è un fenomeno complesso dove fattori biologici, psicosociali e socioculturali sono fortemente interconnessi. Per misurarne l'intensità si ricorre alla somministrazione di scale di valutazione dell'intensità del dolore, mentre per il trattamento si fa uso di terapie farmacologiche e di tipo cognitivo comportamentale. In alcuni casi specifici l'OSS può eseguire trattamenti non farmacologici come ad esempio l'insegnamento di
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Che cos’è il dolore e quali meccanismi lo regolano Tecniche di rilassamento muscolare progressivo
Il dolore è una sensazione spiacevole, angosciante, talvolta opprimente. Si insinua nella nostra esistenza e la stravolge, condiziona le nostre azioni e modifica le nostre emozioni. Ci rattrista, ci incupisce, ci deforma. Eppure, se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo.
Già, perché la percezione del dolore è un meccanismo di difesa , una sentinella, un campanello d'allarme al quale prontamente l'organismo risponde, mettendo in atto tutta una serie di misure protettive.
In una condizione fisiologica e di equilibrio, la reazione sarà puntuale e risolutiva, essendo l'organismo perfettamente in grado di controllare i processi biochimici, di attivazione e disattivazione, alla base della comunicazione neuronale; in una situazione patologica, al contrario, laddove i segnali non fossero trasmessi in maniera corretta o fossero male interpretati, la risposta sarebbe alterata, abnorme o insufficiente.
Le cellule neuronali comunicano tra di loro o con altre cellule attraverso le sinapsi, fessure microscopiche altamente specializzate. Quando i recettori sensoriali captano lo stimolo dolorifico e lo diffondono, il punto della membrana cellulare in cui arriva il segnale diventa permeabile agli ioni sodio; questi penetrano nella cellula e obbligano gli ioni potassio a fuoriuscire.
Si genera perciò un'inversione di cariche elettriche, la cui alternanza crea un'onda che trasporta l'impulso elettrico fino all'estremità dell'assone, al terminale presinaptico. Qui vengono attivati canali per il passaggio di ioni calcio e una volta entrati provocano il rilascio di neurotrasmettitori, già precedentemente sintetizzati e immagazzinati in vescicole ancorate alla membrana.
I neurotrasmettitori si riversano nella sinapsi e con alta selettività vanno a legarsi ai recettori presenti sulla cellula contigua, attivandoli. Sono centinaia le sostanze che agiscono come neurotrasmettitori e a seconda dei casi possono avere influenze attivatrici o inibitrici, ma la loro vita è davvero brevissima, infinitesimale, giusto il tempo di trasmettere il segnale, che già vengono degradati da enzimi specifici o ricaptati dalle terminazioni presinaptiche.
Sotto il profilo chimico-fisico, dunque, il dolore può essere spiegato sostanzialmente come il risultato di una serie di passaggi, di relazioni e di interazioni, in risposta ad uno stimolo dolorifico .
Il dolore non è solo una questione di chimica Il dolore però non è solo una questione di chimica. Coinvolge anche la sfera emozionale , con tutto il suo bagaglio di suggestioni, di implicazioni e di condizionamenti culturali, ambientali, sociali ed emotivi, che ne influenzano l'esteriorizzazione.
Ognuno di noi sente il dolore e lo comunica in un modo completamente diverso rispetto ad un altro; ognuno di noi lo rappresenta secondo un proprio schema mentale. La gestione del dolore , quindi, sarebbe molto complicata e inefficace se non si realizzasse attraverso un approccio multidimensionale e multiprofessionale, con cui valutare la situazione nella sua globalità, determinare l'entità, definire gli interventi appropriati e standardizzare le procedure.
Il dolore rientra tra i parametri vitali insieme alla temperatura corporea , alla pressione arteriosa , alla frequenza cardiaca e alla frequenza respiratoria. Come tutti i parametri vitali deve essere attentamente e costantemente monitorato e non deve essere sottovalutato né minimizzato.
Per misurarne l'intensità si ricorre alla somministrazione di scale di valutazione dell'intensità del dolore ; mentre per il trattamento si fa uso di terapie farmacologiche e di tipo cognitivo comportamentale; in alcuni casi specifici l'OSS può eseguire trattamenti non farmacologici come ad esempio l'insegnamento di tecniche di rilassamento muscolare progressivo , oppure può praticare un massaggio.
Rilassamento muscolare progressivo Il rilassamento muscolare progressivo parte innanzitutto da una respirazione diaframmatica lenta e profonda, utile a far riposare la mente e a favorire il rilassamento del corpo; quindi, prosegue con esercizi di contrazione e distensione, che aiutano ad allentare la tensione muscolare.
Si inspira profondamente prima di contrarre i muscoli, si trattiene il respiro durante la contrazione e si espira lentamente durante la distensione. Bisogna effettuare gli esercizi più volte, dapprima contraendo i muscoli in maniera energica e man mano esercitando una tensione minore.
Si può iniziare dalla testa , ad esempio chiudendo gli occhi, inarcando le sopracciglia e corrugando la fronte; si può continuare poi lungo il corpo, sollevando le spalle, stringendo i pugni e contraendo i muscoli delle braccia; quindi seguitare lavorando sui muscoli addominali e delle natiche; e infine arrivare a flettere i piedi mantenendo in tensione i muscoli delle cosce e quelli del polpaccio.
Il massaggio, invece, può essere eseguito su alcune parti del corpo, soprattutto alla schiena, partendo dal centro, quindi su entrambe le scapole e fino al fondo della schiena, esercitando una pressione leggera, costante e continua con movimenti circolari.
La stimolazione cutanea permette di attivare il sistema delle endorfine , neurotrasmettitori di natura peptidica, che legandosi ai recettori oppioidi, svolgono un ruolo centrale nel controllo del dolore e nella sua percezione, con meccanismi di azione molto simili a quelli della morfina, da cui prendono il nome.
Altre sostanze, gli endocannabinoidi - così chiamati per il fatto che attivano i recettori cannabinoidi - vengono prodotte dal nostro organismo per contenere un danno neuropatico. Queste sostanze differiscono dalle endorfine, per la loro natura lipidica e per il fatto che non vengono immagazzinate nelle vescicole presinaptiche, ma sintetizzate on demand.
La PEA (palmitoiletanolamide), in particolare, interviene nei processi infiammatori come modulatore dell'infiammazione. Inibisce la produzione e il rilascio di sostanze pro-infiammatorie, riducendo l'edema, la compressione sul nervo e di conseguenza il dolore nell'area infiammata. Chimicamente deriva dall'acido palmitico ed è presente in molti alimenti della nostra dieta abituale, ad esempio nei pomodori, nella soia, nelle arachidi e soprattutto nelle uova.
I suoi effetti neuroprotettivi, sia a livello centrale che periferico, sono stati evidenziati in diverse ricerche scientifiche. Partendo proprio da questo assunto, alcuni studiosi del Dipartimento di Scienze e Biotecnologie dell'Università di Ferrara hanno ipotizzato che la PEA possa avere un ruolo significativo anche nella cura di patologie neurodegenerative e attualmente la stanno sperimentando, in forma sintetica ultramicronizzata, nella malattia di Alzheimer .
Articolo a cura di Antonella Di Noia - OSS