La formazione adeguata, la motivazione e la comunicazione efficace sono elementi imprescindibili per il successo del trattamento e per il recupero dell’autonomia del paziente nella gestione delle disfunzioni intestinali. È quanto è emerso da un'indagine condotta dal Continence Advisory Board (CAB), che - con l'obiettivo di continuare a migliorare la pratica clinica - ha indagato le condizioni e le aspettative del paziente prima dell'inizio del trattamento con l'irrigazione transanale (TAI) e il ruolo del personale sanitario. Ne abbiamo parlato con Maria Calò, infermiera presso l’ambulatorio dell’Area Sacrale dell’Unità Spinale Unipolare del Policlinico di Bari, che sottolinea come - dall'analisi dei dati raccolti con il questionario somministrato ai pazienti - sia emerso che le persone valutano i professionisti sanitari come un fondamentale punto di riferimento nel loro percorso e dichiarano di sentirsi parte di un progetto di assistenza davvero personalizzato grazie alle visite di follow-up.

L’esperienza dell’Unità Spinale Unipolare del Policlinico di Bari

La comunicazione paziente-infermiere è la chiave di volta di tutto il percorso riabilitativo.

Il gruppo di lavoro CAB (Continence Advisory Board) riunisce da anni gli infermieri delle Unità Spinali italiane, che hanno così l’occasione di lavorare assieme sulla condivisione di best practice, protocolli infermieristici e sulla produzione scientifica, nell’ottica di migliorare sempre di più la presa in carico e la gestione del paziente mieloleso.

Il lavoro più recente del gruppo CAB ha indagato come le aspettative e la motivazione del paziente mieloleso influiscano sulla gestione della disfunzione intestinale tramite irrigazione transanale (TAI).

Tra gli elementi oggetto all’indagine emerge con forza l’importanza della figura del professionista sanitario e la sua centralità nell’addestramento e nella gestione del paziente, il quale si sente parte di un progetto di assistenza programmato.

Tra i 13 centri italiani che hanno preso parte alla raccolta dati troviamo l’Unità Spinale Unipolare del Policlinico di Bari, che ha partecipato grazie al lavoro di Maria Calò, infermiera presso l’ambulatorio dell’Area Sacrale.

Calò rappresenta uno di quei professionisti sanitari il cui ruolo è indispensabile nell’accompagnare la persona mielolesa a recuperare una migliore qualità di vita: il mio lavoro all’interno dell’ambulatorio dell’area sacrale - spiega - vede la presa in carico di pazienti con danno midollare, che può essere totale o parziale, di natura traumatica o di diversa causa, ad esempio come conseguenza di malattie ischemiche o neoplastiche. Parliamo di persone con quadri clinici complessi, che soffrono di deficit sfintero-vescicali, gastrointestinali, respiratori, motori.

L’infermiere che lavora all’interno di una Unità Spinale deve essere altamente professionale, avere competenze specifiche che partono dalla presa in carico del paziente mieloleso, passano attraverso la creazione di una corretta comunicazione con la persona che stiamo assistendo fino all’addestramento e all’uso dei device specifici, in modo da accompagnare la persona mielolesa al recupero del controllo sulla propria gestione vescicale e intestinale, con l’obiettivo di restituirgli una migliore e dignitosa qualità di vita.

Tra le molteplici responsabilità di un infermiere all’interno di una Unità Spinale, di particolare importanza è la fase di addestramento del paziente all’uso di dispositivi medici specifici che possano permettergli di gestire le disfunzioni sfinteriche, vescicali e intestinali, come quelli che permettono l’autocateterismo a intermittenza o l’irrigazione transanale.

Una delle mie principali responsabilità - sottolinea infatti Calò - è quella di addestrare il paziente, a volte in presenza di un caregiver, all’uso di ausili medici che possano rendere migliore la sua qualità di vita.

Calò si occupa anche di addestramento alla TAI, oggetto della raccolta dati condotta insieme ai colleghi delle altre unità spinali: il confronto con gli altri partecipanti del gruppo italiano è stata una esperienza importante e decisamente formativa - dichiara -, che ha permesso il confronto tra di noi sui dati raccolti e più in generale sul nostro lavoro. Ha permesso di valutare l’importanza delle aspettative e della motivazione del paziente nell’approcciarsi all’uso di dispositivi per la gestione del proprio intestino, e l’importanza dei feedback ricevuti durante il percorso che svolge assieme a noi professionisti sanitari.

È proprio la comunicazione paziente-infermiere la chiave di volta di tutto il percorso riabilitativo: l’interfaccia paziente-infermiere – prosegue Calò - o se vogliamo l’empatia tra paziente e infermiere, è di fondamentale importanza affinché la persona che sta entrando nel percorso riabilitativo possa capire il beneficio che deriva dall’utilizzo di tali dispositivi. Appare quindi evidente come una corretta preparazione e la giusta motivazione siano importanti per il successo del trattamento.