Nel contesto territoriale, dove avviene la maggior parte delle prescrizioni antibiotiche, l’infermiere di famiglia e di comunità può fare la differenza. È un punto di contatto quotidiano tra sistema sanitario, pazienti e famiglie; un professionista che ascolta, osserva e accompagna. Il suo ruolo nella prevenzione della resistenza antimicrobica è oggi riconosciuto a livello internazionale, tanto che i programmi di Antimicrobial Stewardship (AMS) lo considerano un attore chiave, accanto al medico e al farmacista.
Antibiotici: una risorsa da proteggere
La resistenza antimicrobica nel contesto territoriale
La diffusione della resistenza è strettamente legata all’uso scorretto degli antibiotici. Le infezioni virali, ad esempio, non richiedono terapia antibiotica, ma la pressione dei pazienti e la convinzione che “un antibiotico faccia sempre bene” portano spesso a prescrizioni non necessarie. Secondo una revisione pubblicata su Frontiers in Antibiotics, oltre l’80% del consumo totale di antibiotici avviene al di fuori degli ospedali, soprattutto in assistenza primaria. Ciò significa che il territorio è il primo fronte della stewardship, e che le azioni di sensibilizzazione e monitoraggio devono partire da lì.
I programmi di AMS, nati in ambito ospedaliero per ottimizzare l’uso degli antimicrobici e ridurre resistenze e costi, stanno oggi trovando applicazione anche nelle cure primarie. Modelli europei e australiani mostrano che interventi educativi mirati, audit prescrittivi e feedback agli operatori possono ridurre in modo significativo il consumo di antibiotici, senza compromettere gli esiti clinici.
L’infermiere come sentinella della stewardship
Accanto alla funzione educativa, l’infermiere svolge una vera e propria azione di sorveglianza. Nel territorio può monitorare l’aderenza alla terapia antibiotica, verificare che il ciclo sia completato, individuare automedicazioni o residui di farmaco, segnalare al medico di medicina generale eventuali prescrizioni ripetute o trattamenti non efficaci. Può inoltre contribuire alla raccolta di dati per audit locali sull’uso degli antibiotici e partecipare alla costruzione di percorsi condivisi, basati su linee guida e indicatori misurabili.
Questa dimensione di sentinella clinica, già riconosciuta nei programmi AMS ospedalieri, trova nel territorio un potenziale ancora poco espresso, ma cruciale per la sanità pubblica. La stretta collaborazione con medici, farmacisti e microbiologi permette di costruire una rete capace di prevenire abusi e migliorare l’efficacia terapeutica.
Formazione e responsabilità professionale
Perché l’infermiere possa agire efficacemente in questo ambito, servono conoscenze specifiche e una visione integrata del problema. Nei corsi di laurea e nella formazione continua dovrebbero trovare spazio moduli dedicati alla farmacologia degli antibiotici, ai meccanismi di resistenza, ai principi dell’AMS e alle strategie comunicative per la gestione della domanda di antibiotici da parte dei pazienti. Anche la ricerca infermieristica può contribuire, identificando indicatori nursing-sensitive utili a misurare l’impatto educativo e clinico dell’intervento territoriale.
Una recente revisione su Nursing Reports ha messo in evidenza le principali barriere al coinvolgimento infermieristico nei programmi di stewardship: mancanza di tempo, ambiguità di ruolo, scarsa visibilità del contributo infermieristico e limitata formazione specifica. Ma ha anche individuato i fattori che ne potenziano l’efficacia: definizione chiara delle responsabilità, supporto organizzativo, partecipazione interprofessionale e riconoscimento del valore educativo del nursing.
La stewardship non è solo una politica sanitaria: è una cultura della responsabilità. Nel territorio, dove si costruisce quotidianamente la fiducia tra operatore e cittadino, l’infermiere di comunità rappresenta la figura ponte tra scienza e consapevolezza. Educare, informare e vigilare rappresentano oggi tre dimensioni fondamentali della pratica infermieristica, che integra responsabilità educativa e attenzione alla salute pubblica.
Promuovere l’uso appropriato degli antibiotici significa contribuire in modo concreto alla tutela dell’efficacia terapeutica e alla sicurezza delle cure. In questo percorso, l’infermiere di famiglia e comunità svolge un ruolo strategico nella prevenzione della resistenza antimicrobica e nel supporto alla continuità assistenziale nel territorio.

