Soldi per mazzette, hotel ed escort: le condanne per gli ex vertici Enpapi
L'articolato sistema corruttivo messo in piedi dai vertici dell'ente era fatto di tangenti mascherate da consulenze, biglietti per andare a vedere la finale di Champions League (Juventus-Barcellona del 6 giugno 2015), compravendite illecite di immobili e un giro di prostituzione.
E ancora: cene, viaggi, ricche consulenze. Il tutto sottraendo alle casse dell'ente 40 milioni di euro, denaro solo in minima parte restituito, utilizzato a fini personali e di corruzione. Inoltre i vertici della cassa previdenziale hanno compiuto, secondo l’accusa, una serie di investimenti finanziari e operazioni immobiliari al solo fine dell'arricchimento personale
, utilizzando però i soldi dei lavoratori dei quali avrebbero dovuto tutelare gli interessi.
I finanzieri del Nucleo di polizia valutaria, dopo una segnalazione della Banca d’Italia, nel 2019 portarono alla luce quello che il gip Elvira Tamburelli ha riassunto nel totale disinteresse rispetto all’ente e al suo patrimonio, anche a danno di migliaia di lavoratori iscritti all’istituto previdenziale
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Sottolineando l’avidità mostrata da Schiavon - l'allora presidente Enpapi, che ha patteggiato la pena - al pari dei privati corruttori, nel perseguire e realizzare operazioni finanziarie anche pregiudizievoli per l’Enpapi; il ricorso sistematico a operazioni finanziarie assai complesse e di difficile ricostruzione e a ogni meccanismo utile a schermare le loro persone; le plurime condotte di inquinamento probatorio
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Partito dal tribunale di Milano, il procedimento ha avuto seguito poi anche in coordinamento con la magistratura capitolina e dopo anni di indagini è arrivata in data 7 marzo 2023 la sentenza di primo grado che vede comminare all’allora direttore generale Marco Bernardini 8 anni di carcere, al legale P. G. 4 anni e 7 anni e 6 mesi al consulente finanziario lucano Giovanni Conte, per un episodio relativo alla compravendita di un immobile.
Indagato inizialmente per ostacolo all’esercizio delle funzioni dell’autorità di vigilanza nelle vesti di direttore generale vicario, è stato invece assolto per non aver commesso il fatto il legale Luca Di Fazio.