Quando è indicata la rivascolarizzazione chirurgica tramite bypass
Secondo lo studio osservazionale Ascert condotto nel 2012 dall'American College of Cardiology la rivascolarizzazione chirurgica tramite bypass è indicata nei soggetti affetti da malattia coronarica multivasale con almeno 3 vasi interessati.
I dati della letteratura evidenziano la superiorità del bypass rispetto all'angioplastica (stent). I benefici riguardano non solo una migliore sopravvivenza, ma anche una diminuzione dell'infarto miocardico, un migliore e più rapido recupero delle forze e l'eliminazione del dolore dovuto all'ostruzione.
L'intervento chirurgico può avvenire con l'utilizzo della circolazione extracorporea (on-pump) oppure senza la macchina cuore-polmoni e quindi a cuore battente (off-pump). La scelta dipende dal numero di bypass da eseguire, dal grado e dalla sede della stenosi, la funzionalità del cuore, la presenza di comorbilità. Il bypass coronarico può essere applicato anche mediante una procedura chirurgica mininvasiva nota come MIDCABS, Minimally Invasive Direct Coronary Artery Bypass Surgery.
Tecnica on-pump
La procedura tradizionale (on-pump) richiede la toracotomia attraverso una sternotomia mediana longitudinale. Il bypass cardioplomonare richiede la somministrazione di una dose elevata di eparina per prevenire la coagulazione nel circuito di bypass. Si procede a clampare l'aorta e si ferma il cuore mediante iniezione di una soluzione cardioplegica che permette alle cellule miocardiche di tollerare ischemia e riperfusione.
Corpo, cuore e soluzione vengono leggermente raffreddati per resistere all'ischemia. Il cuore viene fermato e svuotato del sangue attraverso la macchina cuore-polmone per massimizzare l'esposizione operativa, facilitare le anastomosi vascolari e ridurre la richiesta di ossigeno da parte del miocardio. Si tratta di una misura di cardioprotezione.
Per le anastomosi all'arteria coronarica discendente anteriore sinistra viene utilizzata comunemente l'arteria mammaria interna sinistra (arteria toracica interna) che decorre parallelamente ai due lati dello sterno: non occorre spostarla dalla sua sede, ha una durata maggiore e dopo dieci anni il bypass è ancora in ottime condizioni nel 95% dei casi.
Se non disponibile la mammaria, per realizzare il bypass può essere usata anche l'arteria radiale dell'arto superiore non dominante se la perfusione dell'avambraccio è garantita da altre arterie. Come ultima scelta possono essere usati segmenti di vena safena che si estende dalla gamba alla coscia: poiché le dimensioni della vena sono ridotte rispetto all'arteria dopo circa 10 anni il bypass così ottenuto risulta ostruito nel 60-65% dei pazienti.
Dopo aver eseguito le anastomosi vascolari, l'aorta viene declampata così che le arterie coronariche ritornano perfuse da sangue ossigenato. L'attività cardiaca si ripristina. L'effetto anticoagulante dell'eparina viene antagonizzato con protamina. Durante la riperfusione è frequente la comparsa di bradicardia, tachiaritmia e bassa portata cardiaca. Può insorgere fibrillazione ventricolare. In caso di queste complicanze si interviene con stimolazione, defibrillazione e farmaci inotropi a seconda dell'evento.
Le maggiori complicanze sono associate alla sternotomia e alla circolazione extracorporea. L'incisione nello sterno guarisce entro circa 4-6 settimane, la ferita chirurgica può infettarsi causando mediastinite o osteomielite sternale. Le maggiori complicanze sono il sanguinamento, la disfunzione d'organo, l'ictus e i disturbi neuropsichiatrici.
Il sanguinamento post bypass cardiopolmonare può essere favorito dall'emodiluizione, dall'uso dell'eparina, dall'esposizione alla pompa di bypass che causa disfunzione piastrinica, da coagulazione intravascolare disseminata e dall'ipotermia indotta.
