Terapia di resincronizzazione cardiaca - CRT

Scritto il 15/01/2020
da Cristian Mariotti

La terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) avviene mediante l’impianto nella regione sottoclaveare di un dispositivo sottocutaneo capace di stimolare attraverso degli elettrocateteri le camere cardiache resincronizzando i ventricoli e facendo incrementare la funzione sistolica. Esistono due tipologie di CRT: il CRT-p (pacemaker) e il CRT-d (defibrillatore); la seconda tipologia in genere è quella più utilizzata in quanto nelle cardiopatie ischemiche post infartuali c’è una forte componente aritmogena.

Lo scompenso cardiaco

Lo scompenso cardiaco è una patologia frequente nei pazienti colpiti da un infarto miocardico acuto. L’area interessata dalla necrosi non si contrae più adeguatamente determinando una grave depressione della funzione di pompa cardiaca chiamata frazione di eiezione (FE).

In condizioni di normalità l’FE è superiore o uguale al 55%, mentre nei pazienti con scompenso cardiaco scende notevolmente anche sotto il 20%; in questa situazione il miocardio non riesce ad espellere adeguatamente i liquidi che si depositano nei distretti corporei soprattutto negli alveoli polmonari determinando l’edema polmonare.

Che cos’è il CRT

La terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) avviene mediante l’impianto nella regione sottoclaveare di un dispositivo sottocutaneo capace di stimolare attraverso degli elettrocateteri le camere cardiache resincronizzando i ventricoli e facendo incrementare la funzione sistolica.

Esistono due tipologie di CRT:

  • CRT-p (pacemaker)
  • CRT-d (defibrillatore)

La seconda tipologia in genere è quella più utilizzata in quanto nelle cardiopatie ischemiche post infartuali c’è una forte componente aritmogena.

L’impianto del dispositivo avviene in anestesia locale e la procedura è simile all’impianto del pacemaker con la differenza che per la resincronizzazione viene introdotto un terzo elettrocatetere nel seno coronarico. Quest’ultimo catetere è costituito da 2 o 4 elettrodi nella porzione distale che vengono spinti nel seno coronarico fino ad incastrarsi nel ramo venoso.

L’ingegnere biomedico e l’elettrofisiologo, prima di connettere il device, effettuano diverse misurazioni sui potenziali elettrici generati dagli elettrodi con lo scopo di ridurre all’ECG l’ampiezza del complesso QRS con il minor dispendio energetico possibile.

Inoltre, nel caso di CRT-d si impostano le soglie di tolleranza ECG alle quali deve intervenire il defibrillatore; solitamente, in caso di Tachicardia Ventricolare (TV), il dispositivo tenta di ripristinare il ritmo sinusale effettuando l’ATP (Anti Tachi Pacing), una sovra stimolazione che tenta di agganciare l’aritmia; se quest’ultima non regredisce il dispositivo eroga uno shock elettrico endocavitario (defibrillazione).