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Più le persone hanno paura di morire e più si aggrappano alla vita
Ingresso paziente in blocco operatorio
Voi lo sapete come si sente una persona prima di entrare in blocco operatorio ? Forse non lo so neanche io, nonostante abbia incrociato infiniti sguardi nel presala, io non lo so davvero cosa provano.
Non importa se parliamo di alta o bassa complessità chirurgica, non importa se il nostro paziente rientra nella fascia adulta o pediatrica, se l'intervento durerà diverse ore oppure pochi minuti. Paura, tanta paura. Paura di provare dolore una volta finito l’effetto dell’anestesia, paura di non ricordare nulla, del vuoto, o peggio, paura di non svegliarsi .
Quando si accetta di essere operati non si firma un semplice consenso, un banale pezzo di carta, ma qualcosa che mette il paziente al corrente del fatto che potrebbero esserci delle conseguenze, dei rischi e delle complicanze. Molte operazioni richiedono coraggio ed è nostro compito fare il possibile per rendere il tutto meno traumatico. A volte basta poco, un tocco o una carezza, altre volte invece bisogna impegnarsi più.
Quando porgiamo la nostra mano e questa viene afferrata al volo siamo di fronte ad un estraneo che non sa nulla di noi, ma in quel momento siamo l’unica cosa che ha .
Spendiamole due parole di conforto, che a noi non costano nulla, ma per loro fanno la differenza. Guardiamoli negli occhi mentre ci parlano, mentre si aprono a noi confidandoci i loro timori
Questo non cambierà l’esito delle procedure, è vero, però farà sentire il nostro paziente più a suo agio ed è questo che conta in determinate circostanze. Un paziente che ha paura, ma sa di poter contare sulle persone che in quel momento gli girano attorno.
Questa penso sia una delle tante difficoltà della professione: saperci essere , nonostante i ritmi frenetici, nonostante gli orari massacranti e le innumerevoli cose da fare e finire prima che arrivi il collega del prossimo turno.
Come può sentirsi una persona dopo aver saputo dal proprio chirurgo che l’operazione in questione non è delle più semplici? Nel sentirsi dire che il post operatorio non sarà facile o, peggio, una persona che si sente dire da un professionista sanitario che c’è la possibilità che l’operazione possa non andare a buon fine? Numerosi pazienti sanno che entreranno in blocco, ma non sanno come ne usciranno.
E la domanda che mi rimbomba nella testa è solo questa: ma loro come si sentono? Durante il mio tirocinio in Recovery Room ho fatto un errore, dopo aver accettato un paziente operato per un’ipoacusia acuta mi sono limitata a chiedergli se avesse dolore, non ho pensato a nient’altro, fino a quando non l’ho dimesso e con voce tremolante mi ha domandato: Signorina, ma lei per caso sta urlando? .
No, non stavo urlando. I suoi occhi si sono gonfiati di lacrime e con un tono un po’ strozzato ha esclamato di essere felice. Erano tre anni che non sentiva bene.
Una mattina affiancando l’anestesista durante il posizionamento di un centrale , ho dato la mano al paziente pensando non potesse percepire il mio tocco per via dell’induzione, fino a quando non ho dovuto mollare la presa per recuperare del materiale, ma lui ha stretto più forte e non mi ha lasciata andare facilmente. Più le persone hanno paura di morire, e più si aggrappano alla vita, e lo fanno in questo modo, stringendoti la mano.
Ed ogni stretta di mano, per me, è sempre una stretta in più al cuore.
Nicole Naccarato , Studentessa infermiera