Modelli e standard per sviluppo assistenza territoriale nel SSN
Si sta plasmando la nuova organizzazione dell’assistenza territoriale. È infatti pronta una nuova versione del documento elaborato congiuntamente dall’Agenas e dal Ministero della Salute che tratteggia la nuova assistenza primaria, affrontando le tematiche basilari collegate agli interventi previsti nell’ambito della Missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (component 1: “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale”).
I cui obiettivi principali sono: potenziare il Servizio sanitario nazionale, allineando i servizi ai bisogni delle comunità e dei pazienti, anche in considerazione delle criticità emerse durante l’emergenza pandemica; rafforzare le strutture e i servizi sanitari di prossimità e i servizi domiciliari; sviluppare la telemedicina e superare la frammentazione e la mancanza di omogeneità dei servizi sanitari offerti sul territorio; sviluppare soluzioni di telemedicina avanzate a sostegno dell’assistenza domiciliare (non a caso nel documento si rimarca che nell’ambito delle tematiche affrontate dal presente documento, dovranno essere sviluppati ulteriori approfondimenti rispetto ai seguenti argomenti: farmacie, servizi per la salute mentale, ruolo della telemedicina e servizi sociosanitari con particolare riferimento alle Rsa
).
Distretto sanitario sarà la leva di questo nuovo sistema
Ce ne dovrà essere uno ogni 100mila abitanti – secondo criteri di densità di popolazione nonché caratteristiche orografiche territoriali – e sarà il luogo privilegiato di gestione e di coordinamento funzionale ed organizzativo della rete dei servizi sociosanitari e sanitari territoriali, centro di riferimento per l’accesso a tutti i servizi dell’Asl.
Inoltre, il Distretto sanitario – il cui Direttore è il responsabile dell’attività di programmazione – sarà deputato al “perseguimento dell’integrazione tra le diverse strutture sanitarie, sociosanitarie, nonché dei servizi socioassistenziali in un’ottica di collaborazione con le istituzioni locali presenti sul territorio, in modo da assicurare una risposta coordinata e continua ai bisogni della popolazione, nonché di uniformità dei livelli di assistenza e di pluralità dell’offerta
.
Il Distretto avrà funzione di committenza (pertanto, la capacità di programmare i servizi da erogare a seguito della valutazione dei bisogni dell’utenza di riferimento anche in rapporto alle risorse disponibili), funzione di produzione (ossia di erogazione dei servizi sanitari territoriali, contraddistinta da erogazione in forma diretta o indiretta dei servizi sanitari e sociosanitari territoriali) e funzione di garanzia (garantendo l’accesso ai servizi, l’equità all’utenza mediante il monitoraggio continuo della qualità dei servizi, la verifica delle criticità emergenti nella relazione tra i servizi e tra questi e l’utenza finale).
In merito alle funzioni e agli standard organizzativi del Distretto, nella bozza del documento si fa riferimento a: almeno 1 Casa della comunità “hub” ogni 40.000/50.000 abitanti; Case della comunità “spoke” e ambulatori di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e la maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali (tutte le aggregazioni dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta – aggregazioni funzionali territoriali e unità complessa di cure primarie – sono ricomprese nelle Case della Comunità avendone in esse la sede fisica oppure a queste collegate funzionalmente); almeno 1 Infermiere di famiglia e comunità ogni 2.000/ 3.000 abitanti; almeno 1 Unità speciale di continuità assistenziale (1 medico e 1 infermiere) ogni 100.000 abitanti; 1 Centrale operativa territoriale ogni 100.000 abitanti (o comunque a valenza distrettuale, qualora il distretto abbia un bacino di utenza maggiore); almeno 1 Ospedale di comunità dotato di 20 posti letto ogni 50.000/100.000 abitanti; 1 Unità di cure palliative domiciliari ogni 100.000 abitanti; 1 Hospice con almeno 10 posti letto all’interno della rete aziendale delle cure palliative.
Casa della Comunità
La Casa della Comunità rappresenta il luogo fisico di prossimità e di facile individuazione dove la comunità, appunto, può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria e sociosanitaria. Forte di un ruolo centrale nella rete dei servizi, promuove un modello organizzativo di approccio integrato e multidisciplinare mediante équipe territoriali, rappresentando la sede privilegiata per la progettazione e l’erogazione di interventi sanitari e di integrazione sociale.
Standard: almeno 1 Casa della Comunità “hub” ogni 40.000/50.000 abitanti; Case della Comunità “spoke” e ambulatori di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta considerando le caratteristiche orografiche e demografiche del territorio con l’obiettivo di agevolare la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali (tutte le aggregazioni dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta – aggregazioni funzionali territoriali e unità complessa di cure primarie – sono ricomprese nelle Case della Comunità avendone in esse la sede fisica oppure a queste collegate funzionalmente); almeno 1 Infermiere di famiglia e comunità ogni 2.000/3.000 abitanti. Come anticipato, le Casa della Comunità promuovono un modello di intervento sia integrato sia multidisciplinare.
