Disturbo evitante di personalità

Scritto il 30/06/2021
da Monica Vaccaretti

Il Disturbo evitante di personalità (DEP) è un disturbo della personalità ossia quel modo di essere, sentire, esprimersi ed interagire che rende unica ogni persona. La personalità è lo stile personale con cui la persona si relaziona con altre persone in quanto esseri sociali. Se tale personalità è disturbata dalla paura di essere criticata ed esclusa si viene ad instaurare uno stile evitante di personalità che allontana totalmente la persona dalla vita sociale.

Caratteristiche del disturbo evitante di personalità

Chi soffre di disturbo evitante di personalità sente un forte disagio di inadeguatezza e ha reazioni disadattive 

Il Disturbo evitante di personalità si manifesta tipicamente in adolescenza o nella prima età adulta. È abbastanza comune e si stima che ne soffra circa il 2,4% degli americani.

La prevalenza nella popolazione mondiale è dell'1-10%. Secondo la definizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders DSM-5, la persona che ne soffre vive un forte senso di inadeguatezza e ha reazioni disadattive che la portano ad evitare tutte quelle situazioni sociali in cui può essere valutata negativamente e quelle interazioni che comportano il rischio di rifiuto, la critica, l'umiliazione.

I pazienti con DEP spesso hanno una storia clinica di altri disturbi psichiatrici. Tra le comorbilità sono frequenti il disturbo depressivo maggiore e il disturbo ossessivo compulsivo. Si accompagna spesso con un disturbo d'ansia, come il disturbo di panico e il disturbo di ansia sociale. Non è raro che si associ ad un altro disturbo di personalità, come quello dipendente e quello borderline, rendendo la sintomatologia più grave e disabilitante.

Cause del disturbo evitante di personalità

L'eziologia non è chiaramente definita. Tra le cause che possono favorire l'insorgere del disturbo vi è una profonda e dolorosa trascuratezza emotiva da parte delle figure affettive di riferimento. Alla base ci sono generalmente esperienze emozionali di rifiuto, rigetto ed emarginazione sociale durante l'infanzia.

Numerose ricerche suggeriscono che l'evitamento sociale, come risposta a tale situazione, può manifestarsi precocemente sin dall'età di 2 anni. Contrariamente si ritiene che una delle cause potrebbe essere un eccessivo controllo da parte dei genitori ultra-protettivi che impedirebbe un normale e sano sviluppo della personalità del bambino oppure una costruzione nel figlio di una immagine sociale fonte di un continuo apprezzamento. Storie di abuso fisico e psicologico e frequenti umiliazioni da parte di coetanei emergono spesso nei vissuti delle persone che soffrono di tale disturbo.

Come si manifesta il DEP

La sintomatologia si riferisce agli stati d'animo e agli atteggiamenti. Non ci sono manifestazioni cliniche, ma soltanto comportamentali. L'individuo si ritrova ad evitare di interagire con gli altri per il timore delle critiche, della disapprovazione e del rifiuto. Nonostante desideri l'interazione sociale, la bassa autostima e l'intenso senso di inadeguatezza inibiscono a tal punto da isolarli senza una rete di relazioni.

Si sentono socialmente inetti, non interessanti, inferiori agli altri. Silenziosi, riservati ed eccessivamente timidi, non amano apparire ed esprimersi per non essere criticati e giudicati. Pensano di essere considerati sbagliati, si credono sempre non all'altezza nel confronto con gli altri. Per timore di essere derisi non raccontano di sé. Trattengono le emozioni. Bisognosi di sicurezza e di certezza, evitano persone e situazioni nuove, pertanto conducono uno stile di vita limitato e vivono una vita solitaria e monotona. Talvolta questa vita povera di stimoli esterni contribuisce all'insorgenza di un quadro depressivo.

L'evitante si allontana dagli altri per proteggersi, l'esagerata autocritica lo aiuta a difendere la grande sensibilità all'umiliazione e al giudizio altrui. Imponendosi delle convinzioni limitanti in merito alle sue capacità di instaurare buone relazioni con gli altri, si protegge da ulteriori esperienze relazionali negative. Si rifugia nella fuga e considera la sua situazione immutabile.

Molti pazienti riescono a mantenere un discreto ruolo sociale e lavorativo organizzando il loro stile di vita in un ambiente familiare e protetto evitando confronti e limitandosi a vivere ristrette relazioni abituali familiari senza sconfinare. Se il loro sistema di autoprotezione cede vanno incontro a depressione, ansia, collera. L'ideazione suicidaria e l'abuso di sostanze come l'alcool sono frequenti in quei pazienti che vedono crollare inesorabilmente la propria immagine e quella poca autostima che hanno.

Diagnosi e trattamento di disturbo evitante di personalità

Si fa diagnosi in base a criteri clinici. La presenza di 4 o più criteri del “modello persistente di evitamento del contatto sociale, sentimenti di inadeguatezza e una ipersensibilità alle critiche e al rifiuto” permette di fare diagnosi differenziale rispetto alla fobia sociale e al disturbo schizoide di personalità.

In letteratura non ci sono molti studi sull'efficacia clinica dei vari protocolli terapeutici. Tuttavia, il trattamento d'elezione consiste in una terapia cognitivo-comportamentale focalizzata sull'acquisizione di abilità sociali e sulla capacità di stare in gruppo. Si rivelano efficaci anche la psicoterapia individuale e di gruppo che lavora sull'autostima per ridurre l'inibizione sociale. La psicoterapia analitica e psicodinamica si concentra sui conflitti inconsci e va ad analizzare gli schemi di pensiero evitanti.

L'obiettivo del trattamento è ristabilire una sana e stabile autostima e diminuire il disagio emotivo relazionale. La guarigione passa attraverso il recupero della percezione del proprio valore, della bellezza delle proprie emozioni e delle capacità di relazionarsi con gli altri in uno stato mentale positivo e con un senso soggettivo di appartenenza e di serena accettazione del proprio io in relazione con l'altro.

La terapia farmacologica con ansiolitici e antidepressivi aiuta a ridurre l'ansia per consentire ai pazienti di esporsi a nuove situazioni sociali. Il trattamento può dare buoni risultati soltanto se il paziente riconosce il proprio disturbo nei suoi pensieri e nelle sue emozioni ed è pronto a cercare di affrontare le situazioni problematiche che gli causano atteggiamenti evitanti e disturbanti.