Case Manager, un ruolo sempre più cruciale: necessari riconoscimento e standard nazionali

Scritto il 28/11/2025
da Silvia Fabbri

Dal congresso di Bologna arriva un messaggio unitario: il Case Management non è più un modello sperimentale, ma un elemento strutturale dell’assistenza. Serve però un riconoscimento formale del ruolo, una cornice normativa e un impegno condiviso per formare professionisti capaci di guidare percorsi complessi tra ospedale, territorio e comunità.

Un modello ormai radicato, nato in Italia proprio a Bologna

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Il XVI Congresso Nazionale AICM ha riportato l’attenzione sulle radici e sull’evoluzione del Case Management in Italia.

Bologna, città che ha visto nascere il modello nel nostro Paese, è diventata il luogo in cui professionisti, dirigenti sanitari, ordini professionali e docenti universitari hanno tracciato un bilancio: il Case Management è oggi conosciuto, riconosciuto e applicato, anche se con una diffusione non uniforme sul territorio.

La Presidente AICM, Virna Bui, ha guidato una tavola rotonda che ha messo in luce un punto fondamentale su cui tutti i relatori hanno trovato piena convergenza: il ruolo del Case Manager deve essere multiprofessionale, accessibile a tutte le professioni sanitarie e sociali, in base ai bisogni della persona assistita. Non un ruolo “di categoria”, ma una funzione trasversale.

Formazione continua e nuove competenze

Uno dei punti più forti emersi dal congresso riguarda la formazione. Tutti i relatori hanno evidenziato che il Case Management non può essere svolto senza un set di competenze avanzate: intelligenza emotiva, adattabilità, visione sistemica, capacità organizzativa, conoscenza dei percorsi e degli indicatori di esito.

La formazione continua non è un’opzione, ma una necessità strutturale. Solo così i professionisti possono gestire la crescente complessità assistenziale legata all’invecchiamento della popolazione, alla multimorbilità, alla fragilità e al disagio psico-sociale.

Una mappatura nazionale per definire il profilo professionale

Durante il congresso è stato presentato un questionario nazionale dedicato a chi svolge funzioni di Case Manager. Lo strumento servirà a mappare competenze, formazione, livello di riconoscimento istituzionale, punti di forza e criticità del ruolo.

Le risposte raccolte costituiranno la base per definire standard nazionali, orientare la formazione e costruire una proposta professionale omogenea.

È un passaggio chiave, perché il congresso ha ribadito la necessità di arrivare finalmente alla definizione di un Profilo Professionale del Case Manager italiano, supportato da uno Standard tradotto dal CMSA e da un vero Model Act in corso di elaborazione.

Il Case Manager come collante del sistema

La sintesi portata a casa dal XVI Congresso AICM è una sola: il Case Manager è oggi uno snodo strategico della sanità italiana, l’unica figura capace di dare coerenza, continuità e integrazione a percorsi che spesso restano frammentati.

È una funzione che sfida i vecchi modelli, richiede nuove competenze, coinvolge tutte le professioni e ha bisogno di una cornice istituzionale chiara. Il Case Management non è più un esperimento: è una necessità per rispondere alla complessità crescente del Paese.

Il futuro del sistema dipenderà dalla capacità di formare, riconoscere e sostenere professionisti in grado di garantire alle persone un percorso continuo e integrato. In questa sfida il Case Manager è il punto di unione: il collante che tiene insieme ciò che la frammentazione rischia di separare.