L’attività, infatti, deve essere organizzata così da consentire un’azione d’équipe tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali interni – anche nelle loro forme organizzative – infermieri di famiglia e comunità, altri professionisti della salute, anche al fine di consentire il coordinamento con i servizi sociali degli enti locali del bacino di riferimento.
Occorre evidenziare che sia i medici sia gli altri professionisti sanitari operano tanto all’interno delle Case della Comunità quanto nella loro individualità, nei territori a minore densità abitativa. Così provvedono ad assicurare l’assistenza primaria attraverso un approccio di medicina d’iniziativa e la presa in carico della comunità di riferimento.
E ancora, l’accezione “hub” e l’accezione “spoke”: in entrambi i casi la Casa della Comunità costituisce l’accesso unitario fisico per la comunità di riferimento ai servizi di assistenza primaria e di integrazione sociosanitaria. Entrambe, dunque, propongono un’offerta di servizi rappresentata da medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali interni, infermieri di famiglia e comunità, presenza di tecnologie diagnostiche di base.
Entrando nello specifico, la Casa della Comunità garantisce l’erogazione dei seguenti servizi (anche attraverso modalità di telemedicina): équipe multiprofessionali (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, continuità assistenziale, specialisti ambulatoriali interni e dipendenti, infermieri e altre figure sanitarie e sociosanitarie); presenza medica 24 ore su 24, 7 giorni su 7 anche mediante l’integrazione della continuità assistenziale; presenza infermieristica 12 ore su 24, 7 giorni su 7; punto unico di accesso sanitario e sociale; punto prelievi; programmi di screening; servizi diagnostici mirati al monitoraggio della cronicità anche a strumenti di telemedicina; servizi ambulatoriali specialistici per le patologie ad elevata prevalenza; servizi infermieristici, sia in termini di prevenzione collettiva e promozione della salute pubblica, inclusa l’attività dell’infermiere di famiglia e comunità, sia di continuità di assistenza sanitaria, per la gestione integrata delle patologie croniche; sistema integrato di prenotazione collegato al Cup aziendale; servizio di assistenza domiciliare di base; partecipazione della comunità e valorizzazione della co-produzione, attraverso le associazioni di cittadini e volontariato; relazione tra la Casa della Comunità hub con il funzionamento delle strutture per le cure intermedie.
Per quanto concerne la Casa della Comunità spoke, invece, essa assicura l’erogazione dei seguenti servizi (anche mediante modalità di telemedicina): équipe multiprofessionali (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, continuità assistenziale, specialisti ambulatoriali interni e dipendenti, infermieri e altre figure sanitarie e sociosanitarie); presenza medica e infermieristica almeno h12, 6 giorni su 7 (lunedì-sabato); punto unico di accesso sanitario e sociale; alcuni servizi ambulatoriali per patologie ad elevata prevalenza; servizi infermieristici, sia in termini di prevenzione collettiva e promozione della salute pubblica, inclusa l’attività dell’infermiere di famiglia e comunità, sia di continuità di assistenza sanitaria, per la gestione integrata delle patologie croniche; programmi di screening; collegamento con la Casa della Comunità hub di riferimento; sistema integrato di prenotazione collegato al Cup aziendale; partecipazione della comunità e valorizzazione co-produzione, attraverso le associazioni di cittadini, volontariato. Nella nuova versione del documento elaborato di concerto dall’Agenas e dal Ministero della Salute che ridisegna l’assistenza primaria, una componente rilevante ha al centro la figura dell’infermiere di famiglia e comunità. Si tratta del professionista che mantiene il contatto con l’assistito della propria comunità in cui opera e rappresenta la figura professionale di riferimento che garantisce l’assistenza infermieristica ai diversi livelli di complessità in collaborazione con tutti i professionisti presenti all’interno della comunità, perseguendo l’integrazione interdisciplinare, sanitaria e sociale dei servizi e dei professionisti e ponendo al centro la persona.
L’infermiere di comunità interagisce con ciascuna risorsa presente nelle comunità formali e informali. Non è soltanto l’erogatore di cure assistenziali: diviene la figura che garantisce la replica assistenziale all’insorgenza di nuovi bisogni sanitari e sociosanitari espressi e potenziali che insistono in modo latente nella comunità. Professionista con un forte orientamento alla gestione proattiva della salute, l’infermiere di famiglia e comunità (standard: almeno 1 professionista ogni 2.000/3.000 abitanti) è coinvolto in attività di promozione, prevenzione e gestione partecipativa dei processi di salute individuali, familiari e di comunità nel sistema dell’assistenza sanitaria territoriale.
