A chiederselo è Marco, studente di Infermieristica, che ha già avuto modo di aprire gli occhi su
. Ma nemmeno
lo hanno fatto desistere.
.
Mi sono chiesto più volte se volessi davvero diventare infermiere
Può esistere una professione più bella di quella che salvaguarda la vita di qualcuno?
“Infermiere” è una parola alla quale ho iniziato ad attribuire un significato solo poco tempo fa. Ci voleva una pandemia per spingermi a ricercarne il senso. È assurdo a pensarci bene: è una parola che conosco fin dalla tenera età. Mia madre ne è portatrice. Cavolo, detta così pare sia una malattia rara. Non è così, state tranquilli. Con queste ultime due parole - “malattia” e “rarità” - però “Infermiere” ha molto a che fare. Prima di spiegarvi il perché datemi un po’ di tempo per raccontarvi cosa vuol dire questa interessante e al tempo stesso nebulosa parola.
“Infermiere” deriva da “Infermo”, in latino “Infirmus”: l’etimologia dovrebbe farci da bussola per comprendere a sommi capi quale sia il ruolo dell’infermiere. Al centro del suo lavoro non vi è direttamente la malattia , intesa come fenomeno patologico da diagnosticare e curare, come invece è per il medico, ma vi è la persona che sta vivendo la malattia , con le sue emozioni, i suoi pensieri, la sua cultura, i suoi affetti, il suo passato, il suo presente e il suo futuro. Questo è il rapporto tra la parola “Malattia” e la parola “Infermiere”. Egli è una persona che si prende cura a 360°, con professionalità, di un’altra persona, sana o malata.
Può esistere una professione più bella di quella che salvaguarda la vita di qualcuno in questo modo?
Nell’ultimo anno mi sono chiesto più volte se volessi davvero studiare per diventare un infermiere come mia madre. Ripetutamente sono stato travolto da notizie e testimonianze riguardanti gli infermieri e la sanità: dalla situazione pandemica al riconoscimento economico che non arriva , le varie vicende di politica sanitaria, le violenze rivolte al personale sanitario, la scarsa considerazione nel dibattito pubblico e politico e i racconti degli attuali infermieri che nel loro comprensibile scoraggiamento sconsigliano ai giovani di percorrere la loro stessa strada professionale .
Tutte queste e molte altre criticità non si possono ignorare È doveroso chiedere alla politica un maggior riconoscimento della professionalità infermieristica proponendo in modo costruttivo soluzioni e iniziative per migliorare la condizione dei professionisti e del settore sanitario. Al tempo stesso bisogna lavorare per far sì che questa spinta innovativa si insinui nella società, attraverso le nostre idee e le nostre azioni, anche nei quotidiani contesti clinici.
L’infermiere acquista credibilità e riconoscimento agli occhi dei cittadini e della società innanzitutto per la professionalità che porta nei contesti in cui opera ogni giorno. Per attuare questo cambiamento forse c’è bisogno che il singolo infermiere lavori su ciò che è a sua misura ovvero la propria crescita e aggiornamento professionale, il miglioramento delle unità operative, strutture e servizi in cui esercita la sua professione e praticando la cittadinanza attiva. Dopotutto il miglior modo per lasciare tutto com’è, è lamentarsi.
Nonostante tutto ciò oggi ho scelto di trovarmi sulla cima del monte che si erge al di sopra della mia città d’origine, per partecipare alla giornata di presentazione del nuovo anno accademico del corso di Laurea di Infermieristica. Il referente del nostro corso di studi, il presidente dell’OPI della nostra provincia e i dirigenti medici e infermieristici dell’AULSS ci hanno accolti e ci hanno fatto i loro complimenti per una scelta da loro definita nobile e intraprendente, dato il momento storico e la situazione economico-sociale che stiamo vivendo.
Purtroppo, ho dovuto constatare che molti miei colleghi presenti in aula non avevano scelto infermieristica come prima e unica scelta: molti avevano avuto come obiettivo primario l’accesso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia e in seguito al fallimento di questa opzione si sono dovuti “accontentare” di Infermieristica. Io auguro a questi miei nuovi colleghi di riuscire a realizzare prima o poi il loro piano A, oppure di innamorarsi perdutamente dell’Infermieristica, in modo completamente inaspettato.
Non auguro invece loro di rimanere se non è ciò che vogliono più di ogni altra cosa: gli infermieri e la società hanno bisogno rispettivamente di colleghi e professionisti che hanno scelto questa strada “nonostante tutto ciò” e non "purtroppo a causa di”.
Abbiamo bisogno di persone che hanno scelto questa strada perché non si vedrebbero da nessuna altra parte, con nessun’altra divisa addosso, in nessun’altro contesto se non quello in cui opera un infermiere.
Perché “Professione” significa proprio la pubblica dichiarazione del proprio ruolo, della propria scelta di vita, del modo in cui si è scelto di concorrere al progresso materiale e spirituale del mondo in cui si vive. Scelta è la parola chiave e tutto ciò è raro da trovare. L’Infermiere, con la I maiuscola, è merce rara. Questo è il rapporto tra la parola “Rarità” e la parola “Infermiere”. Oggi è il primo dei miei mille giorni. Il primo in direzione di quel traguardo vivo, d'alloro, che non è altro che un nuovo inizio.