Salute mentale, rapporto Ocse: l’Italia spende meno della metà della media UE

Scritto il 10/10/2025
da Redazione

Il nuovo rapporto Ocse richiama l’attenzione sulla fragilità dei sistemi sanitari europei. L’Italia, in particolare, mostra criticità strutturali: spesa sotto la media, servizi territoriali disomogenei, carenza di infermieri e psicologi. Eppure la domanda cresce, alimentata da disagio giovanile, cronicità e stress professionale. La salute mentale, avverte l’OCSE, non può più essere considerata un capitolo accessorio della sanità pubblica.

L’Italia spende poco, ma paga un costo alto

seduta psicologo

Nella Giornata mondiale della salute mentale 2025, l’Italia si trova a un bivio: o rafforza la rete pubblica e territoriale, oppure rischia di ampliare le disuguaglianze

Il report Ocse 2025 stima che la cattiva salute mentale costi all’Italia circa il 3,5% del PIL ogni anno, tra spese dirette e indirette (assenteismo, invalidità, disoccupazione, perdita di produttività).
Si tratta di una cifra superiore a quella destinata all’intera rete di assistenza ospedaliera.

Nonostante ciò, la quota di spesa pubblica dedicata alla salute mentale resta ferma attorno al 5% della spesa sanitaria complessiva, meno della metà della media Ocse (11%).
Paesi come Danimarca, Norvegia e Olanda investono più del doppio, ottenendo risultati migliori in termini di prevenzione e accesso ai servizi.

Servizi territoriali disomogenei e carenza di professionisti

Il sistema italiano di salute mentale basato sulla Legge Basaglia (1978) e sui Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) è ancora un modello di riferimento internazionale per l’approccio comunitario.


Ma oggi sconta anni di sottofinanziamento e carenze di personale.

  • L’Italia dispone di circa 25 infermieri di salute mentale ogni 100.000 abitanti, contro una media Ocse di 43
  • Il numero di psicologi pubblici è di appena 3 ogni 10.000 abitanti, contro i 10-12 della media europea
  • I Centri di Salute Mentale (CSM) sono 1.500, ma distribuiti in modo diseguale: il Nord ha il doppio delle risorse rispetto al Sud

La carenza di personale determina un sovraccarico dei reparti psichiatrici ospedalieri e dei pronto soccorso, che in molte Regioni sono ormai il primo punto di accesso per le persone in crisi.

Depressione e ansia in aumento tra giovani e donne

I dati Ocse e Iss convergono: depressione e ansia sono in aumento tra i giovani italiani.
Nel periodo 2021-2024, la prevalenza dei sintomi depressivi è cresciuta di oltre il 30% tra i 18-34enni, annullando i progressi degli anni precedenti.

Fra le donne, la prevalenza dei disturbi depressivi raggiunge il 7%, con picchi tra chi vive sola o in condizioni economiche difficili.


Nel 2024, secondo il sistema PASSI dell’Iss, quasi una donna su cinque con difficoltà economiche ha riportato sintomi depressivi.

La distribuzione dei servizi aggrava le disuguaglianze: Regioni come Sardegna, Molise e Marche registrano da anni le prevalenze più alte di disagio psichico, a fronte di risorse limitate e lunghi tempi di attesa per visite e terapie.

Operatori sanitari e burnout

Il tema del benessere mentale degli operatori sanitari resta in gran parte sottovalutato.
Secondo i dati Ocse, oltre il 40% di medici e infermieri italiani presenta sintomi riconducibili a stress cronico o burnout, una percentuale tra le più alte d’Europa.

L’assenza di programmi strutturati di supporto psicologico nel Servizio sanitario nazionale è un limite evidente.
A oggi, solo 4 Regioni su 21 hanno attivato progetti continuativi di supporto psicologico per il personale.


L’Ocse invita i governi a includere la salute mentale del personale sanitario nelle strategie nazionali, riconoscendola come fattore chiave per la sicurezza delle cure e la tenuta del sistema.

Integrare sanità, scuola e lavoro

Il report Ocse invita l’Italia a superare la frammentazione delle politiche sulla salute mentale, adottando una strategia “mental health in all policies”.


Ciò significa includere la salute mentale in ogni ambito pubblico — scuola, lavoro, welfare — e potenziare la prevenzione nei contesti di vita quotidiana.

Tra le raccomandazioni principali:

  • Introdurre programmi di educazione emotiva nelle scuole e università
  • Rafforzare i servizi di salute mentale nei luoghi di lavoro, oggi quasi assenti
  • Stabilizzare gli organici dei Dipartimenti di Salute Mentale, con investimenti su infermieri di comunità e psicologi
  • Digitalizzare i servizi: in Italia solo il 12% dei percorsi psicologici utilizza piattaforme telematiche, contro il 40% dell’Australia e il 35% del Regno Unito

La salute mentale come diritto

Nella Giornata mondiale della salute mentale 2025, l’Italia si trova a un bivio: o rafforza la rete pubblica e territoriale, oppure rischia di ampliare le disuguaglianze tra chi può permettersi cure private e chi resta in lista d’attesa.

L’Ocse e l’Oms convergono su un messaggio chiaro: la salute mentale è un diritto di cittadinanza, non un lusso per pochi.
Garantirla significa difendere la salute collettiva, l’equità e la sostenibilità del sistema.

Per gli infermieri, i medici e tutti gli operatori della rete territoriale, il futuro passa da qui: dalla capacità di unire competenza clinica, empatia e prossimità.
Perché ogni intervento di salute mentale, dal colloquio in ambulatorio alla visita domiciliare, è, prima di tutto, un atto di giustizia sociale.