E ancora, focus sull’Unità speciale di continuità assistenziale (Usca), équipe mobile distrettuale per la gestione di situazioni condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità e di comprovata difficoltà operativa di presa in carico (sia a carico di individui sia di comunità). Prevede almeno 1 medico e 1 infermiere ogni 100.000 abitanti.
Centrale operativa territoriale
Spazio, quindi alla Centrale operativa territoriale e alla Centrale operativa 116117. La prima rappresenta è un modello organizzativo che svolge una funzione di coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali: attività territoriali, sanitarie e sociosanitarie, ospedaliere e dialoga con la rete dell’emergenza-urgenza (standard: 1 Centrale Operativa Territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il distretto abbia un bacino di utenza maggiore).
Standard minimo di personale di 1 COT per 100.000 abitanti: 5 infermieri/infermieri di famiglia e comunità, 1 coordinatore. Sede del numero europeo armonizzato per le cure mediche non urgenti, la Centrale operativa 116117 offre invece un servizio telefonico gratuito alla popolazione attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 per tutte le prestazioni sanitarie e sociosanitarie a bassa intensità assistenziale (standard: almeno 1 Centrale operativa Nea 116117 ogni 1-2 milioni di abitanti o comunque a valenza regionale – se con popolazione inferiore allo standard –, incrementabile sulla base della numerosità della popolazione). La Centrale raccoglie le chiamate di uno o più distretti telefonici in funzione delle dimensioni dei distretti stessi e delle modalità organizzative delle Regioni/PA.
Assistenza domiciliare
Spazio rilevante all’Assistenza domiciliare, un servizio a valenza distrettuale finalizzato all’erogazione al domicilio di interventi caratterizzati da un livello di intensità e complessità assistenziale variabile nell’ambito di specifici percorsi di cura e di un piano personalizzato di assistenza (standard: 10% della popolazione over 65 da prendere in carico progressivamente) e all’Ospedale di Comunità, struttura sanitaria di ricovero breve che afferisce alla rete di offerta dell’Assistenza territoriale e svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, con la finalità di evitare ricoveri ospedalieri impropri o di favorire dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere di fabbisogni sociosanitari, di stabilizzazione clinica, di recupero funzionale e dell’autonomia e più prossimi al domicilio (standard: almeno 1 Ospedale di comunità dotato di 20 posti letto ogni 50.000 /100.000 abitanti; 0,4 posti letto per 1000 abitanti da attuarsi in modo progressivo secondo la programmazione regionale.
Standard minimo di personale per 1 Ospedale di comunità dotato di 20 posti letto: 9 infermieri, 6 operatori sociosanitari e un medico per almeno 4 ore al giorno 7 giorni su 7).
Cure palliative
Invece, la Rete delle cure palliative è costituita da servizi e strutture in grado di garantire la presa in carico globale dell’assistito e del suo nucleo familiare, in ambito ospedaliero, domiciliare e in hospice. I servizi della rete assicurano cure e assistenza a favore di persone affette da patologie ad andamento cronico, evolutivo e a prognosi infausta per le quali non esistono terapie o se esistono sono inadeguate o inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita (setting: 1 Servizio ospedaliero di medicina e cure palliative multiprofessionale 1 ogni 600.000 abitanti; 1 Unità di cure palliative domiciliari – Assistenza domiciliare cure palliative – ogni 100.000 abitanti;1 Hospice con almeno 10 posti letto ogni 100.000 abitanti).
Dalla rete delle cure palliative al Consultorio familiare, struttura aziendale a libero accesso e gratuita, deputata alla prevenzione, promozione della salute, consulenza e cura rivolte alla donna, al minore, alla famiglia in senso ampio, in linea con le evoluzioni sociali correnti e al contesto comunitario di riferimento dei predetti (setting: almeno 1 consultorio ogni 20.000 abitanti con la possibilità di 1 ogni 10.000 nelle aree interne e rurali. L’attività consultoriale può svolgersi all’interno delle Case della Comunità, privilegiando soluzioni logistiche che preservino la riservatezza).
Infine, il Dipartimento di prevenzione, che ha il compito di promuovere azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale, mediante iniziative coordinate con i distretti e con i dipartimenti dell'azienda sanitaria locale e delle aziende ospedaliere, prevedendo il coinvolgimento di operatori di diverse discipline. Standard massimo di popolazione per Dipartimento di prevenzione è 1:500.000 abitanti (necessario per mantenere efficienza organizzativa e conoscenza del territorio che ha identità, omogeneità culturale e socioeconomica imprescindibili nell’azione preventiva).