Dati chiave e principali disuguaglianze
infermiera posiziona flebo chemioterapia
Su un totale di 112.899 studi oncologici registrati nell’ICTRP, 89.069 sono stati classificati come trial interventistici ed inclusi nell’analisi. La distribuzione geografica evidenzia un forte squilibrio: circa sette studi su dieci si svolgono nei paesi ad alto reddito (HIC), mentre le nazioni a basso reddito restano sostanzialmente escluse dalla ricerca clinica internazionale. Nei LIC, infatti, si contano soltanto 21 trial attivi, equivalenti a 0,15 studi ogni 100mila casi prevalenti e a 0,43 ogni 100mila decessi oncologici, con un divario superiore alle cento volte rispetto ai paesi più avanzati.
A questa asimmetria si aggiunge una scarsa propensione alla collaborazione internazionale: soltanto il 3% dei trial in reclutamento è di tipo multinazionale, un dato che riflette la presenza di barriere operative, regolatorie e infrastrutturali alla cooperazione tra sistemi sanitari. Anche il portfolio della ricerca appare sbilanciato, con una netta prevalenza dei trial farmacologici (61%), a fronte di un ruolo marginale riservato ad altre aree come chirurgia, radioterapia, diagnostica e cure palliative, che complessivamente non superano il 10%.
La mancata rappresentatività si riscontra anche sul piano epidemiologico. Tumori ad alta mortalità nei paesi a medio e basso reddito, come quelli del fegato, dello stomaco, del pancreas e della cervice uterina, risultano sottostudiati, nonostante il loro impatto significativo sulla salute pubblica. Infine, emergono squilibri legati all’età dei partecipanti: solo il 3,3% dei trial prevede il coinvolgimento di bambini sotto i 14 anni e meno di un terzo (28%) specifica l’inclusione di persone con più di 60 anni, ovvero la fascia maggiormente colpita dalla malattia oncologica.
Le implicazioni per il sistema sanitario e per i professionisti
Per chi opera nella sanità queste evidenze stimolano riflessioni concrete:
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Disequità nell’accesso alle sperimentazioni avanzate | Nei paesi e nelle aree con risorse limitate, i pazienti rischiano di non avere accesso a trial di frontiera, con implicazioni dirette sull’innovazione terapeutica e sul diritto alle cure migliori. |
Rilevanza del contesto locale nella ricerca | Le scelte progettuali devono essere allineate con il carico reale delle malattie nel territorio. Non è accettabile che patologie prevalenti in paesi a risorse limitate vengano ignorate. |
Necessità di collaborazioni internazionali più forti e sostenibili | Incentivare consorzi multicentrici che includano paesi in via di sviluppo è fondamentale per garantire generalizzabilità, qualità metodologica e sostenibilità. |
Bilanciare il portafoglio di ricerca | Non si può concentrare la maggior parte delle risorse solo sui farmaci: le discipline complementari (diagnostica, radioterapia, chirurgia, cure di supporto) vanno integrate nei programmi di ricerca. |
Formazione, infrastrutture e governance | Paesi con capacità regolatorie, comitati etici, infrastrutture di ricerca deboli sono penalizzati. Occorre investire in formazione di ricercatori, coordinatori, monitor e rafforzare le strutture amministrative. |
Lo scenario italiano
In Italia, pur operando in un contesto europeo avanzato, non possiamo dare per scontato che l’equilibrio tra innovazione e accessibilità sia realizzato. Alcuni spunti:
- Promuovere la partecipazione italiana in trial multicentrici globali, favorendo collaborazioni che comprendano paesi con minori risorse
- Inserire nella ricerca oncologica italiana temi spesso trascurati (diagnostica avanzata, radioterapia innovativa, cure palliative) e valorizzare studi su target più trasversali
- Aprire alle professioni sanitarie (infermieri, tecnici, operatori di supporto) un ruolo attivo nei trial clinici: non solo come esecutori, ma come co-progettisti e monitor del paziente, per migliorare la qualità della raccolta dati, la compliance e l’umanizzazione delle sperimentazioni
- Incentivare programmi formativi dedicati a operatori sanitari interessati alla ricerca clinica, con moduli su metodologia, regolatorio, buone pratiche di sperimentazione
- Sensibilizzare stakeholders e decisori (governi, fondazioni, agenzie di finanziamento) sull’importanza di allineare gli investimenti di ricerca al carico reale delle malattie nel contesto nazionale e globale
Lo studio “The WHO global landscape of cancer clinical trials” pubblicato su Nature Medicine costituisce un campanello d’allarme per la comunità scientifica: non basta incrementare il numero di trial, se questi non sono distribuiti equamente, né rappresentativi dei bisogni reali.
È necessario orientare la ricerca verso una maggiore equità, rafforzare la partecipazione a livello nazionale e garantire che le sperimentazioni cliniche rispecchino i reali bisogni dei pazienti. Solo attraverso un impegno condiviso tra professionisti, istituzioni e comunità scientifica sarà possibile costruire un ecosistema della ricerca oncologica capace di coniugare innovazione e inclusione, rendendo l’accesso ai progressi terapeutici un diritto universale e non un privilegio geografico.