Farmaci psichedelici in psichiatria: una nuova frontiera della cura mentale

Scritto il 29/10/2025
da Chiara Sideri

In un contesto in cui più di un miliardo di persone nel mondo convive con un disturbo mentale e in cui la maggior parte non riceve trattamenti adeguati, la psichiatria sta attraversando una delle sue rivoluzioni più significative. Sostanze un tempo stigmatizzate, come LSD, psilocibina e ketamina, tornano al centro dell’interesse clinico, non come strumenti di fuga dalla realtà, ma come potenziali alleati per restituire equilibrio a cervelli intrappolati nella sofferenza psichica. Oggi, il cosiddetto “rinascimento psichedelico” non è più solo un fenomeno culturale, ma un campo di ricerca solido, validato da studi clinici nei maggiori centri accademici del mondo.

Il contesto globale della salute mentale

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Nel 2025 oltre un miliardo di persone, pari al 14% della popolazione mondiale, vive con una condizione di salute mentale.

Si tratta di una delle più gravi crisi sanitarie globali del nostro tempo: una vera pandemia silenziosa, che colpisce in modo trasversale età, genere e area geografica.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ansia e depressione rappresentano oltre i due terzi di tutti i disturbi mentali.

La depressione maggiore colpisce circa 330 milioni di persone (4% della popolazione), mentre i disturbi d’ansia ne coinvolgono circa 360 milioni (4,4%).

A queste si aggiungono patologie gravi come la schizofrenia (23 milioni di casi, circa 1 adulto su 200) e il disturbo bipolare (37 milioni di persone, 1 su 150).

Questa triade, depressione, schizofrenia e bipolarismo, è responsabile del carico di disabilità più elevato in assoluto tra tutte le condizioni di salute, con tassi di mortalità prematura che restano drammatici: le persone con schizofrenia muoiono in media 9 anni prima rispetto alla popolazione generale, quelle con disturbo bipolare 13 anni prima, spesso per malattie cardiovascolari e metaboliche prevenibili.

L’impatto economico globale della cattiva salute mentale è enorme. Le perdite di produttività legate alla sola depressione e all’ansia superano 1 trilione di dollari ogni anno, e il costo complessivo dei disturbi mentali a livello mondiale è stimato in oltre 3 trilioni di dollari l’anno, una cifra destinata a raddoppiare entro il 2030 se non si interviene con strategie efficaci di prevenzione e cura.

Il quadro delle risorse appare altrettanto critico. In media, i Paesi destinano appena il 2% del budget sanitario alla salute mentale; nei Paesi a basso reddito la quota scende all’1,4%, di cui oltre la metà è ancora assorbita da ospedali psichiatrici.

Il divario in termini di personale è sconcertante: esiste solo 1 professionista della salute mentale ogni 100mila abitanti nei Paesi poveri, contro oltre 60 nei Paesi ad alto reddito. A livello globale, due terzi dei Paesi dispongono di un solo psichiatra ogni 200mila persone, e appena 1 paziente su 10 con depressione riceve un trattamento minimamente adeguato.

Questi dati non sono solo numeri, ma il riflesso di un sistema in difficoltà: milioni di persone convivono con la sofferenza psichica senza ricevere cure, in un contesto in cui il disagio mentale resta ancora stigmatizzato, sottovalutato e sottofinanziato.

In questo scenario di bisogno clinico e umano insoddisfatto, si fa strada la necessità di nuovi approcci terapeutici: percorsi che non si limitino ad attenuare i sintomi, ma che intervengano sulla plasticità cerebrale, sui circuiti della resilienza e sul significato stesso della guarigione. È qui che le terapie assistite da psichedelici stanno emergendo come una delle frontiere più promettenti e discusse della psichiatria contemporanea.

Le evidenze scientifiche

Uno dei campi più promettenti riguarda la depressione maggiore resistente ai trattamenti tradizionali, una condizione che colpisce fino al 30% dei pazienti depressi. Diversi studi clinici condotti negli ultimi anni hanno mostrato che una singola somministrazione di psilocibina, associata a un protocollo di psicoterapia di supporto, può produrre un miglioramento clinicamente significativo dei sintomi depressivi per diverse settimane.

Anche la ketamina, e la sua variante esketamina, somministrata per via intranasale, ha dimostrato un effetto antidepressivo rapido, spesso visibile entro 24 ore, con un impatto positivo anche sull’ideazione suicidaria.

Questi risultati suggeriscono che gli psichedelici non solo riducono i sintomi, ma innescano una trasformazione più profonda del funzionamento psichico: potenziamento della plasticità, apertura di nuovi schemi mentali e maggiore capacità di integrazione emotiva.

Oltre al campo più sviluppato della depressione resistente, le prime evidenze esplorano l’uso di psichedelici anche in altri disturbi gravi. Nel disturbo bipolare II, una trial open-label ha mostrato remissioni a 12 settimane dopo psilocibina + psicoterapia, sebbene i pazienti bipolari I e quelli con storia di psicosi siano al momento esclusi. Per la schizofrenia, l’ipotesi è suggestiva, ad esempio per migliorare i sintomi negativi e di deficit sociale, ma gli studi disponibili sono datati, metodologicamente deboli e non consentono ancora raccomandazioni cliniche. Il rischio di scatenamento di psicosi o di peggioramento resta concretamente presente.

Sfide, limiti e questioni etiche

Nonostante le potenzialità, l’impiego clinico degli psichedelici resta soggetto a rigidi vincoli normativi. Molte sostanze, tra cui LSD e psilocibina, sono tuttora inserite nelle tabelle delle droghe controllate, sebbene alcuni Paesi abbiano già avviato programmi di uso compassionevole o sperimentazioni regolamentate.

La sfida principale è garantire sicurezza e standardizzazione, evitando derive pseudo-terapeutiche o abusi in contesti non clinici.

Dal punto di vista etico, è necessario tutelare il paziente, poiché durante l’esperienza psichedelica la coscienza è alterata e l’individuo è particolarmente suggestionabile. La formazione del personale sanitario, medici, psicologi e infermieri, rappresenta quindi una condizione imprescindibile per il successo e la sicurezza di queste terapie.

Una nuova prospettiva per la salute mentale

La farmacologia psichedelica sta spostando il focus della cura psichiatrica: non più soltanto la riduzione dei sintomi, ma una vera e propria trasformazione del funzionamento psichico. In un’epoca in cui ansia, depressione e burnout rappresentano emergenze globali, gli approcci innovativi e scientificamente fondati possono aprire scenari terapeutici fino a pochi anni fa impensabili.

Per gli infermieri, conoscere il razionale d’uso di questi farmaci significa ampliare la propria competenza clinica e partecipare attivamente a una medicina in evoluzione, integrando le nuove terapie nella pratica quotidiana in modo sicuro, etico e centrato sulla persona.

  • Scritto a quattro mani con Giuseppe Carbut, Infermiere esperto nell'advanced nursing in salute mentale e relativa Governance Clinica, strutturale e funzionale e docente presso l'Università La Sapienza