tirar fuori emozioni positive e negative ed anche in questo caso può essere utile il suo giocattolo preferito. Basterà iniziare a parlare dell’argomento da 3 a 5 giorni prima dell’intervento dosando in maniera opportuna i dettagli
- 7-11 anni: in questa fase il bambino ha sviluppato il senso del tempo ed è in grado di capire ed accettare meglio i motivi del ricovero. In questa fase evolutiva non è consigliabile far finta di niente o sminuire l’esperienza che lo attende, il bambino deve essere infatti preparato ad affrontare qualcosa di difficile ma con l’appoggio e l’intervento di tutti
- 12 anni fino alla tarda adolescenza: a questa età è consigliabile coinvolgere l’adolescente nel pianificare l’intervento chirurgico fin da subito; egli è in una fase in cui cerca di ottenere indipendenza dai genitori, ma ha ancora bisogno di loro. Deve capire che sono ancora i genitori a decidere cosa è meglio per lui, ma è necessario renderlo partecipe, informarlo ed incoraggiarlo a fare domande o ad esprimere le sue preoccupazioni
Il percorso medico, anestesiologico ed infermieristico iniziano prima che il piccolo venga ricoverato, di solito attraverso la visita pre-ricovero che avviene il giorno prima dell’intervento o massimo due giorni prima.
In specifico durante questa visita l’infermiere informa il piccolo ed i genitori su ciò che avverrà il giorno dell’intervento ed anche in questo caso l’obiettivo principale è rendere consapevole il bambino e la sua famiglia così da favorire la partecipazione.
Medici ed infermieri di specifici reparti come quello cardiochirurgico possono avvalersi dell’utilizzo di libri che chiariscono attraverso un linguaggio semplice, raccontando in termini di favola e con l’ausilio di illustrazioni: l’esperienza ospedaliera da affrontare, il contesto con cui si entra in contatto e la patologia cardiaca (o di altro tipo) chiarita in termini molto semplici dal momento in cui essa si manifesta, all’ammissione in ospedale, alla ripresa, fino alla dimissione.
L’infermiere durante il pre-ricovero si occupa della:
- Presentazione del personale che conduce la visita (coordinatore, chirurgo, anestesista, personale infermieristico)
- Spiegazione al piccolo (con modalità opportune a seconda dell’età) e ai genitori del percorso di ricovero (ammissione, fase preoperatoria, fase operatoria, fase postoperatoria, convalescenza ospedaliera, dimissione, convalescenza domiciliare)
- Spiegazione delle varie fasi del percorso preoperatorio e dell’induzione dell’anestesia. In particolare, il bambino va rassicurato, viene spiegato che il genitore appositamente vestito accompagnerà il bambino in camera operatoria rimanendo in sala induzione, finché non si addormenta, può essere inoltre praticata una prova simulata in forma ludica su bambini volontari
I bambini non vi guardano con gli occhi, ma col cuore. Dovremmo guardare tutti il mondo con gli occhi di un bambino
Parlate con loro, siate onesti, comunicate attraverso il loro linguaggio, perché è attraverso la verità che diventate i custodi della loro fiducia generandone collaborazione che permette di affrontare l’esperienza chirurgica nel migliore dei modi.
- Articolo a cura di Grazia Troncone, Infermiera