Italia fanalino di coda in Europa e nel G7
Nino Cartabellotta, Presidente Fondazione Gimbe
Secondo l’analisi condotta dalla Fondazione GIMBE sui dati OECD Health Statistics, l’Italia si conferma sotto la media per investimenti pubblici in sanità. Nel 2024, con il 6,3% del PIL, resta dietro a 13 Paesi europei OCSE, dal Portogallo (6,4%) fino alla Germania (10,6%).
Sul fronte della spesa pro-capite, i 3.835 dollari investiti dal nostro Paese segnano un divario di 790 dollari rispetto alla media OCSE (4.625) e di 854 dollari rispetto alla media europea (4.689). In Europa, 13 Stati spendono più dell’Italia: dalla Spagna (3.893) fino alla Germania, che ha più che doppiato l’Italia con 8.080 dollari.
Il peso sui cittadini
Il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta, sottolinea che il sottofinanziamento pubblico della sanità italiana è ormai una questione strutturale
. Secondo l’analisi, nel 2024 5,8 milioni di persone hanno rinunciato a visite o prestazioni sanitarie per motivi economici, pari a quasi un cittadino su dieci.
Le conseguenze più visibili si riflettono in liste d’attesa fuori controllo, pronto soccorso in sofferenza, carenza di medici di famiglia e disuguaglianze territoriali e sociali sempre più marcate.
Un divario che cresce da oltre dieci anni
Fino al 2011 la spesa sanitaria pro-capite italiana era allineata alla media europea. Da allora, tagli e definanziamenti hanno aperto una forbice che nel 2019 aveva già raggiunto i 430 dollari. Durante la pandemia, gli altri Paesi hanno investito molto più dell’Italia, ampliando ulteriormente il distacco.
Nel 2024 il gap pro-capite ha toccato i 729 euro: moltiplicato per la popolazione residente, equivale a un divario complessivo di 43 miliardi di euro.
L’appello di Gimbe
Cartabellotta evidenzia che dal 2008 al 2024 l’Italia è sempre rimasta ultima tra i Paesi del G7 per spesa sanitaria pubblica pro-capite, con un distacco ormai “abissale” rispetto a Germania, Francia, Regno Unito, Canada, Stati Uniti e Giappone.
Il dibattito sul definanziamento della sanità non può ridursi ogni anno al solito teatrino prima della Manovra – afferma –. Serve un patto politico stabile e trasversale che garantisca un rifinanziamento progressivo del Servizio sanitario nazionale, accompagnato da riforme strutturali
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