Ingiustificate differenze fasce orarie reperibilità tra pubblico e privato
Le attuali norme che prevedono la differenziazione delle fasce orarie di reperibilità per i dipendenti pubblici e privati, stabilite dal Decreto Ministeriale n.206 del 17 ottobre 2017 (Decreto Madia – Poletti), sono state dichiarate costituzionalmente illegittime dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio.
La sentenza n. 16305/2023 del 3 novembre - emanata in seguito al ricorso presentato nel 2018 dal sindacato UIL Pubblica Amministrazione Polizia Penitenziaria verso il suddetto decreto - pone fine ad un regime di reperibilità troppo ampio riservato soltanto ad una categoria di lavoratori.
La sentenza dichiara che tali fasce risultano discriminatorie e più penalizzanti per i dipendenti pubblici e sancisce che la loro mancata armonizzazione con i dipendenti del settore privato è ingiustificata. Secondo i giudici amministrativi, non ci può essere divisione tra pubblico e privato, pertanto le fasce non possono essere tra loro incompatibili. Così l'orario previsto per gli statali deve essere tagliato, le ore di reperibilità devono scendere a 4 come per i privati.
L'articolo 3 del decreto n.206/2017, concernente il regolamento sulle modalità per lo svolgimento delle visite fiscali e per l'accertamento delle assenze dal servizio per malattia, stabilisce che le fasce orarie di reperibilità individuate per i dipendenti pubblici sono comprese tra le 9 e le 13 e tra le 15 e le 18, differenziandole da quelle dei dipendenti privati che risultano più brevi.
Essi sono tenuti infatti ad osservare orari diversi, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. L'obbligo di essere reperibili per i dipendenti pubblici vige inoltre anche nei giorni non lavorativi e festivi (se tali giorni sono ricompresi nella certificazione medica).
Secondo l'attuale disciplina le visite fiscali possono essere effettuate con cadenza sistematica e ripetitiva, anche in prossimità del giorno di riposo settimanale. Pertanto, il dipendente in tutto l'evento di malattia può essere sottoposto a più visite fiscali.
Il dipendente assente per malattia, se intende variare l'indirizzo di reperibilità dichiarato all'Amministrazione, deve darne immediata comunicazione precisando dove può essere reperito. Il lavoratore può rifiutare, senza nessuna conseguenza, l'ingresso dei medici fiscali al di fuori dell'orario di reperibilità.
In materia si era già espresso in sede consultiva il Consiglio di Stato, il massimo organo giurisdizionale, invitando l'Amministrazione Pubblica a procedere ad armonizzare correttamente la disciplina delle fasce orarie di reperibilità, senza distinzioni tra i dipendenti dei due settori.
Aveva pertanto sollecitato ad attuare tale disposizione, con le modalità ritenute più opportune, in base a quanto previsto dalla normativa di delega del decreto legge n.165 del 2001. Tuttavia, i Ministeri interessati si sono dimostrati indifferenti circa le osservazioni formulate dal Consiglio di Stato.
Considerando che la durata complessiva delle fasce orarie per il settore pubblico risulta quasi doppia rispetto a quella del settore privato – nell'arco della giornata sono 7 ore contro 4 ore – i giudici del tribunale regionale ritengono che mantenere differenziate tali fasce orarie sia indicativo anche di un abuso di potere dell'azione pubblica.
Inoltre, i controlli ripetuti, associati ad una restrizione delle ipotesi di esclusione dall'obbligo di rispettarle, sembrano piuttosto diretti a dissuadere il dipendente pubblico dal fare ricorso al congedo per malattia. Tale intenzione è palesemente in contrasto con la tutela della salute sancita dall'articolo 32 della Carta Costituzionale.
Alla luce della sentenza di annullamento parziale del decreto Madia, i Ministeri competenti dovranno revisionare la norma ed emanare un nuovo decreto in materia, che sia conforme agli indirizzi forniti dalla legge delega e tenendo conto delle osservazioni giurisprudenziali formulate dall'Organo giurisdizionale. La sentenza del TAR del Lazio indica chiaramente che le differenze tra i due settori non possono essere mantenute perché contravvengono a principi costituzionali.