La Commissione Nazionale per l’Educazione Continua in Medicina ha deciso di concedere un altro anno per assolvere all’obbligo formativo relativo al triennio 2017/2019, ma dopo la proroga arriveranno le sanzioni. Come funziona la proroga e come gestire i crediti: una guida sui principali rischi che corre chi non sarà in regola entro il 31 dicembre 2020.
Per consentire la riforma del sistema e dar tempo ai nuovi Ordini di entrare a pieno titolo nel sistema dell’Ecm la Commissione ha deliberato di mantenere l’obbligo formativo (pari a 150 crediti) per il triennio 2020-2022 e consentire l’acquisizione dei crediti formativi relativi al triennio 2017/2019 sino al 31 dicembre 2020.
Come funziona la proroga La Commissione Ecm ha concesso un anno di tempo in più ai professionisti sanitari per mettersi in regola con l’obbligo dell’aggiornamento continuo. Intanto, dal primo gennaio è iniziato il nuovo triennio 2020-2022, per il quale è previsto un obbligo pari a 150 crediti Ecm da acquisire tramite la frequenza di convegni, congressi, corsi siano essi residenziali o a distanza (Fad) e anche attraverso l’autoformazione.
Durante il triennio 2020-2022, quindi, andranno comunque acquisiti 150 crediti (salvo esoneri, esenzioni ed eventuali altre riduzioni) distinti da quelli utilizzati per completare l’obbligo del triennio scorso
In questo anno si chiede ai professionisti di sanare la propria posizione formativa degli anni precedenti ma anche di iniziare a pensare al nuovo periodo formativo.
Sarà quindi il professionista a decidere se destinare i crediti acquisiti nel corso di quest’anno ai trienni precedenti o al 2020-2022, spostandoli sul portale del Cogeaps.
Chi si avvale della proroga non avrà riduzioni Per i professionisti che approfitteranno della proroga non si applicano le riduzioni previste al paragrafo 1.1, punti 1 e 2 del Manuale sulla formazione continua del professionista sanitario (ovvero: sconto pari a 30 crediti per i professionisti che nel triennio 2014-2016 avevano maturato tra i 121 e i 150 crediti e pari a 15 crediti per coloro che ne avevano maturati tra 80 e 120).
Questo significa che i professionisti sanitari che non hanno completato l’obbligo entro il 31 dicembre 2019 dovranno seguire un numero maggiore di corsi.
Rischi per chi non assolve gli obblighi formativi Non saranno previste ulteriori proroghe o dilazioni terminato questo anno. Gli ordini professionali competenti hanno già annunciato l’applicazione delle sanzioni che sono previste al termine di questo ultimo anno di proroga.
Consulcesi ha formulato alcune realistiche ipotesi di cosa rischia chi evade l'obbligo Ecm .
Accreditamenti sanitari Chi lavora da dipendente o da titolare in ambito privato non può dimostrare di aver assolto l’obbligo annuale e di conseguenza può mettere a rischio la propria o altrui azienda.
Certificazioni per la qualità Le istituzioni sanitarie private più qualificate sono in genere certificate per la Qualità da Istituti nazionali ad hoc. Tali istituti metteranno a verbale questa “non conformità” rimettendo in discussione il rinnovo annuale della Certificazione della Qualità.
Cause risarcitorie In una causa di risarcimento per colpa il professionista finirebbe per soccombere in tribunale in quanto il collegio giudicante non può che dare torto a chi compie un illecito disciplinare nel corso dell’attività.
Premi assicurativi Le società Assicuratrici controlleranno la formazione ECM e saranno pronte al momento del rinnovo ad elevare i premi annuali a coloro che non dimostreranno di essere in regola con l’aggiornamento.
Mancato risarcimento Le società Assicuratrici non copriranno il danno causato dal professionista evasore nell’esercizio professionale in quanto lo stesso non si troverebbe in regola con quanto prescritto dalla legge.
Cause penali Nelle cause per risarcimento gli avvocati di parte avversa indagheranno e non perderanno occasione per mettere in discussione le capacità di quei professionisti che non sono correttamente aggiornati a norma di legge.
Sanzioni dall'Ordine A prevedere sanzioni per chi non si aggiorna sono la legge Lorenzin 3/2017 e, prima ancora, il decreto legislativo 138 del 2011 che parla di “illecito disciplinare”.