Aggressione al pronto soccorso di Terni: paura per il personale sanitario

Scritto il 10/10/2025
da Redazione

Ancora violenza in corsia. Un uomo in cura presso il pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria di Terni ha dato in escandescenze, prendendo a calci arredi e apparecchiature e sputando contro il personale sanitario intervenuto per calmarlo. L’intervento di una guardia giurata ha evitato conseguenze peggiori.

Calci agli arredi e sputi contro gli operatori

Secondo quanto riportato dal Messaggero, l’episodio è avvenuto nelle prime ore del mattino. Il paziente, in evidente stato di alterazione, avrebbe reagito con violenza ai tentativi di contenimento del personale, colpendo arredi e attrezzature del pronto soccorso.

Quando gli infermieri e i medici hanno provato ad avvicinarsi per assisterlo, l’uomo avrebbe iniziato a sputare in faccia a chi cercava di aiutarlo.
Uscito all’esterno, si sarebbe poi accanito contro un’ambulanza in sosta, danneggiandone una parte.

Solo l’intervento tempestivo della guardia giurata in servizio ha permesso di bloccare l’uomo e riportare la situazione alla calma. Nessun operatore ha riportato ferite gravi, ma la tensione tra il personale resta alta.

Una lunga scia di aggressioni al Santa Maria

L’episodio non è isolato. Solo pochi giorni prima, due infermieri dello stesso pronto soccorso erano stati aggrediti da due diversi pazienti: uno colpito a calci con conseguente frattura di una gamba, l’altro con un trauma alla spalla.
Per entrambi, la prognosi è stata di circa 30 giorni di stop dal lavoro.

Si tratta di una serie di aggressioni ripetute che stanno minando la serenità e la sicurezza di chi lavora in prima linea. Il pronto soccorso di Terni, come molte altre strutture italiane, deve fare i conti con un carico di stress crescente, un afflusso continuo di pazienti e situazioni di rischio legate a stati di agitazione, abuso di sostanze o disagio psichico.

L’aggressione al pronto soccorso di Terni è solo l’ultimo tassello di una realtà ormai quotidiana. Dietro ogni episodio non c’è solo paura, ma anche fatica professionale e solitudine: quella di chi continua a garantire assistenza in contesti difficili, con turni lunghi e risorse limitate.