Betty, oss a spasso tra cooperative e senza futuro
La prima volta che ho iniziato a lavorare come oss avevo soltanto trent'anni, adesso ne ho quarantadue - racconta Betty -. A parte un periodo, durato sette anni, a tempo indeterminato presso una struttura dell'Emilia Romagna che alla fine ha chiuso, poi ho sempre lavorato con le cooperative. All'inizio non leggevo le buste paga, o meglio, guardavo quanto avevo guadagnato quel mese e finiva lì. Con il passare degli anni però mi sono accorta che guadagnavo sempre di meno e ho iniziato a prestare attenzione alle trattenute. Quando ho chiesto spiegazioni alla cooperativa per la quale lavoravo in quel periodo, mi hanno detto che tra le trattenute c'erano anche delle piccole rate per pagare la quota associativa e la tassa di ammissione soci
.
A quel punto Betty è andata da un sindacato per farsi spiegare meglio e quello che ha scoperto è che non si trattava di piccole cifre.
Ammetto di essere ignorante in materia e quindi di essermi meravigliata di cose di cui invece altri miei colleghi probabilmente erano già a conoscenza, ma ho trovato queste tasse davvero spaventose - dice sbigottita Betty -. Il sindacato mi ha spiegato che la quota associativa mi sarebbe stata restituita non appena avrei rescisso il contratto e ne avrei fatto richiesta, mentre per la tassa d'iscrizione, chiamiamola così, non c'era nessuna speranza di rivederla. Ogni mese, dunque dalla mia busta paga, prelevavano più di 100 euro senza che nessuno mi avesse mai spiegato il perché. In un anno quasi mille euro. Moltiplicato per tutte le cooperative per le quali ho lavorato fanno davvero una bella cifra
.
L'errore di Betty è stato quello di firmare un contratto con una cooperativa e non sapere neanche di che tipo di contratto si trattasse. È vero che sempre più spesso si sente parlare di sfruttamento dei lavoratori da parte delle cooperative, però è altrettanto vero che difficilmente si trovano lavoratori veramente consapevoli di che cosa voglia dire diventare soci di una cooperativa. Le coop fanno leva su agevolazioni fiscali per promettere un lavoro più o meno continuativo, anche se con paghe da fame e contratti a tempo indeterminato che nei fatti non valgono nulla.
C’è poi la questione degli straordinari esentasse, perché giustificati in busta paga come trasferte che difatti non sono tassate e il lavoratore pensa di guadagnare di più. In realtà, su quegli “straordinari a nero” ci guadagna solo la cooperativa che non paga i contributi, mentre se il lavoratore viene scoperto dall'Agenzia delle Entrate è costretto a pagare la tassazione evasa.
Adesso sono un lavoratore cosciente, so di essere sfruttata e sottopagata, ma lavoro ancora per una cooperativa, perché alla mia età ormai non ho altre alternative - confessa Betty -. Quello che spero è che lo Stato faccia finalmente qualcosa per tutelarci. Dico basta a questi furti autorizzati dal governo, perché già affrontiamo ogni giorno un lavoro di grande responsabilità verso gli altri e quindi non possiamo preoccuparci anche di dover tutelare i nostri diritti. Qualcuno dovrebbe farlo per noi
. Infine - conclude - consiglio ai miei colleghi di informarsi prima di stipulare qualsiasi contratto lavorativo e di fare quanto meno una scelta consapevole
.