Nel periodo in cui mi è stato chiesto di restare a casa, il senso di impotenza mi ha spinto a dare voce proprio a quegli infermieri denominati “eroi” che in realtà stavano vivendo un forte periodo di stress e come tutti ansia e paura per il futuro.
Come stanno gli infermieri in era Covid-19, un'indagine descrittiva
L’infezione da Sars-CoV-2 ha determinato un cambiamento dello stile e della qualità della vita della popolazione mondiale, in particolar modo degli operatori coinvolti nell’assistenza e nella cura dei pazienti affetti da questo virus. Diversi autori descrivono il ruolo degli infermieri durante il periodo pandemico, ritenendo questa figura come cruciale nella gestione dei pazienti.
Da subito la figura dell’infermiere è stata riconosciuta dai media come “eroe”, essendo stati travolti da un fenomeno a noi sconosciuto, la domanda da porsi poteva essere ma un così alto livello di stress potrà cambiare il loro stile di via o la qualità della vita
? Nel periodo in cui mi è stato chiesto di restare a casa, il senso di impotenza mi ha spinto a dare voce proprio a quegli infermieri denominati “eroi” che in realtà stavano vivendo un forte periodo di stress e come tutti ansia e paura per il futuro.
Di fronte ad un’emergenza di sanità pubblica, gli operatori a stretto contatto con pazienti sospetti o affetti da Covid-19 sono a rischio di sviluppare un alto livello di stress, di conseguenza aumenta il rischio di cadere nel burnout e le modifiche sulla qualità della loro vita sono inevitabili.
Si sono trovati catapultati in una situazione in cui i numeri dei casi aumentavano e parallelamente anche il carico di lavoro che a lungo andare diventa sempre più eccessivo, la mancanza di DPI adeguati, così come una terapia inesistente, diventano sempre più un peso e motivo di ansia e stress per gli operatori sanitari.
Proteggere il personale sanitario è fondamentale per la cura dei pazienti e per non gravare ulteriormente sulle mancanze ancora oggi presenti nelle strutture sanitarie. Proteggere il personale sanitario inteso non solo sulla distribuzione dei dispositivi di protezione, certo importantissimo e indispensabile. Indispensabile anche valutare i valori di stress degli operatori sanitari, in quanto un livello di stress elevato si va a ripercuotere sul lavoro stesso. Avere infermieri con un alto livello stress lavoro correlato porterà una diminuzione della professionalità, con tutte le conseguenze facilmente riconoscibili.
Inoltre l’aumento esponenziale dei casi ha costretto i decision makers a prendere decisioni drastiche, tra cui arruolare un numero sempre crescente di infermieri come forza lavoro, a volte anche neolaureati. Al fine di far fronte all’emergenza sanitaria sono stati inseriti in contesti ad alto rischio che richiedono un elevato livello di professionalità.
Diverse figure di riferimento nel campo del Nursing italiano enfatizzano il concetto che non bastano solo un posto letto di terapia intensiva e un respiratore per la ventilazione meccanica a gestire un paziente con un elevato livello di compromissione multiorgano, ma l’introduzione di personale adeguatamente formato e retribuito a seconda del livello di conoscenza e competenza.
L’associazione nazionale degli infermieri di Area Critica (ANIARTI) ha reso libero l’accesso (come la maggior parte delle riviste scientifiche internazionali) al materiale didattico per il personale neolaureato e neoassunto nei setting assistenziali critici.
L’ambiente ospedaliero in particolare presenta una serie di fattori di rischio responsabili per l’aumento di stress lavoro correlato. Indispensabile inoltre è valutare la loro qualità della vita, ricordandoci che dietro i dispositivi di protezioni ci sono delle persone e come tali sono ricche di paure e ansie che li accompagneranno anche dopo il loro turno, spesso anche questo più lungo del normale per colmare la carenza di personale e garantire un’assistenza sanitaria 24/24h.
Misurare i livelli di Stress è indispensabile per valutare la qualità della vita e il ripercuotersi sulle loro vite private. Tutto questo è opportuno al fine della tutela personale e professionale, evidenziando quali sono i fattori di rischio di stress e come incideranno sulla qualità della vita, così da non solo evitare fenomeni di burnout, ma soprattutto per prepararsi ad altre malattie infettive future e non solo. In letteratura c’è carenza di informazioni che descrivono come, in Italia, un’epidemia influenza i livelli di stress e la qualità della vita degli infermieri.
È stato così condotto uno studio osservazionale di tipo trasversale tramite la somministrazione un questionario composto da una scheda ad hoc con informazioni generali, una scala validata in letteratura scientifica ovvero la Maslach Burnout Inventory scale (MBI) per valutare i livelli di stress e come l’epidemia ha portato modifiche importanti per quanto riguarda la qualità della vita degli infermieri, quindi utilizzando un’altra scala validata in letteratura scientifica ovvero la scala di Valutazione della Qualità di Vita degli Infermieri (SVQI).
Analizzando il 30% (risultati parziali) dei rispondenti totali è stato evidenziato che: alla domanda se hanno frequentato corsi di prevenzione dello stress, 19 infermieri (23,7%) hanno risposto positivamente, al contrario della risposta negativa dei 61 infermieri (76,3%). Invece per quanto riguarda il supporto psicologico, 13 infermieri (16,2%) affermano di riceverne, mentre 67 infermieri (83,8%) hanno risposto di no. Nonostante la percentuale di infermieri “preparati” a situazioni ad alto contenuto di stress, di questi 80 rispondenti, 49 si sono ritrovati ad operare in strutture Covid-19.
Analizzando le dimensioni del burnout, ovvero: depersonalizzazione, esaurimento emotivo e realizzazione personale si evince che, abbiamo un 59% di infermieri con un alto rischio di depersonalizzazione, la restante parte si colloca nel rischio medio, di conseguenza nessuno ha un rischio basso. Per la dimensione dell’esaurimento emotivo troviamo un 55% con un rischio elevato, 31% con rischio medio e 13% con rischio basso. Infine, per la dimensione della realizzazione personale anche in questo caso non sono presenti per il rischio basso ma troviamo un 66% per il rischio elevato e 34% per il rischio medio.
Inoltre, è stata analizzata anche la qualità della vita con tutte le sue dimensioni: fisica, emotiva, lavorativa e dimensione sociale. Analizzando le singole dimensioni troviamo per quanto riguarda la dimensione fisica il 49% con un rischio elevato mentre il 31% con un rischio basso. Per la dimensione emotiva invece, l’89% ha un rischio elevato e il restante 11% un rischio basso. Nella dimensione lavorativa troviamo il 79% con un rischio elevato e il 21% con un rischio basso. Infine, nella dimensione sociale troviamo il 66% con un rischio elevato e il restante 34% con un rischio basso.
Durante il periodo in cui è stato somministrato il questionario, vengono registrati enormi livelli di stress e che questi comportano una modifica per quanto riguarda la qualità della vita che risulta non soddisfacente. È auspicabile che tali gruppi oggetti di studio vengano analizzati in futuro per evitare ripercussioni a lungo termine per altre eventuali emergenze epidemiche.
È indispensabile formare il personale per quanto riguarda il rischio da stress lavoro correlato, in modo da poter adattare strategie di coping, ottenere i DPI necessari e indispensabili per la protezione individuale dell’operatore a rischio e ottenere interventi che offrano un riconoscimento economico uniforme e degno per chi costantemente mette e repentaglio la propria incolumità personale lottando per la salute dei pazienti.
- Articolo a cura di Giulia Toscano - Infermiera