L’ictus comporta una serie di deficit che vanno ad incidere in maniera significativa sulla vita della persona poiché si tratta di danni irreversibili che spaziano da deficit motori come formicolii a volto, braccio o gamba, riduzione della capacità di movimento di un emisoma (emiparesi) o assenza completa di movimento di una parte del corpo (emiplegia), mancanza di coordinazione muscolare in associazione a vertigini e perdita di equilibrio, difficoltà nella deglutizione, confusione mentale, disturbi motori del linguaggio o perdita della capacità di produrre o comprendere il linguaggio, disturbi della vista come la perdita di metà del campo visivo o visione sdoppiata.
Disfagia secondaria a ictus
La disfagia si verifica nel 50% dei pazienti con ictus maggiore associato ad emiplegia. La prevalenza della disfagia è maggiore nelle fasi acute dell’ictus e si riduce al 15% a 3 mesi. La disfagia è associata a una maggiore incidenza di complicanze mediche e a un’aumentata mortalità globale.
Secondo una recente revisione sistematica in pazienti con ictus, l’incidenza di disfagia risulta più elevata usando test clinici specifici (water swallow test; 51%-55%) ed ancora maggiore con test strumentali (esame endoscopico a fibre ottiche o videofluoroscopia; 64%-78%).
Inoltre, la disfagia si presenta meno frequentemente negli ictus emisferici, mentre è clinicamente più rilevante, anche nel lungo termine, negli ictus del tronco dell’encefalo. Il rischio di complicanze broncopolmonari risulta aumentato in pazienti con disfagia ed aspirazione.
Un’insufficiente alimentazione può peggiorare lo stato catabolico dei pazienti con ictus. Le stime di incidenza della malnutrizione variano dal 7 al 15% all’ammissione e dal 22 al 35% a 2 settimane; tra i pazienti che richiedono una riabilitazione prolungata, la prevalenza della malnutrizione può raggiungere il 50%.
La malnutrizione è associata ad uno scarso recupero funzionale e a un’aumentata mortalità. Tuttavia, somministrare integratori alimentari di routine a tutti i pazienti con ictus non migliora gli esiti né riduce le complicanze. Nei pazienti con disfagia persistente, le opzioni per la nutrizione enterale comprendono SNG o PEG.
Afasia secondaria ad ictus
L’attacco di Stroke molto spesso comporta l'insorgenza di deficit del linguaggio. Tra questi il più significativo è l’afasia. L’obiettivo del trattamento è il recupero dell’attività comunicativa orale o scritta e la capacità di comprendere quanto detto per stabilire la comunicazione e le relazioni sociali.
Il paziente afasico spesso è irritato, agitato ed ansioso a causa della consapevolezza del disturbo; nella gestione è importante ricordarsi di questo probabile stato. Il trattamento, in genere, è affidato al logopedista o al terapista della riabilitazione ma gli obiettivi ed i risultati devono essere noti a tutta l’équipe al fine di stimolare ed incoraggiare il paziente.
Emiplegia secondaria ad ictus
L’emiplegia è una condizione in cui uno dei due lati del corpo è paralizzato. Può essere considerata una forma più grave di emiparesi ed è causata da un danno al cervello che può essere generato prima della nascita (emiplegia congenita), durante il parto o dopo la nascita.
Nell’adulto può essere la conseguenza di un ictus. Per garantire un recupero adeguato è necessario seguire un percorso riabilitativo. Per riabilitazione si intende tutto quel complesso di abilità e funzioni coordinate poste in atto per sfruttare il potenziale di recupero del paziente al fine di restituirgli quanto più possibile la sua autonomia nelle attività quotidiane della vita, riducendone il grado di dipendenza.
La probabilità di successo dell’assistenza riabilitativa è definita sulla base di indicatori prognostici che consentono di individuare opportunamente l’utilizzo di risorse. L’assistenza riabilitativa richiede l’elaborazione, da parte dello specialista competente, di un progetto individuale che si inserisce in un più generale progetto assistenziale, che definisce il setting e gli interventi riabilitativi nell’ambito di un approccio multiprofessionale che include il medico di medicina generale.
