TBE o meningoencefalite da zecche

Scritto il 09/06/2025
da Redazione

È una malattia virale del sistema nervoso centrale, trasmessa principalmente tramite la puntura di zecche infette. Endemica in diverse aree dell’Europa centrale, orientale e del Nord, sta acquisendo crescente rilevanza anche in Italia a causa dei cambiamenti climatici e ambientali che ne ampliano l’area di diffusione.

Che cos’è la TBE e come si trasmette?

zecca

La TBE viene trasmessa principalmente attraverso la puntura di zecche infette.

La TBE è provocata da un virus appartenente al genere Flavivirus, la stessa famiglia virale della febbre gialla, del virus Dengue e del virus Zika. Una volta penetrato nell’organismo, il virus può raggiungere il sistema nervoso centrale, determinando un’infiammazione che può colpire le meningi (meningite), il parenchima cerebrale (encefalite), oppure entrambi (meningoencefalite).

Il principale vettore di trasmissione è la zecca Ixodes ricinus, comunemente presente nei boschi, nei pascoli, nelle zone rurali e nelle aree collinari con vegetazione fitta.

L’infezione si contrae generalmente in seguito alla puntura di una zecca infetta, più frequente nei mesi primaverili ed estivi, quando l’attività del parassita è massima. Sebbene molto meno comune, è documentata anche una possibile trasmissione alimentare attraverso il consumo di latte crudo o derivati non pastorizzati provenienti da animali infetti, in particolare capre.

Dove è più diffusa la TBE?

La TBE rappresenta una malattia emergente in continua espansione geografica, con oltre 10.000 casi segnalati annualmente in Europa. I Paesi più colpiti includono Austria, Repubblica Ceca, Germania, Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia e Slovacchia, dove la vaccinazione è già raccomandata o obbligatoria per le popolazioni a rischio. Anche la Russia registra un’elevata incidenza, in particolare nelle regioni della Siberia e degli Urali.

A livello globale, la TBE è presente in alcune aree dell’Asia centrale e orientale, inclusi Kazakhstan, Mongolia, Cina e Giappone, dove circolano varianti virali differenti (sottotipi europeo, siberiano e dell’Estremo Oriente).

In Italia, la TBE è considerata endemica in specifiche aree montane e prealpine, soprattutto:

  • nel Trentino-Alto Adige
  • nel Friuli-Venezia Giulia
  • nel Veneto

A partire dal 2020, tuttavia, sono stati segnalati casi autoctoni anche in Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana, indicando una possibile estensione verso sud dell’area di rischio, probabilmente correlata ai cambiamenti climatici, alla mobilità della fauna selvatica (come cervi e roditori) e all’aumento delle attività ricreative all’aperto.

Questa evoluzione epidemiologica impone un rafforzamento della sorveglianza territoriale, della formazione dei professionisti sanitari e della comunicazione preventiva alla popolazione, soprattutto durante i mesi primaverili ed estivi.

Diagnosi e trattamento

La diagnosi della TBE si basa su una combinazione di criteri clinici, epidemiologici e laboratoristici. Un'anamnesi accurata, con particolare attenzione alla frequenza recente di aree endemiche o all'esposizione a punture di zecche, rappresenta un primo elemento orientativo. Il sospetto clinico si rafforza in presenza di sintomi neurologici dopo una fase febbrile, soprattutto nei mesi primaverili ed estivi.

La conferma diagnostica si ottiene mediante esami sierologici, con la rilevazione nel siero o nel liquor di anticorpi IgM e IgG specifici contro il virus della TBE (TBEV). Le IgM compaiono precocemente e indicano infezione in fase acuta, mentre le IgG persistono più a lungo e suggeriscono un’infezione pregressa o una risposta immunitaria post-vaccinazione.

Attualmente non esiste una terapia antivirale specifica per la TBE. Il trattamento è esclusivamente sintomatico e di supporto, e nei casi moderati o severi può richiedere il ricovero ospedaliero, con monitoraggio delle funzioni vitali, gestione del dolore, idratazione, supporto respiratorio e, nei casi gravi, terapia intensiva.

Per questi motivi, la prevenzione resta l’unica arma realmente efficace: in particolare, la vaccinazione preventiva rappresenta la strategia più sicura e raccomandata per ridurre l'incidenza della malattia, soprattutto nei soggetti esposti per motivi professionali o ricreativi.

Conclusione

La meningoencefalite da zecche è una patologia virale potenzialmente grave ma largamente prevenibile. Alla luce dell'espansione geografica e climatica dei vettori, diventa sempre più urgente promuovere una cultura della prevenzione che coinvolga sia la popolazione generale sia i professionisti sanitari.

Informare, vaccinare e adottare comportamenti protettivi non è solo una misura individuale, ma rappresenta un atto di responsabilità collettiva per tutelare la salute pubblica. In questo scenario, il ruolo degli operatori sanitari è cruciale nel riconoscere precocemente i casi, educare i cittadini e indirizzare correttamente alla profilassi vaccinale.