Il 28 agosto medici, infermieri, farmacisti e altri operatori sanitari in tutta Italia hanno partecipato ad una giornata di digiuno contro la catastrofe umanitaria in corso nella Striscia di Gaza. La mobilitazione, promossa dalla rete #digiunogaza e dalla campagna “Teva? No grazie”, ha coinvolto oltre 15mila professionisti e più di 500 ospedali e strutture sanitarie.
Una protesta silenziosa, ma collettiva
Digiuno per Gaza
Nata come staffetta di digiuno in Toscana il 29 luglio, l’iniziativa si è rapidamente estesa su scala nazionale.
La giornata del 28 agosto ha visto mobilitazioni spontanee in tutta Italia, dagli ospedali maggiori come il Policlinico Umberto I di Roma, il San Matteo di Pavia e le Molinette di Torino, fino a realtà periferiche come l’isola di Capraia.
In Emilia-Romagna si stimano circa 5000 adesioni da tutte le aziende sanitarie della regione distribuiti in oltre 100 comuni dove, invece di andare a mensa, non timbrati, si sono fotografati da soli o in gruppi di professionisti sanitari con un cartello recante la scritta “digiuno contro il genocidio a Gaza”.
Il silenzio non è imparzialità: il silenzio durante un genocidio è complicità. E la categoria sanitaria italiana ha scelto di non tacere.
Le polemiche: Ausl Bologna e Sant’Orsola rispondono a FdI
L’iniziativa ha suscitato anche reazioni politiche. La capogruppo regionale di Fratelli d’Italia, Marta Evangelisti, ha presentato un’interrogazione in merito alla pubblicazione dell’appello sui siti ufficiali dell’Ausl di Bologna e del Rizzoli, contestando il rischio di un utilizzo ideologico della comunicazione istituzionale.
La replica delle aziende sanitarie non si è fatta attendere: «La notizia è stata pubblicata per dare voce a una componente significativa del personale sanitario, che ha manifestato disagio etico e umano di fronte alle tragiche conseguenze del conflitto», hanno spiegato Ausl Bologna e Sant’Orsola. E precisano: «L’iniziativa è volontaria, fuori dall’orario di lavoro e non interferisce con l’attività assistenziale. La comunicazione è in linea con i principi di imparzialità previsti dalla Costituzione».
Finché avremo un solo farmaco, resteremo a Gaza
La testimonianza diretta di chi è stato nei territori colpiti dà corpo al significato di questa mobilitazione. Come quella di Eleonora Colpo, infermiera di Emergency tornata da poco da Gaza, che ha definito la situazione come «la peggiore catastrofe umanitaria che abbia mai vissuto». In un’intervista ha raccontato la fatica quotidiana del personale locale: «I miei colleghi palestinesi lavorano fino allo stremo, poi tornano a dormire in tenda, senza sapere se la notte porterà un nuovo bombardamento».
Parole che lasciano poco spazio alla retorica e che restituiscono il senso profondo del digiuno del 28 agosto: un atto di solidarietà, una denuncia, un richiamo alla responsabilità collettiva.