Ricerca oncologica: report OMS su disuguaglianze e criticità globali

Scritto il 01/10/2025
da Chiara Sideri

Una recente Review pubblicata su Nature Medicine ripercorre l’assetto mondiale degli studi clinici in oncologia registrati nella piattaforma ICTRP dell’OMS tra il 1999 e il 2022, evidenziando che la ricerca clinica sul cancro resta fortemente sbilanciata verso i paesi ad alto reddito e verso le terapie farmacologiche.
Questo lavoro solleva questioni essenziali sul ruolo di equità nella ricerca, sull’adeguatezza delle risposte ai bisogni reali di salute e sulla sostenibilità del sistema della ricerca, tematiche di grande rilievo per professionisti sanitari, decisori e operatori sul campo.

Dati chiave e principali disuguaglianze

infermiera chemio

Su un totale di 112.899 studi oncologici registrati nell’ICTRP, 89.069 sono stati classificati come trial interventistici ed inclusi nell’analisi. La distribuzione geografica evidenzia un forte squilibrio: circa sette studi su dieci si svolgono nei paesi ad alto reddito (HIC), mentre le nazioni a basso reddito restano sostanzialmente escluse dalla ricerca clinica internazionale. Nei LIC, infatti, si contano soltanto 21 trial attivi, equivalenti a 0,15 studi ogni 100mila casi prevalenti e a 0,43 ogni 100mila decessi oncologici, con un divario superiore alle cento volte rispetto ai paesi più avanzati.

A questa asimmetria si aggiunge una scarsa propensione alla collaborazione internazionale: soltanto il 3% dei trial in reclutamento è di tipo multinazionale, un dato che riflette la presenza di barriere operative, regolatorie e infrastrutturali alla cooperazione tra sistemi sanitari. Anche il portfolio della ricerca appare sbilanciato, con una netta prevalenza dei trial farmacologici (61%), a fronte di un ruolo marginale riservato ad altre aree come chirurgia, radioterapia, diagnostica e cure palliative, che complessivamente non superano il 10%.

La mancata rappresentatività si riscontra anche sul piano epidemiologico. Tumori ad alta mortalità nei paesi a medio e basso reddito, come quelli del fegato, dello stomaco, del pancreas e della cervice uterina, risultano sottostudiati, nonostante il loro impatto significativo sulla salute pubblica. Infine, emergono squilibri legati all’età dei partecipanti: solo il 3,3% dei trial prevede il coinvolgimento di bambini sotto i 14 anni e meno di un terzo (28%) specifica l’inclusione di persone con più di 60 anni, ovvero la fascia maggiormente colpita dalla malattia oncologica.

Le implicazioni per il sistema sanitario e per i professionisti

Per chi opera nella sanità queste evidenze stimolano riflessioni concrete:

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Disequità nell’accesso alle sperimentazioni avanzateNei paesi e nelle aree con risorse limitate, i pazienti rischiano di non avere accesso a trial di frontiera, con implicazioni dirette sull’innovazione terapeutica e sul diritto alle cure migliori.
Rilevanza del contesto locale nella ricercaLe scelte progettuali devono essere allineate con il carico reale delle malattie nel territorio. Non è accettabile che patologie prevalenti in paesi a risorse limitate vengano ignorate.
Necessità di collaborazioni internazionali più forti e sostenibiliIncentivare consorzi multicentrici che includano paesi in via di sviluppo è fondamentale per garantire generalizzabilità, qualità metodologica e sostenibilità.
Bilanciare il portafoglio di ricercaNon si può concentrare la maggior parte delle risorse solo sui farmaci: le discipline complementari (diagnostica, radioterapia, chirurgia, cure di supporto) vanno integrate nei programmi di ricerca.
Formazione, infrastrutture e governancePaesi con capacità regolatorie, comitati etici, infrastrutture di ricerca deboli sono penalizzati. Occorre investire in formazione di ricercatori, coordinatori, monitor e rafforzare le strutture amministrative.

Lo scenario italiano

In Italia, pur operando in un contesto europeo avanzato, non possiamo dare per scontato che l’equilibrio tra innovazione e accessibilità sia realizzato. Alcuni spunti:

  • Promuovere la partecipazione italiana in trial multicentrici globali, favorendo collaborazioni che comprendano paesi con minori risorse
  • Inserire nella ricerca oncologica italiana temi spesso trascurati (diagnostica avanzata, radioterapia innovativa, cure palliative) e valorizzare studi su target più trasversali
  • Aprire alle professioni sanitarie (infermieri, tecnici, operatori di supporto) un ruolo attivo nei trial clinici: non solo come esecutori, ma come co-progettisti e monitor del paziente, per migliorare la qualità della raccolta dati, la compliance e l’umanizzazione delle sperimentazioni
  • Incentivare programmi formativi dedicati a operatori sanitari interessati alla ricerca clinica, con moduli su metodologia, regolatorio, buone pratiche di sperimentazione
  • Sensibilizzare stakeholders e decisori (governi, fondazioni, agenzie di finanziamento) sull’importanza di allineare gli investimenti di ricerca al carico reale delle malattie nel contesto nazionale e globale


Lo studio “The WHO global landscape of cancer clinical trials” pubblicato su Nature Medicine costituisce un campanello d’allarme per la comunità scientifica: non basta incrementare il numero di trial, se questi non sono distribuiti equamente, né rappresentativi dei bisogni reali.

È necessario orientare la ricerca verso una maggiore equità, rafforzare la partecipazione a livello nazionale e garantire che le sperimentazioni cliniche rispecchino i reali bisogni dei pazienti. Solo attraverso un impegno condiviso tra professionisti, istituzioni e comunità scientifica sarà possibile costruire un ecosistema della ricerca oncologica capace di coniugare innovazione e inclusione, rendendo l’accesso ai progressi terapeutici un diritto universale e non un privilegio geografico.