La sfida della formazione infermieristica sulla cronicità
L’evoluzione dei modelli assistenziali in relazione al mutare del bisogno di salute sta favorendo sempre più l’integrazione tra percorsi ospedalieri e territoriali, facendo emergere la straordinaria importanza di figure professionali che siano in grado di gestire processi orientati alla collettività e all’individuo, per una presa in carico dei cittadini che garantisca sul territorio la continuità assistenziale e l'integrazione tra i diversi professionisti.
La transizione epidemiologica e sociale e la crisi economica che caratterizza il periodo storico in cui viviamo richiedono risposte in linea ai nuovi bisogni di salute attraverso un sostanziale ripensamento organizzativo dell'assistenza sanitaria di base, al fine di sostenere il carico sociale, emotivo, della fragilità e della malattia.
Fragilità e malattia che non rimangono più confinati nella sfera individuale legata al paziente, ma che ineriscono il mondo relazionale che attorno a quel paziente ruota.
L’aumento dell’incidenza delle malattie croniche è infatti uno dei principali driver della necessità di un riequilibrio ospedale-territorio, rispetto al quale è necessario definire che tipo di “nuova” organizzazione implementare e che tipo di nuove figure professionali introdurre al fine di assicurare la continuità assistenziale al paziente e la necessaria integrazione socio-sanitaria.
L’idea di affrontare questo argomento è nata in seguito ad una nuova esperienza lavorativa che mi ha condotto ad analizzare se la preparazione offerta dal percorso triennale di Infermieristica sia sufficiente, allo stato attuale, per permettere ai neolaureati di poter svolgere la loro attività professionale in ambito territoriale.
L’analisi dei piani di studio di Infermieristica
Individuato il problem statement, il focus dello studio si è incentrato sull’analisi dei piani di studio del Cdl in Infermieristica (anno accademico 2016/2017) di sei atenei selezionati attraverso un campionamento non probabilistico a scelta ragionata per verificare se all’interno del percorso fossero programmate attività didattiche inerenti la cronicità e la territorialità e se fossero attivi percorsi di tirocinio in ambito extraospedaliero.
La valutazione dei piani di studio – uno studio qualitativo fenomenologico - effettuata sul campione dei sei atenei lombardi evidenzia che le materie caratterizzanti gli aspetti della territorialità e dell’assistenza domiciliare al paziente pluripatologico sono presenti con maggiore frequenza al terzo anno di corso, quindi in un momento già molto avanzato del percorso di studi.
Parte integrante dello studio è quella riservata alle interviste effettuate ai Direttori delle attività didattiche; con le interviste si è inteso sondare il loro pensiero in merito alla necessità di aumentare e, in alcuni casi, implementare le esperienze di tirocinio sul territorio.
Dalle interviste è emerso che quasi tutti gli atenei offrono percorsi attivi di tirocinio in ambito territoriale; tali percorsi sembrano essere più orientati ad ambiti di fine vita e di cure palliative, settori senz’altro fondamentali, ma non certamente esaustivi nell’affrontare le sfide di salute odierne.
I dati epidemiologici descrivono infatti il territorio come il luogo in cui emergono i bisogni di salute di svariati pazienti, portatori di quadri patologici anche molto diversi tra loro, ma accomunati dalla caratteristica della cronicità, con tutto ciò che questo delicato fenomeno comporta.
Pertanto, la gestione di pazienti pluripatologici a livello territoriale richiede conoscenze e competenze acquisibili solamente attraverso un percorso universitario che offra allo studente un corpus teorico di conoscenze adeguato per l’esercizio della professione.
Alla luce del recente documento elaborato dal Comitato Nazionale Ipasvi sull’evoluzione delle competenze infermieristiche, i direttori intervistati sono concordi nell’affermare che l’esercizio professionale in ambito territoriale necessiti di una formazione specialistica soprattutto sull’asse della clinica, anche se gli aspetti di base, alla luce del nuovo quadro epidemiologico, dovrebbero essere già assimilati e sperimentati nella loro linea di indirizzo generale nel percorso triennale.
Tra i quesiti di ricerca che mi ero posto nella fase iniziale, uno in particolare ha orientato la stesura dell’elaborato, ovvero:
L’attuale formazione universitaria è in grado di rispondere ai bisogni emergenti e legati alla nuova domanda di salute territoriale?
I dati della ricerca effettuata mi spingono ad affermare che l’attuale formazione universitaria risenta in parte ancora di una mentalità “ospedalocentrica”, ovvero poco sensibile a formare gli studenti su temi quali la territorialità e l’assistenza del paziente al proprio domicilio.
I Direttori delle attività didattiche, nel corso delle interviste, hanno evidenziato che rispetto alla consolidata realtà ospedaliera, in ambito territoriale risultano ancora carenti i settori clinici di tirocinio presso i quali lo studente possa sperimentare le attività assistenziali e tutto ciò risulta preoccupante se si pensa che il tirocinio rappresenta un’esperienza formativa fondante ed una privilegiata fonte di apprendimento della disciplina infermieristica.
Il necessario ed auspicabile cambiamento che vedrà coinvolta nei prossimi anni la formazione infermieristica in termini di contenuti, programmi ed esperienze di tirocinio, non potrà che partire da un’attenta analisi dei bisogni di salute espressi dalla popolazione.
La cronicità pone sfide importanti in campo formativo; solo se tale sfida sarà raccolta in un’ottica logica di maggiore interdisciplinarietà, territorialità e centralità della persona potrà dirsi vinta.
Gianmario Pedretti, Infermiere