L'importanza etica e strategica di riflettere sul gesto di cura

Scritto il 04/03/2019
da Sara Di Santo

Interrogarsi sull’effettiva utilità di un’azione o sull’utilizzo di una tecnologia i cui effetti si riversano su una persona è una pratica che i professionisti della salute, travolti dalle cose da fare, spesso dimenticano. Ma dare la giusta importanza alla riflessività è fondamentale nei contesti di cura, sia per motivi etici che per motivi strategici. Ne ha parlato Enrico Furlan, filosofo, in occasione del VII° Congresso Amietip.

Professionisti sanitari e l'importanza della ricerca degli orizzonti di senso

Che cosa ci fa un filosofo in mezzo ad infermieri, medici, anestesisti e specializzandi? Potrei sembrare un intruso – spiega Enrico Furlan, bioeticista presso il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata dell'Università di Padova – ma in realtà tra i professionisti della salute sta crescendo la consapevolezza che la loro attività ha una dimensione normativa. C’è da valutare se le cose che facciamo tutti i giorni, gli strumenti tecnologici che abbiamo a disposizione sono davvero utili per la persona.

Chiamato a relazionare al VII° Congresso nazionale Amietip, l'Accademia Medica Infermieristica di Emergenza e Terapia Intensiva Pediatrica, Furlan ha sottolineato l’importanza per i professionisti della salute di non lasciarsi travolgere dai ritmi di lavoro frenetici, dimenticando di riflettere su ciò che ogni giorno mettono in atto con le persone, sulle persone. E ha posto l'attenzione non solo sulla sfera etica, ma anche su quella strategica.

Nell’ambito sanitario, in particolare, etica è tutto ciò che è indiscutibilmente degno e proprio dell’uomo e tutto ciò che si oppone a quanto non accostabile alla dignità della persona in quanto tale. Certe domande non hanno risposta, ma andare nei reparti e scoprire che non ci si pone nemmeno la domanda è estremamente preoccupante, sottolinea Furlan.

Spesso siamo travolti dalle cose da fare, abbacinati dalla sofisticatezza degli strumenti che abbiamo a disposizione ma non ci facciamo la domanda: ha senso per questa persona, per questa famiglia, in questo momento?

Da qui la necessità di maggior riflessività nei contesti di cura, continua il filosofo, che avanza l'ipotesi di lavorare per integrare nella formazione di base dei professionisti della salute, medici e infermieri in primis, anche l'attenzione, l'attitudine a chiedersi il senso delle cose che facciamo. Un'attitudine che se risponde ontologicamente alla dimensione etica dell'assistenza, strizza l'occhio anche alla dimensione strategica di un'organizzazione aziendale.

La stragrande maggioranza delle cause che vengono fatte contro gli ospedali - spiega infatti Furlan - è dovuta ad errori di comunicazione e di analisi. Anche solo per motivi di riduzione del contezioso, che sta crescendo enormemente in ambito sanitario, lavorare sugli aspetti etico-comunicativi è strategico.

Comitati etici per la pratica clinica, un sostegno ai curanti

In alcune realtà sono stati creati dei comitati etici per la pratica clinica, che offrono un vero e proprio aiuto ai curanti nell'affrontare le questioni che sorgono al letto del paziente. Lì dove ci sono e funzionano bene - riporta Furlan - sono un ottimo strumento.

Altre realtà, invece, stanno sperimentando la presenza di un consulente etico, un professionista esperto in grado di aiutare i sanitari a svolgere una riflessione lì nei luoghi dove si cura, sempre a disposizione per fare in modo di prendersi cura anche di chi si prende cura.

I benefici nel partecipare ad attività riflessive di tipo etico sono tanti; la prima cosa che ho notato nei professionisti - conclude Furlan - è che si prendono più tempo per ascoltare e per parlare. Ascoltano di più, parlano di più con i pazienti e con i familiari. Acquisiscono un'attitudine di tipo collaborativo.

La complessità delle situazioni con le quali ci confrontiamo oggi richiede un approccio di gruppo. Lavorare insieme, ragionare insieme, aiuta a prendere la decisione più saggia

Non c'è più spazio, insomma, per i cavalieri che lottano impavidi contro la malattia. La vera sfida è quella di superare l'individualismo in favore del lavoro di squadra.