Violenza strutturale: quasi 1 donna su 3 colpita
Quasi una donna su tre subisce violenza fisica o sessuale, ma solo una minoranza dei Paesi europei offre i servizi essenziali che l’Oms considera salvavita.
La violenza contro donne e ragazze resta una delle più gravi emergenze di salute pubblica, ma anche una delle meno affrontate in modo sistemico.
Secondo il nuovo report Oms “Care, courage, change: health sector leadership in ending violence against women and girls”, presentato a Madrid, il 28,6% delle donne dai 15 anni in su ha subito nella vita violenza fisica e/o sessuale.
Nonostante questa prevalenza elevatissima, i sistemi sanitari europei non garantiscono un’assistenza adeguata, coordinata e accessibile. La maggior parte dei Paesi non ha implementato neppure il pacchetto minimo di servizi raccomandato dall’Oms.
Obbligo di denuncia senza consenso
Tra gli aspetti più critici evidenziati dal report Oms c’è l’obbligo, presente in quasi un terzo dei Paesi europei, di segnalare alle forze dell’ordine i casi di violenza domestica anche quando la donna adulta non acconsente.
Si tratta di una pratica che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce esplicitamente dannosa. L’obbligo di denuncia, infatti, compromette la riservatezza del percorso di cura e viola il diritto all’autodeterminazione delle sopravvissute, che dovrebbero poter decidere in autonomia se, quando e come rivolgersi alle autorità.
Il report sottolinea che questa imposizione, lungi dal favorire la protezione, può mettere ulteriormente a rischio la sicurezza della donna, esponendola a possibili ritorsioni e intensificando la paura di conseguenze imprevedibili.
Ma la criticità forse più grave è un’altra: l’obbligo di denuncia non consensuale allontana molte donne dai servizi sanitari, scoraggiandole dall’accedere a cure e supporto psicologico per timore che il loro racconto venga automaticamente trasmesso alle autorità.
In questo modo, la norma finisce per ottenere l’effetto opposto rispetto a quello dichiarato: invece di proteggere, crea un ostacolo significativo proprio nel momento in cui la vittima tenta di chiedere aiuto.
Implementare servizi essenziali e rimuovere le barriere punitive
Nel rapporto Oms Europa afferma con chiarezza che i governi non possono più limitarsi a dichiarazioni d’intenti: servono misure concrete, coordinate e immediatamente applicabili.
Le tre priorità indicate nel documento non sono semplici raccomandazioni tecniche, ma veri e propri punti di svolta per colmare il divario tra ciò che gli Stati affermano di voler fare e ciò che effettivamente le donne trovano quando chiedono aiuto.
- Recepire e rendere vincolante il pacchetto minimo di servizi sanitari, compresi aborto sicuro e interventi post-stupro.
- Eliminare leggi e pratiche che obbligano alla denuncia senza consenso, perché dissuadono le donne dal rivolgersi ai servizi.
- Investire nella reale implementazione delle politiche già esistenti, dotando ospedali e servizi territoriali di risorse, protocolli e personale adeguato.
Il report analizza 241 politiche di 53 Paesi europei, mostrando una distanza significativa tra dichiarazioni formali e applicazione concreta.
Mettere davvero le sopravvissute al centro
Nel documento viene ribadito che la prima risposta del sistema sanitario può cambiare la traiettoria di vita di una donna. Una cura che rispetta autonomia, sicurezza e dignità rappresenta il fondamento di un percorso di guarigione.
Al contrario, politiche punitive o servizi inaccessibili possono aggravare il trauma e scoraggiare la ricerca di aiuto.
Il messaggio del rapporto è netto: gli Stati devono mostrare coraggio nelle scelte politiche, cura nell’assistenza e capacità di cambiamento per costruire sistemi sanitari realmente “survivor-centred”.

