Umanizzare la medicina per cambiare la sanità
Dopo i saluti di rito delle autorità locali, l’introduzione di Lucia Di Lorenzo, amministratore unico della Casa di Cura Di Lorenzo, e successivamente alla presentazione del responsabile scientifico Alessandro Franceschini e della moderatrice Stella Carella, dell’Università Europea di Roma, la giornata formativa si è aperta con Sandro Spinsanti, fondatore e direttore dell’istituto Giano di Roma, il quale ha subito posto un quesito: Preferireste farvi curare da un medico buono oppure da un buon medico?
. Alla domanda ha fatto seguito un suo aneddoto: un giorno, ad un ristorante napoletano, il cuoco si presenta ai suoi ospiti con un grembiule sul quale è scritto: Sono ‘o meglio cuoco, perché cucino con il cuore
. Cucinare con il cuore non è tanto garanzia di qualità. Il fatto che una persona svolga una professione sanitaria con il cuore (atteggiamento filantropico), non dà una garanzia di buone cure. Alexandre Dumas scriveva: Il buon chirurgo opera con le mani, non con il cuore
.
Da questi presupposti emerge una limitazione molto rilevante di ciò che non può essere la medicina: essa non è uguale alla cura; la cura è più grande. La medicina rappresenta una parte della cura. Il sapere necessario per fare cura è molto più ampio rispetto alla dimensione medicina. A tal proposito Spinsanti ha ricordato un progetto realizzato dieci anni fa: il 7 settembre 2007, a cura dell’allora ministro della Salute Livia Turco, venne costituita la Consulta dei medici ammalati, con l’obiettivo di umanizzare la medicina e cambiare la sanità.
Senza dubbio quella consulta, del tutto singolare, ha aperto e rafforzato il panorama delle Medical Humanities. Tuttavia, oggi, per poter applicare al meglio tale approccio abbiamo bisogno di alcuni ingredienti imprescindibili:
- professionisti sanitari e cittadini diversi;
- formazione;
- saperi antropologici;
- sensibilità.
E proprio in funzione del concetto di sensibilità e formazione, il direttore dell’istituto Giano ha ricordato un episodio accaduto qualche tempo fa al parlamento tedesco, Bundestag. Era in discussione una legge sulla prescrizione e implementazione delle cure palliative fatta esclusivamente da medici specialisti oppure da parte di tutti i medici. A questa seconda proposta espressero la loro contrarietà le università: prende la parola Giandomenico Borasio, medico specialista in cure palliative laureato a Monaco e docente in una università tedesca. Onorevoli membri della commissione sono anni che permettete che il 90% dei medici tedeschi si formi senza ricevere studi sulle cure palliative. Così farete in modo che nella vostra vecchiaia sarete voi stessi curati da quel 90% di medici non specialisti con la certezza di soffrire di più
. Ora tutti i medici hanno un modulo formativo incentrato sulle cure palliative.
Simona Gasparetti, filosofa e formatrice dell’Università Roma Tre, ha indagato il tema dell’alleanza terapeutica, sottolineando come la narrazione sia necessaria nel percorso di cura.
È stata la volta poi di Fabrizio Consorti, docente alla Sapienza, chirurgo del Policlinico Umberto I di Roma e presidente della Società italiana di pedagogia medica, il quale si è intrattenuto sull’integrazione della medicina basata sulle prove di efficacia, Ebm ed Ebn, con quella basata sulla narrazione, Nbm, Narrative based medicine, metodologia di intervento clinico assistenziale basato su specifica competenza comunicativa. Nel suo intervento, Consorti ha definito la competenza comunicativa narrativa come un sottoinsieme della più generale competenza comunicativa.
In tema di progetti di buone prassi per la dignità della cura una testimonianza è giunta dalla dottoressa Nicoletta Suter, la quale ha aggiunto spunti importanti sul tema del “prendersi cura di chi cura”. Al Centro oncologico di Aviano, la parola chiave è dignità della cura. Attraverso la narrazione interpretiamo noi stessi; la narrazione è fondamentale per comprendere il vissuto della persona (malato), ci aiuta ad accogliere l’altro. La narrazione diventa quindi una strategia di cura, un vero e proprio intervento clinico assistenziale; attraverso l’attenzione, l’interesse, la sollecitudine, la preoccupazione per l’altro siamo in grado di restituire la dignità ai sofferenti e anche ai curanti.
La sessione pomeridiana della giornata formativa è proceduta attraverso tre laboratori condotti rispettivamente da Vincenza Ferrara, arte figurativa e medicina, Simona Gasparetti, letteratura e medicina, Francesca Fava, teatro e medicina.
A conclusione della giornata Franceschini e Di Lorenzo hanno presentato il progetto/concorso Fragmentae Curae: raccontare le storie e le esperienze di malattia in luoghi di cura attraverso l’arte. Promuovere la narrazione dei vissuti di malattia e di cura attraverso l’arte figurativa (pittura e fotografia) e la scrittura (prosa e poesia), proprio per ristabilire quella fiducia tra paziente e operatore sanitario, alchimia fondamentale anche ai fini dell’efficacia delle terapie.
Le opere così prodotte saranno esposte e integrate nella struttura della Casa di Cura Di Lorenzo, non solo come decorazione degli spazi, ma come intervento funzionale di interpretazione del luogo di cura da parte degli autori. In questo modo la scienza medica si personalizza già a partire dallo spazio che abita, così abbellito e impreziosito.