Complicanze della procedura tradizionale di bypass aorto-coronarico
La macchina da bypass cardiopolmonare può causare una risposta infiammatoria sistemica che determina una disfunzione d'organo in qualsiasi sede (polmoni, reni, cervello, stomaco, intestino). L'ictus da mobilizzazione di emboli, che si verifica nell’1,5% dei casi, può essere determinato dall'incannulamento, il clampaggio e il declampaggio aortico. Si ritiene che i disturbi neuropsichiatrici che si registrano nel circa il 5-10% dei soggetti operati di bypass siano dovuti a microemboli.
Altre complicanze dopo la chirurgia cardiaca sono le aritmie, come la tachicardia ventricolare (50%) e la fibrillazione atriale (15-40%) che insorge 2-4 giorni dopo l'intervento. Può insorgere anche ischemia miocardica, focale o globale. L'infarto è peri-operatorio nell'1% dei casi. Il rischio di svilupparle è ridotto dall'assunzione di betabloccanti e di amiodarone.
Si stima che la mortalità durante le varie fasi della procedura sia dell'1-3%. Complicanze meno gravi sono infiammazioni e versamenti delle pleure, dolore, scarso appetito, febbre. Tali rischi possono essere minimizzati con profilassi e una buona preparazione pre-operatoria.
Il rischio chirurgico cardiaco durante l'intervento di bypass aorto-coronarico – classificato in basso, intermedio e alto - può essere calcolato secondo la Society of Thoracic Surgeons con un calcolatore on line denominato “onlinecardoiac surgery risk calculator” che tiene conto dell'età, delle condizioni generali e delle patologie associate.
Tecnica off-pump
Per evitare le complicanze della procedura tradizionale sono state realizzate tecniche più recenti che non utilizzano la pompa di circolazione extracorporea ed evitano la sternotomia mediana. La rivascolarizzazione può avvenire anche a cuore battente adottando dispositivi e metodi che stabilizzano una porzione del miocardio tenendo altresì immobile il sito operatorio. Si tratta dell'intervento mini-nvasivo off-pump.
Si praticano piccole incisioni intercostali e parasternali. Il cuore continua a battere e a richiedere ossigeno, diventa pertanto sensibile all'interruzione dell'afflusso ematico durante l'esecuzione dell'anastomosi vascolare. È un momento delicato in cui può verificarsi ischemia o infarto del miocardio irrorato dal vaso interessato.
Tale rischio può essere ridotto se si posiziona uno shunt coronarico temporaneo così da continuare la perfusione distalmente. L'intervento di bypass aorto-coronarico senza pompa di circolazione extracorporea è indicata in quei pazienti che presentano calcificazioni aortiche importanti che rendono pericolosa la manipolazione dell'aorta. L'intervento off-pump, rispetto a quello on-pump, richiede generalmente una rivascolarizzazione ad un anno.
Tecnica mininvasiva
Esiste anche una tecnica mininvasiva per eseguire un bypass aorto-coronarico che evita la sternotomia. Si accede al cuore con una incisione di 8-10 cm praticata al 4° o al 5° spazio intercostale dell'emitorace anteriore sinistro. Si esegue per via endovascolare usando cateteri inseriti nelle arterie e nelle vene.
Anziché clamparla, l'aorta viene occlusa da un palloncino posto all'estremità del catetere aortico. Non è indicata quando sono necessari bypass multipli. Le complicanze maggiori – ictus, infarto, decesso – presentano tassi uguali rispetto alle altre due tecniche invasive on-pump e off-pump.
L'intervento di bypass aorto-coronarico prevede un attento follow-up. L'osservazione postoperatoria in terapia intensiva, prima del trasferimento in reparto di degenza, è di 12-24 ore. La dimissione dall'ospedale è precoce, già dopo 4-5 giorni e la riabilitazione cardiologica prosegue per altri 15 giorni presso un centro specializzato.