Il 7 maggio scorso Hesen Jabr, infermiera palestinese, è stata premiata presso il New York City Hospital per il suo paziente lavoro condotto con le madri che perdono il figlio durante la gravidanza o il parto. Durante il suo discorso di ringraziamento, Hesen ha sentito il dovere di ricordare anche il dolore provato dalle madri palestinesi che perdono i loro figli nel genocidio in atto a Gaza. Hesen ha usato proprio la parola genocidio, quella che gli organismi internazionali hanno più volte rimarcato nel condannare la guerra portata avanti dal governo israeliano. Quella stessa parola che scatena facili polemiche e vittimismi – o negazionismi – di ogni genere. Ovviamente non da parte di chi muore sotto le bombe. Hesen, poco più di un mese dopo essere stata premiata, è stata licenziata per l’uso della parola genocidio in riferimento ai morti di Gaza. Per tutta risposta l’infermiera sì è fatta fotografare con un cartello che solidarizza con i sanitari di Gaza.
Qualche spazio di libertà e dignità è rimasto "Il suicidio di Israele" di Anna Foa
Di per sé la storia descritta ha un portato molto piccolo . Comune a molte altre storie simili e poi è successa sei mesi fa. Da allora le vittime palestinesi, del genocidio in atto, sono aumentate, ma soprattutto le informazioni su quanto sta accadendo a Gaza, in Libano, nella Cis-Giordania ed in tutta l’area, ma non solo, sono oggetto di un uso strumentale – e menzognero – della politica ad ogni livello.
Ultimo, in ordine di tempo, è quello relativo a quanto accaduto ad Amsterdam, durante la trasferta dei tifosi del Maccabi Tel Aviv. La maggioranza dei media occidentali è rimasta appiattita su una narrazione che ha dimenticato, o passato sottotono, le provocazioni, le aggressioni, gli insulti e la violenza dei tifosi stessi prima di essere stati oggetto, a loro volta di ulteriori risposte violente alle loro provocazioni.
Le parole utilizzate per stigmatizzare il ruolo di vittima di una delle tifoserie più violente e fasciste della storia del calcio, ricordano il concetto di neolingua di orwelliana memoria. Si è parlato ancora una volta di antisemitismo, di pogrom, del ripetersi della vergogna della Notte dei Cristalli, quella del 9 novembre del 1938 in cui i nazisti seminarono morte e distruzione con un computo finale di circa 49 milioni di marchi di danno, più di 500 sinagoghe e 7.500 esercizi commerciali distrutti ed un bilancio di morti compreso fra le 1.000 e le 2.000 vittime. L’enormità di ogni accostamento dei fatti di Amsterdam alla tragedia e alla vergogna della Shoa è evidente oltremodo.
La riscrittura della storia, in uso vergognoso e strumentale della Shoa, è condannato da storici, giornalistici, intellettuali e religiosi, ebrei e no, e ci dà il quadro del tempo distopico che stiamo vivendo. Ne fanno le spese, come sempre, chi resta in balia delle politiche terroriste e guerrafondaie, violente e razziste, seminatrici di odio e sopraffazione, di qualsiasi colore esse dicano di essere. E così i morti scompaiono, le vittime diventano aggressori, i corrotti ed i corruttori appaiono solo dei bravi (o brave) governanti.
Sì, questo è un brutto tempo, ma forse qualche spazio di libertà e dignità è rimasto e merita di essere allargato. Ed in tal senso è sicuramente utile la lettura del libro: “Il suicidio di Israele ” di Anna Foa, già docente di Storia Moderna alla Sapienza.
Questo è ciò che è scritto in seconda di copertina Israele stava già attraversando un periodo di crisi drammatica prima del criminale attacco del 7 ottobre 2023. Grandi manifestazioni chiedevano a gran voce le dimissioni di Netanyahu e del suo governo e il paese era praticamente bloccato. La risposta al gesto terroristico di Hamas con la guerra di Gaza rischia però di essere un vero e proprio suicidio per Israele. Da un lato, infatti, abbiamo l’involuzione del sionismo, o meglio dei sionismi: da quello originario della fine del XIX secolo, passando per quello liberale e favorevole alla pace con gli arabi, fino alla crescita del movimento oltranzista dei coloni e all’assassinio di Rabin .
Dall’altro, il resto del mondo ebraico – la diaspora americana e quella europea – si confronta oggi con un crescente antisemitismo che, contrariamente alla propaganda di Netanyahu, non è la stessa cosa dell’antisionismo, ma che certo dalle vicende della guerra di Gaza trae spunto e alimento. Per salvare Israele è necessario contrapporre al suprematismo ebraico, proprio dell’attuale governo Netanyahu, l’idea che lo Stato di Israele deve esercitare l’uguaglianza dei diritti verso tutti i suoi cittadini e deve porre fine all’occupazione favorendo la creazione di uno Stato palestinese .
Qualunque sostegno ai diritti di Israele – esistenza, sicurezza – non può prescindere da quello dei diritti dei palestinesi. Senza una diversa politica verso i palestinesi Hamas non potrà essere sconfitta ma continuerà a risorgere dalle sue ceneri. Non saranno le armi a sconfiggere Hamas, ma la politica .
La lettura del libro di Anna Foa non può essere che altrettanto illuminante e piacevole quanto le parole sopra riportate. Di conseguenza non rimane che mantenersi attenti a quanto accade, alla degenerazione delle parole e degli animi, dove le menzogne vengono trasformate in verità e le allucinazioni in fatti.
Per le strade di Tel Aviv non ci sono solo gli ultrà fascisti sostenitori di Netanyahu, ma ci sono i familiari degli ostaggi che chiedono il ritorno a casa dei loro cari che non sarà certo facilitato dalle scelte del governo israeliano. Ci sono i pacifisti, gli antimilitaristi e i disertori che rifiutano e condannano il perpetuarsi della violenza.
Sono pochi, certo, ma sull’altro lato della strada ci sono quelli che ipocritamente indossano la kippah, senza rinnegare il loro Dna politico e non rinnegano la loro politica razzista, lieti di alimentare ogni forma di xenofobia e, non paghi, sul piano culturale dedicano francobolli a passati personaggi fascisti e antisemiti.
A noi non resta che solidarizzare con tutte le vittime di questa storia che crudeli governanti e apatici governati perpetuano ogni giorno. Ma, come diceva un mio vecchio amico mezzadro: Nulla è per sempre .