Fuga degli infermieri anche in Emilia-Romagna: Regione valuta incentivi

Scritto il 11/09/2025
da Redazione

La crisi della professione infermieristica non risparmia nemmeno l’Emilia-Romagna, una delle regioni che più si è spesa negli ultimi anni per rafforzare la sanità pubblica. A dirlo senza mezzi termini è Michele de Pascale, presidente della Regione, in un’intervista al Corriere di Bologna in cui lancia un segnale chiaro: «Anche da noi gli infermieri stanno fuggendo».

Formazione in calo, attrattività in picchiata

de pascale

Michele De Pascale, presidente dell'Emilia-Romagna

I numeri parlano da soli: nel 2025, a fronte di 1.680 posti disponibili nei corsi di laurea in Infermieristica, solo 1.229 candidati hanno presentato domanda.

Un dato che, secondo De Pascale, non solo conferma l’emergenza ma la aggrava. La situazione è ormai strutturale – spiega – perché non si tratta solo di mancate iscrizioni: ogni anno circa 5mila infermieri italiani decidono di trasferirsi all’estero.

Il motivo principale? Stipendi bassi e assenza di reali prospettive di carriera. E chi arriva in Italia da altri Paesi, spiega il presidente, si scontra spesso con una barriera linguistica che in altri contesti non esiste: In molte nazioni si lavora parlando inglese o spagnolo. Da noi serve l’italiano, e questo limita l’arrivo di personale dall’estero.

Infermieri penalizzati: «La carriera non esiste»

Il quadro tracciato da De Pascale è lucido e impietoso: l’Italia è il Paese europeo dove gli infermieri hanno il minor accesso a progressioni di carriera. A questo si sommano retribuzioni inadeguate, che i recenti rinnovi contrattuali riescono a malapena ad allineare all’inflazione. Ma non è tutto: C’è anche un problema di orientamento scolastico – aggiunge – e noi lo abbiamo affrontato attivando l’istituto tecnico biosanitario quando ero presidente della Provincia di Ravenna. Serve una formazione tecnica che accompagni i ragazzi verso le lauree sanitarie.

Solo agendo contemporaneamente su retribuzioni, carriera e orientamento scolastico, secondo il presidente, si potrà davvero rilanciare l’attrattività della professione infermieristica. Ma se non partiamo subito dagli stipendi, rischiamo di fare solo promesse vuote.

Verso incentivi regionali per trattenere i professionisti

De Pascale non esclude che l’Emilia-Romagna possa muoversi con risorse proprie. Ne discuteremo con i sindacati – annuncia – per capire se è possibile attivare misure retributive come quelle già avviate in Veneto. In parallelo, l’obiettivo è estendere su tutto il territorio regionale la rete di formazione superiore in ambito biosanitario, in collaborazione con le Province.

Anche sul fronte del welfare abitativo, il presidente non si tira indietro. Il piano di edilizia residenziale sociale dell’assessore Paglia è pensato anche per i sanitari, e la Regione sta valutando soluzioni ad hoc per professionisti con redditi medio-bassi. Ma serve una strategia più ampia, perché insegnanti, forze dell’ordine e tanti altri lavoratori essenziali sono nella stessa condizione. Non si può pensare di risolvere tutto con interventi spot.

Nessun compromesso sui fondi pubblici

Infine, De Pascale torna sul braccio di ferro con Aiop Emilia-Romagna, l’associazione che rappresenta la sanità privata convenzionata, in merito alla richiesta di ristori per il periodo Covid. La delibera che autorizzava gli indennizzi era illegittima, e abbiamo avviato le procedure per il suo annullamento, chiarisce. Se da un lato la Regione è pronta a valutare eventuali osservazioni tecniche da parte delle strutture private, dall’altro è ferma su un principio: «Non si negozia sulla gestione dei soldi pubblici».

Un sistema sotto pressione

Le dichiarazioni di De Pascale arrivano in un momento critico per la sanità italiana, dove la carenza di infermieri è ormai una costante. Secondo i dati più recenti, ogni anno il turnover dei professionisti supera le 25mila unità, un numero che l’attuale sistema di formazione e reclutamento non è in grado di compensare. Il nostro Paese invecchia, e invecchiano anche i nostri infermieri – ha ribadito più volte la Fnopi –. Senza investimenti strutturali, il sistema è destinato al collasso.

Con un piano nazionale ancora tutto da costruire, l’Emilia-Romagna prova dunque a muovere i primi passi per non perdere terreno. Ma il tempo stringe, e i segnali che arrivano dalle iscrizioni universitarie e dal mondo del lavoro non lasciano spazio a interpretazioni ottimistiche.