Valore legale dei messaggi WhatsApp ai dipendenti

Scritto il 01/09/2020
da MS

WhatsApp rappresenta senz’altro un’innovazione comunicativa “fondamentale” anche da un punto di vista lavorativo, tanto che in moltissime realtà aziendali viene utilizzato come principale strumento di comunicazione: comunicazioni che riguardano spesso i turni di lavoro, comunicazioni che al tempo stesso, però, provocano molti “effetti indesiderati”. Basti pensare al Tribunale di Catania – sez. Lavoro 27/06/2017 – il quale ha stabilito che il licenziamento intimato ad un dipendente a mezzo WhatsApp avesse pienamente assolto l’onere della forma scritta (Altalex.com). Cerchiamo allora di comprendere l’eventuale valore legale che può avere una comunicazione di lavoro avvenuta tramite WhatsApp.

Se il capo scrive ai dipendenti su WhatsApp ha valore legale?

Chat WhatsApp

Utilizzare il sistema di messaggistica più famoso nel mondo - solo in Italia si stima che 32 milioni di cittadini utilizzino WhatsApp (fonte eMarketer) - presuppone il possedere un numero di telefono cellulare, numero che non necessariamente il dipendente deve comunicare al proprio superiore e/o datore di lavoro, a meno che non si tratti di una SIM aziendale oppure nel caso in cui il lavoratore sia reperibile.

Tale fondamentale premessa già è dirimente ed a favore del dipendente, il quale ha la piena facoltà di spegnere o disconnettere il proprio smartphone al termine del turno di lavoro, facoltà intesa come “diritto al riposo” peraltro sancito dalla Costituzione, dalla legge e dai vari CCNL.

Sulla scia delle fonti costituzionali e primarie, non sempre al passo con l’evoluzione tecnologica, finora non correttamente regolamentata da un punto di vista del diritto del lavoro, attualmente si sta sempre di più diffondendo il cosiddetto “diritto alla disconnessione”, ovvero il diritto a non utilizzare le apparecchiature che connettono costantemente e senza soluzione di continuità il lavoratore alla propria prestazione lavorativa o più semplicemente il diritto alla irreperibilità.

A differenza della Francia, dove già dal 2016 (con la legge 1088-2016) le aziende con un numero di dipendenti superiore a 50 devono impegnarsi a regolamentare il tempo libero del proprio personale non inviando e-mail, comunicazioni, messaggi e telefonate al di fuori dell’orario di lavoro, in Italia troviamo traccia del neonato diritto esclusivamente nella legge n.81 del 2017 ed in alcuni CCNL non propriamente di tipo sanitario:

  • Art. 19 Legge n.81 del 2017: (...) l’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro
  • Accordo quadro globale sui diritti fondamentali del lavoro UniCredit: le comunicazioni aziendali, come telefonate, chat o e-mail devono essere effettuate nel rispetto delle norme sull’orario di lavoro previste dal contratto nazionale
  • Findomestic, accordo raggiunto con i sindacati: al di fuori dell’orario di lavoro, strettamente correlato alla mansione e alla struttura di appartenenza, viene riconosciuto il diritto alla disconnessione, ossia la possibilità dei lavoratori di non rispondere alle e-mail e alle telefonate al di fuori del suddetto orario
  • Policy Cattolica Assicurazioni: non è di regola previsto né richiesto lo svolgimento di attività lavorativa nella fascia compresa tra le 18:30 e le 7:45 né durante gli interi giorni di sabato e festivi
  • Regolamento Università dell’Insubria: l’uso delle tecnologie deve essere calibrato e permettere al cervello di riposare. Dalle ore 20:00 alle ore 07:00 del giorno seguente e in tutti i fine settimana e festivi chi riceve mail, telefonate e altro ha il diritto di non rispondere e di concentrarsi sulla vita personale e non soltanto professionale

Senz’altro una modalità operativa così rispettosa del dipendente dovrebbe trovare terreno fertile anche nell’ambito sanitario dove, ancora oggi, si assiste ad un uso ai limiti della legalità di tale applicazione.

Per cercare ora di comprendere l’eventuale valore legale di una comunicazione avvenuta tramite WhatsApp ripartiamo proprio dalla sentenza enunciata ad inizio articolo, poiché può aiutarci a riconoscere valido oppure no un ordine di servizio impartito tramite servizio di messaggistica.

Un datore di lavoro aveva licenziato un lavoratore inviandogli un messaggio WhatsApp. La Corte di Merito ha ritenuto che il messaggio fosse comunque da assimilare ad un documento informatico in grado di:

  • Identificare sia il mittente (datore di lavoro) che il destinatario (lavoratore)
  • Fornire una prova inconfutabile dell’avvenuto invio e ricezione del messaggio e dell’avvenuta lettura dello stesso: le doppie spunte grigie indicano l’effettiva ricezione del messaggio e le doppie spunte blu la conferma dell’avvenuta lettura
  • Individuare con precisione data ed orario di invio, ricezione e lettura, al pari di qualsiasi altro strumento “ordinario”

Se tale orientamento giuridico entrasse nella pratica lavorativa quotidiana, sarebbe sufficiente a giustificare un’eventuale disposizione impartita a mezzo WhatsApp?

Proviamo a rispondere mettendo a confronto le caratteristiche dell’ordine di servizio rispetto a quanto riporta il Tribunale di Catania.

Ordine di servizioSentenza licenziamento
Deve essere in forma scrittaAssolve l’onere della forma scritta
Deve essere tempestivo e pervenire per tempo: deve essere comunicato in anticipoÈ possibile individuare la data e l’ora di invio e la data e l’ora della ricezione
Deve essere impartito presso il luogo di lavoroNon è dato sapere dove fosse il dipendente al momento della comunicazione
Deve essere impartito dal dirigente infermieristico o da un suo delegatoÈ stato impartito dal direttore tecnico, tuttavia la dichiarazione di recesso proveniente da un organo della società datrice di lavoro sfornito del potere di rappresentanza può essere efficacemente ratificata dal datore di lavoro anche in sede di costituzione del giudizio per resistere all’impugnativa del licenziamento proposta dal lavoratore
Deve contenere la motivazioneAll’interno della sentenza non è trascritto il messaggio
Deve essere chiaroLa comunicazione del licenziamento era molto chiara, tanto che il dipendente ha subito impugnato il licenziamento
Deve essere nominativoSi rivolge direttamente al dipendente interessato dal licenziamento
Deve indicare la data in cui viene emessoLa data è ben specificata nel messaggio inviato al lavoratore
Deve contenere le azioni che si ordinano di eseguire sul dipendenteSono ben specificate le azioni impartite dal datore di lavoro