Come si effettua il parto operativo vaginale
Gli strumenti del parto operativo sono il forcipe e la ventosa. La scelta del dispositivo dipende in gran parte dalle preferenze e dall'esperienza dell'operatore.
In Italia lo strumento adottato maggiormente è la ventosa ostetrica e non il forcipe.
Esistono varie tipologie di ventosa ostetrica, che comprendono:
- Una coppetta di materiale rigido (metallo, plastica) o flessibile
- Un sistema di trazione che può essere incorporato nel sistema di aspirazione o dislocato rispetto a questo
- Un sistema di aspirazione che, fornendo una pressione negativa, consente l’adesione della coppetta allo scalpo fetale. Il vuoto può essere generato con un sistema elettrico di aspirazione, con un sistema manuale o palmare
Negli ultimi anni si è diffusa anche in Italia il modello di ventosa Omnicup ideata da Aldo Vacca, una ventosa con coppetta di plastica rigida, monouso, dotata di indicatore per seguire la rotazione della testa e dotata di un sistema di creazione del vuoto manuale molto semplice, inserito nell’impugnatura.
La ventosa Omnicup può essere utilizzata sia nelle posizioni occipito anteriori che in quelle occipito posteriori o trasverse della testa fetale in quanto di facile manovrabilità nel canale del parto.
Indicazioni al parto operativo vaginale
Vi sono quattro indicazioni possibili al parto operativo vaginale:
- Alterazioni del tracciato cardiotocografico: è l’indicazione principale all’accorciamento strumentale del periodo espulsivo. Il sospetto che le condizioni di benessere fetale siano compromesse e la valutazione che il parto per via vaginale possa essere espletato in tempi più brevi rispetto al taglio cesareo, consentono di prendere la decisione di intervenire tramite ventosa ostetrica
- Indicazione elettiva al raccorciamento del II stadio: es. cardiopatia materna, miastenia gravis, retinopatia materna, ecc.
- Rifiuto della madre di proseguire nel periodo espulsivo: solo dopo aver valutato altre possibili soluzioni (partoanalgesia, mobilizzazione della donna, cambio dell’ostetrica che assiste)
- Ritardo o arresto della progressione della parte presentata: difficile definire con criteri obiettivi questa indicazione, poiché il tempo del periodo espulsivo applicato in maniera rigida, come consigliato da alcune società scientifiche del passato, non è più considerato un criterio adeguato. Nel prendere in considerazione questa indicazione è importante anche interrogarsi e valutare alcuni aspetti del periodo espulsivo quali posture materne, rispetto della fase di transizione, tipologia e durata della spinta materna, attività contrattile
Complicanze del parto operativo vaginale
Le complicanze che possono derivare dal parto operativo con ventosa per quanto riguarda la donna sono principalmente le lacerazioni perineali, quelle di III° e IV° grado interessano il 10-30% dei parti operativi.
Il parto operativo mediante ventosa ostetrica rappresenta un rischio assoluto di lesioni neonatali basso, quando eseguito con perizia e prudenza.
Quasi tutti i neonati nati da POV presenteranno effetti sullo scalpo fetale essendo la trazione esercitata proprio su questo punto, la maggior parte di questi risultano transitori e di nessuna rilevanza clinica per il neonato. Le sequele a lungo termine del POV sono equivalenti a quelle del parto spontaneo vaginale.
Clinicamente i danni neonatali riscontrabili dopo applicazione di ventosa ostetrica possono essere classificati in:
- Danni prevalentemente estetici: chignon, arrossamento ed ecchimosi dello scalpo fetale
- Danni clinicamente non significativi: abrasioni superficiali dello scalpo fetale, cefaloematoma, emorragia retinica
- Danni clinicamente significativi: estese o profonde lacerazioni dello scalpo, emorragie subgaleali, emorragie intracraniche e frattura del cranio