Una risposta concreta alle aggressioni
Asl Bari ha introdotto duecento infermieri di processo, una figura per contrastare le aggressioni in PS.
L'iniziativa nasce dalla necessità di arginare un fenomeno in costante crescita.
I dati pugliesi parlano chiaro: 325 aggressioni al personale sanitario nel 2024, con un incremento del 180% rispetto all'anno precedente.
Episodi drammatici come quello di gennaio scorso, quando una dottoressa dell'ospedale Di Venere è stata aggredita dalla sorella di un paziente in attesa di visita, hanno accelerato la ricerca di soluzioni innovative.
Gli infermieri di processo sono ora presenti negli ospedali Di Venere e San Paolo di Bari, oltre ai presidi di Altamura, Corato, Molfetta, Monopoli e Putignano, con turni che coprono la fascia oraria 8-20 tutti i giorni.
L'esperienza sul campo
Gloria Tafone, infermiera di processo presso l'ospedale di Molfetta, descrive il suo lavoro quotidiano: "Ci sono stati momenti in cui arrivava il familiare più agitato e bisognava essere bravi a spiegare la situazione per farli calmare. Alcune volte è difficile far comprendere che determinati esami complessi richiedono tempistiche più lunghe, ma comunque se glielo si spiega chiaramente si calmano".
La professionista racconta anche il percorso formativo: "Inizialmente c'era un po' di titubanza perché comunque ti ritrovi a gestire persone estranee in sala d'attesa. Con il corso di formazione abbiamo avuto delle basi solide su come migliorare l'approccio diretto con l'utenza e con il tempo abbiamo imparato a gestirla".
Cristian Damiani, infermiere 26enne operativo all'ospedale San Paolo, svela gli aspetti tecnici dell'intervento: "Sicuramente adottare un tono di voce chiaro, ma calmo, che non trasmetta tensione. Poi è anche importante la gestualità, perché anche con il linguaggio non verbale pazienti e familiari devono sentirsi accolti. Naturalmente bisogna mantenere anche una distanza di sicurezza, perché la situazione può peggiorare velocemente".
Gli infermieri di processo sono facilmente identificabili grazie alla casacca con la scritta "Infermiere dedicato all'accoglienza e di processo" e sono dotati di tablet per fornire informazioni aggiornate. Si posizionano strategicamente nell'area compresa tra la sala d'attesa e le postazioni di triage, fornendo aggiornamenti continui sui percorsi diagnostico-terapeutici.
Il direttore generale dell'Asl Bari, Luigi Fruscio, sottolinea l'importanza dell'iniziativa: "Parlare con le persone in attesa e anche saperle ascoltare è utilissimo per gestire un momento così delicato perché riguarda la salute di un congiunto o di una persona cara: fornire informazioni tempestive e corrette è anch'esso un atto di cura che, in più, restituisce valore alla dimensione umana del dialogo".
Un progetto multidisciplinare
Il progetto coinvolge anche settanta operatori socio-sanitari e ausiliari, anch'essi formati specificamente per il supporto nelle aree di emergenza. L'iniziativa dà concretezza alla delibera regionale del 31 luglio 2024, sviluppata secondo le linee guida Hospitality del Sistema regionale integrato di gestione della sicurezza sui luoghi di lavoro.
L'entusiasmo per il progetto emerge dalle parole di Damiani: "Quello che più ho apprezzato è che così anche l'infermiere ha un ruolo da specialista. Speriamo che diventi un incarico definito in tutti gli ospedali, perché questo progetto dimostra che la comunicazione è importante nel processo di cura ed è una funzione necessaria nel ruolo di assistenza".
La speranza è che l'esperienza barese possa fare scuola in tutta Italia. Dopo i drammatici episodi degli ultimi mesi, la strategia basata su empatia e comunicazione terapeutica potrebbe rappresentare una svolta concreta nella tutela del personale sanitario e nel miglioramento della qualità assistenziale nei pronto soccorso.