Assunte dopo la gravidanza, Regione smentisce discriminazioni

Scritto il 22/11/2024
da Redazione

Alcune assunzioni di infermiere vincitrici di concorso pubblico sono state posticipate al termine del periodo di maternità obbligatoria. È quanto starebbe accadendo in alcune Asl del Lazio, secondo quanto denunciato dall’Unione sindacale di base. Alla denuncia è seguita subito l'indignazione dell'Ordine delle professioni infermieristiche di Roma, che ha parlato di macroscopica offesa alla dignità delle donne, delle colleghe. Ma la Regione smentisce qualsivoglia discriminazione: C’è stato il rispetto delle normative relative all’assunzione di professioniste sanitarie in gravidanza e in maternità. Le accuse di “pratiche discriminatorie” non corrispondono al vero.

Zega, Opi Roma: pronti ad agire a tutela della dignità delle colleghe

periodo maternità

Le assunzioni delle infermiere vincitrici di concorso presso alcune Asl del Lazio sono state posticipate al termine del periodo di maternità.

Il caso delle infermiere in stato di gravidanza a cui sarebbe stato chiesto di posticipare l’inizio del rapporto di lavoro sta suscitando un acceso dibattito.

A sollevare il problema è stata l’Unione Sindacale di Base, che ha denunciato una presunta discriminazione in alcune aziende sanitarie del Lazio, riportata in un articolo de La Repubblica. La questione ha acceso le critiche del presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche (Opi) di Roma, Maurizio Zega, che parla di una macroscopica offesa alla dignità delle colleghe.

Secondo quanto riportato, alcune infermiere incinte o puerpere, risultate vincitrici di concorso presso strutture sanitarie come la Asl Roma 2, la Asl di Rieti, l’Ifo e l’azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata, sarebbero state invitate a posticipare la presa di servizio fino alla fine del periodo di maternità obbligatoria. Una decisione definita da Zega irragionevole e lesiva dei diritti fondamentali delle donne.

Il presidente dell’Opi di Roma ha ricordato che tali pratiche, qualora confermate, violerebbero principi costituzionali (articoli 3, 4, 31, 37 e 51), norme del Codice delle Pari Opportunità (decreto legislativo 198/2006) e direttive europee, sottolineando come un trattamento meno favorevole per motivi legati alla gravidanza sia da considerarsi discriminatorio.

Zega non ha escluso che tali comportamenti possano essere interpretati come una forma di pressione psicologica verso l’interruzione della gravidanza, potenzialmente configurando un reato.

È essenziale garantire il rispetto della dignità delle colleghe e agire contro chi perpetua discriminazioni, siano esse pubbliche o private, ha dichiarato Zega, esortando la Regione Lazio a intensificare i controlli e prendere provvedimenti concreti.