Sulla base della stabilità delle condizioni cliniche, dell’autonomia residua, dello stato mentale, della resistenza all’attività fisica e del supporto familiare è opportuno scegliere il setting riabilitativo fra l’ambiente ospedaliero (reparto internistico o riabilitativo), la residenza socio-assistenziale, l’ambulatorio di riabilitazione ed il domicilio.
Il bilancio clinico finalizzato alla redazione del progetto e del programma riabilitativo prevede la valutazione delle condizioni generali, dei fattori sociali, delle prestazioni motorie e cognitive, dello stato emotivo e del comportamento, della comunicazione, del supporto familiare e dell’autonomia.
Nel realizzare un progetto riabilitativo è indispensabile tenere conto delle esigenze del paziente in relazione a: informazione sulle caratteristiche della malattia, prospettive future, servizi di supporto a domicilio, possibilità di adattamento dell’abitazione, soluzione delle difficoltà psichiche, possibilità di partecipazione ad attività lavorative e sociali.
Oltre alla riabilitazione, è fondamentale eseguire una mobilizzazione precoce del paziente. L'inizio della fisioterapia entro i primi 2-3 giorni (dal giorno del ricovero).
Depressione secondaria ad ictus
Raccomandazioni
La depressione dovrebbe essere sospettata sempre e la sua presenza effettiva nonché le cause, indagate adeguatamente. A seguito di attacco ictale, la comparsa di comportamenti depressivi è frequente e sono dovuti sia al danno biologico cerebrale, che alla reazione all’inabilità.
La depressione post ictus è stata riscontrata con incidenza che varia dall’11 al 68% dei pazienti e tende all’aumento. È pertanto più facilmente diagnosticabile nella fase di riabilitazione piuttosto che nella fase acuta.
Se persistenti, sono tutti campanelli di allarme per il personale di assistenza ed i familiari. La depressione può influire negativamente sul programma di riabilitazione per riduzione della compliance e rallentarne i risultati. Va trattata, quindi, correttamente e precocemente.
I sintomi tendono ad attenuarsi in presenza di un buon piano riabilitativo e di un supporto psicologico positivo tendente a sottolineare i piccoli risultati e le conquiste sul piano delle attività (Palermo, 2023).
Perdita di memoria e incapacità di ragionamento
Il deterioramento cognitivo post-ictus può aumentare il tasso di ospedalizzazione e il costo delle cure e diminuire la qualità della vita dei pazienti colpiti da ictus. Ad oggi, molteplici interventi di riabilitazione cognitiva sono stati testati in popolazioni di ictus con decadimento cognitivo post-ictus.
Gli interventi di riabilitazione cognitiva riparativa mirano a migliorare le funzioni cerebrali compromesse nei pazienti. E gli interventi potrebbero mostrare efficacia nella riabilitazione cognitiva mirando alle lesioni sulle strutture neuroanatomiche dopo l'ictus. Un esempio sono i farmaci anticolinergici.
Migliorare la perfusione cerebrale potrebbe essere un altro obiettivo per la riabilitazione cognitiva. La prevalenza di microsanguinamenti cerebrali è di circa il 34% nei pazienti con ictus ischemico e del 60% nei pazienti con ictus emorragico. E la presenza di microsanguinamenti cerebrali si associa in modo indipendente a un lieve deterioramento cognitivo nei pazienti. Lo studio ha dimostrato che l'ipertensione è un fattore di rischio per i microsanguinamenti cerebrali.
Inoltre, l'ipertensione potrebbe interrompere l'autoregolazione cerebrale, ridurre la perfusione cerebrale e limitare la capacità del cervello di eliminare le proteine dannose, e quindi può compromettere la cognizione.
La terapia antipertensiva potrebbe favorire il declino cognitivo attraverso la correzione di questi fattori. È stato dimostrato che gli esercizi fisici, incluso l'esercizio aerobico, aumentano la perfusione e la plasticità, e influenzare la struttura e la forza sinaptica attraverso l'induzione di fattori di crescita centrali e periferici.
Pertanto, gli esercizi aerobici potrebbero giovare alla riabilitazione cognitiva combinando i suoi effetti sulle strutture neuroanatomiche e sulla funzione vascolare. Gli interventi che possiamo mettere in atto possono essere sia farmacologici che non.