Quegli studenti infermieri tutti selfie e raccomandazioni
Sono uno studente di infermieristica, frequento la Politecnica delle Marche. Ho 30 anni suonati ed ho deciso di intraprendere questo percorso di studio all'età di 27 anni, perché prima, causa problemi economici in famiglia, né io né mia sorella abbiamo potuto beneficiare del supporto dei nostri genitori per le spese universitarie.
Oggi, per mantenermi gli studi, faccio il carpentiere in un cantiere navale.
Ho letto l’articolo-sfogo di Antonella e, seppure non condivida tutto di quello che ha affermato, mi ha fatto venire voglia di scrivere quello che io vedo quotidianamente nel mio percorso di studente infermiere.
Uno dei primi grandi paradossi che ho notato è il classismo, il percorso agevolato che hanno certi ragazzi solo perché sono “figli di”, “parenti di”, “amici di amici di” e, in qualche modo, sono legati ai professori.
Un’altra cosa che nel corso di questi tre anni mi ha veramente inorridito è stata la tendenza ad ingraziarsi i professori da parte di certe ragazze, attraverso moine e vestiario provocante.
Per non parlare poi di ragazze e ragazzi, imbellettati come fosse sabato sera, che si appoggiano con lo zoccolo al muro della corsia per scattarsi selfie ai quali allegano hashtag da far attorcigliare le budella.
Mi sono ritrovato fianco a fianco con ragazze che, in presenza dell’assistito, sbottavano: "che schifo questa puzza, io non ne posso più di questi vecchi"
O ancora: Vorrei solo trasferirmi in un’altra sede, perché almeno posso fare come mi pare, tanto i miei mi mantengono!
La cosa triste è che, purtroppo, tra tutti i miei compagni di corso, tutte le figure sopra descritte (e vi assicuro che non sono pochi, questi elementi) mi sono passate avanti come razzi ed ora stanno per laurearsi. Magari con lode.
Ma nella pratica del tirocinio, li ho visti: hanno difficoltà a reperire la pressione, perché magari sono troppo impegnati a stare con il telefono in mano, a chattare o a giocare a Candy Crush.
Mentre i campanelli impazziscono, il personale manca. E solo qualcuno corre come un pazzo per non far mancar nulla a nessuno.
È molto faticoso accettare di veder proseguire negli studi persone che non mettono l’impegno che una professione come quella dell’infermiere merita e richiede. Davvero molto faticoso.
Riesco a farmi forza con il pensiero in cui credo fermamente: ciò che conta è la salute dell’assistito.
Se teniamo d’occhio questo obiettivo, possiamo andare avanti. È puntando a questo che, nonostante le brutture, riesco a gridare: Viva l'assistenza sanitaria, viva il corpo infermieristico di “classe A”, quello che lo fa con passione e competenza. Viva chi mette il paziente al primo posto e si cura di lui in maniera olistica. Viva il personale medico e la collaborazione!
Davide, studente di Infermieristica