Lo scompenso acuto come condizione tempo-dipendente
La gestione moderna dello scompenso richiede PDTA chiari, team multiprofessionali e competenze infermieristiche avanzate.
Lo scompenso cardiaco acuto richiede interventi rapidi e coordinati. La presentazione clinica può andare dalla dispnea ingravescente alla congestione severa, fino alle forme con ipoperfusione e instabilità emodinamica. Gli aggiornamenti ESC evidenziano come la gestione sia “tempo-dipendente”: ogni ora conta per ridurre complicanze, peggioramenti e riospedalizzazioni.
I punti cruciali delle raccomandazioni sono:
- riconoscere subito il profilo clinico (congestione vs ipoperfusione)
- identificare i casi a rischio di shock cardiogeno
- iniziare la decongestione nelle prime ore di ricovero
- ottimizzare la terapia guidata dalle linee guida già in fase intraospedaliera
Per realizzare tutto ciò serve una valutazione infermieristica costante, precisa e tempestiva.
Valutazione infermieristica iniziale
La valutazione infermieristica deve essere rapida e strutturata, perché orienta le prime decisioni cliniche. Nella fase iniziale è essenziale rilevare:
- parametri vitali (PA, FC, FR, SpO₂, temperatura)
- stato di coscienza e presenza di segni di ipoperfusione (cute fredda, oliguria, marezzature)
- indicatori di congestione (giugulari turgide, rantoli, edemi declivi, aumento del peso)
- ECG a 12 derivazioni e, se necessario, monitoraggio continuo
- peso corporeo, bilancio idrico e diuresi oraria
Segnali come ipotensione, peggioramento della creatinina, sospetta aritmia o ipossiemia refrattaria sono red flag che richiedono attivazione del team intensivo. L’infermiere è spesso il primo a rilevarli.
Decongestione precoce
La decongestione è l’obiettivo terapeutico prioritario nelle prime 24–48 ore. Le raccomandazioni incoraggiano approcci strutturati per evitare ritardi o trattamenti insufficienti.
Gli aspetti assistenziali più rilevanti sono:
- somministrazione sicura dei diuretici dell’ansa, con attenzione a compatibilità e accessi venosi
- monitoraggio della diuresi oraria e del bilancio idrico
- controllo quotidiano del peso, idealmente nella stessa fascia oraria
- osservazione dei parametri emodinamici, per identificare ipotensioni, tachicardie o peggioramenti respiratori
- controllo degli elettroliti (sodio, potassio, magnesio) e della funzione renale
In caso di risposta insufficiente, l’infermiere documenta accuratamente l’andamento clinico per favorire una rapida escalation terapeutica (infusione continua, aggiunta di tiazidici, introduzione precoce di SGLT2i o valutazione dell’ultrafiltrazione nei casi refrattari).
Avvio precoce della terapia
La fase di stabilizzazione durante il ricovero rappresenta una finestra ottimale per introdurre o ottimizzare i trattamenti raccomandati, soprattutto nei pazienti con frazione di eiezione ridotta.
I cardini di questa fase includono:
- inizio precoce della terapia a quattro pilastri (ARNI/ACEi/ARB, beta-bloccante, MRA, SGLT2i)
- valutazione della tollerabilità nelle prime ore dopo l’avvio o l’aumento di dose
- monitoraggio di funzione renale ed elettroliti
- pianificazione della titolazione post-dimissione, generalmente nelle 2–6 settimane successive
Il ruolo infermieristico è fondamentale per:
- verificare controindicazioni e criteri di sicurezza
- riconoscere ipotensione, bradicardia, iperkaliemia o peggioramento renale
- educare il paziente, spiegando finalità dei farmaci e segnali da osservare
Educazione terapeutica e self-care
L’educazione infermieristica è uno dei pilastri della gestione moderna dello scompenso. Favorisce aderenza terapeutica, riduce i ricoveri e migliora la qualità di vita.
I contenuti principali da trasmettere sono:
- come riconoscere i segni di peggioramento: aumento rapido di peso, incremento degli edemi, dispnea, tosse notturna
- piano d’azione personalizzato, da seguire in base ai sintomi
- gestione pratica della terapia: pilloliere, reminder, schede di monitoraggio
- indicazioni su dieta, riduzione del sale, attività fisica adattata e controllo quotidiano del peso
L’infermiere traduce le raccomandazioni cliniche in comportamenti concreti, accompagnando la persona verso un’autogestione consapevole.
Dimissione protetta e continuità assistenziale
La dimissione deve essere pianificata, non improvvisata. Un passaggio non strutturato aumenta il rischio di riospedalizzazione.
Gli elementi imprescindibili sono:
- follow-up programmato entro 7–14 giorni
- passaggio di consegne chiaro tra reparto, ambulatorio e territorio
- istruzioni dettagliate su terapia, target di peso, esami da ripetere, sintomi di allerta
- utilizzo del telemonitoraggio, quando disponibile
I modelli nurse-coordinated favoriscono una presa in carico continua e migliorano la stabilità clinica nelle settimane successive alla dimissione.
Innovazione tecnologica e sistemi digitali
La nuova cardiologia integra auscultazione digitale, supporto diagnostico con algoritmi di IA, sensori impiantabili e piattaforme di monitoraggio remoto. Questi strumenti permettono interventi precoci nelle riacutizzazioni e un controllo più fine dei parametri.
Per gli infermieri significa:
- interpretare correttamente i dati dei dispositivi
- integrare tecnologia e osservazione clinica
- intervenire tempestivamente in caso di alert o variazioni sospette
Implicazioni organizzative e sviluppo del ruolo infermieristico
La gestione moderna dello scompenso richiede PDTA chiari, team multiprofessionali e competenze infermieristiche avanzate.
Tra le priorità operative:
- sviluppo di infermiere specialisti/case manager dello scompenso
- formazione su diuretici, GDMT, monitoraggio emodinamico e tecnologie digitali
- partecipazione attiva alla definizione e revisione dei PDTA
- collaborazione costante con cardiologi, internisti, farmacisti e infermieri territoriali
La gestione infermieristica dell’insufficienza cardiaca acuta è oggi un pilastro strategico per migliorare esiti clinici, ridurre riospedalizzazioni e garantire continuità assistenziale. Gli aggiornamenti ESC 2025 valorizzano il ruolo dell’infermiere non solo nel monitoraggio e nella decongestione, ma anche nell’ottimizzazione della terapia, nell’educazione terapeutica e nella transizione verso il territorio.
L’infermiere diventa così uno dei principali garanti di appropriatezza, sicurezza e sostenibilità nei percorsi dedicati allo scompenso cardiaco: un ruolo che richiede competenze avanzate, attenzione al dettaglio clinico e una visione ampia della presa in carico multidisciplinare.

