Diabete e infermieri: tra turni, stili di vita e rischio metabolico

Scritto il 12/11/2025
da Chiara Sideri

Il diabete mellito di tipo 2 rappresenta oggi una delle principali emergenze sanitarie globali. È una malattia cronica che nasce lentamente, alimentata da una combinazione di predisposizione genetica, alimentazione scorretta, sedentarietà e stress. Ma accanto ai fattori noti, esistono determinanti meno considerati: le condizioni di lavoro. Nel caso degli infermieri, il rischio si intreccia con la turnazione, i ritmi circadiani alterati e le abitudini legate a un lavoro che richiede costante attenzione, flessibilità e resistenza fisica. Lavorare di notte, dormire di giorno e adattarsi a orari irregolari non è solo una sfida organizzativa: è una condizione biologicamente destabilizzante, che nel tempo può contribuire all’insorgenza di disturbi metabolici, tra cui il diabete.

Quando il lavoro diventa un fattore di rischio

infermiera con cgm

Lavorare di notte, dormire di giorno e adattarsi a orari irregolari può contribuire all’insorgenza di disturbi metabolici, tra cui il diabete.

Numerose ricerche hanno evidenziato un legame tra lavoro su turni e rischio aumentato di diabete.

Una delle più citate, pubblicata su PLoS Medicine da Pan e colleghi (2011), ha seguito oltre 177mila infermiere statunitensi per più di 20 anni. Risultato: ogni cinque anni trascorsi in turnazione notturna rotativa si associa a un incremento del rischio di diabete del 31%.

Una meta-analisi del 2024 su BMC Endocrine Disorders ha confermato questi dati, stimando un aumento del rischio medio del 30% per i lavoratori notturni rispetto a quelli diurni.

L’associazione risulta più evidente nelle donne e in chi ha più di dieci anni di esperienza in turni alternati.

Gli effetti del lavoro notturno si accumulano nel tempo e si intrecciano con altri fattori di rischio già diffusi nella popolazione infermieristica, come:

  • l’alimentazione irregolare e ricca di carboidrati rapidi, spesso dovuta a pasti consumati in reparto o in orari anomali;
  • la riduzione dell’attività fisica, penalizzata dai ritmi lavorativi;
  • l’aumento dello stress cronico e della produzione di cortisolo, che interferisce con la regolazione glicemica;
  • la frammentazione del sonno, che altera la sensibilità insulinica.

Nel complesso, questi elementi trasformano la professione infermieristica in una condizione di vulnerabilità metabolica strutturale.

Ritmo circadiano e metabolismo

L’organismo umano segue un ritmo biologico di circa 24 ore, governato dall’alternanza luce-buio. Questo orologio circadiano regola la secrezione ormonale, la temperatura corporea, la glicemia e numerosi processi metabolici.

Il lavoro notturno, spostando l’attività nelle ore destinate al riposo, provoca un disallineamento tra l’orologio interno e gli stimoli esterni. Ne conseguono variazioni nel rilascio di melatonina, insulina e cortisolo, con una progressiva riduzione della sensibilità insulinica.

In pratica, il corpo “pensa” di essere a riposo mentre riceve alimenti o affronta attività intense. Il risultato è un metabolismo inefficiente, con glicemia più alta e maggiore accumulo di grasso viscerale. Se questa condizione si protrae per anni, aumenta il rischio di sviluppare diabete di tipo 2 o di peggiorarne il controllo.

Uno studio pubblicato nel 2023 su JAMA Network Open ha aggiunto un ulteriore tassello: nelle infermiere con più di dieci anni di lavoro notturno rotativo, la probabilità di “healthy ageing”, ossia di invecchiamento in salute, si riduce in modo significativo. Una conferma del fatto che la turnazione non incide solo sul rischio acuto, ma sulla salute a lungo termine.

Prevenire nel contesto del lavoro

Le evidenze scientifiche e i dati epidemiologici impongono una riflessione collettiva. Prevenire il diabete tra gli infermieri non può ridursi a raccomandazioni individuali: occorre agire sul contesto organizzativo.

Le aziende sanitarie dovrebbero adottare strategie di prevenzione strutturata, in linea con le raccomandazioni dell’American Academy of Nursing (2024), che individuano nel lavoro su turni un determinante di salute.

Tra le azioni possibili:

  • pianificazione di turni meno frammentati, con riduzione delle notti consecutive e maggiore stabilità;
  • programmi di screening metabolico periodico per il personale;
  • promozione di iniziative di educazione alimentare e attività fisica aziendale;
  • formazione specifica su sonno, alimentazione e gestione dello stress nei turnisti;
  • creazione di spazi e tempi di pausa reali, con accesso a pasti equilibrati

Un modello di prevenzione efficace è quello che riconosce la centralità del benessere del lavoratore sanitario come prerequisito per la sicurezza del paziente.

Essere infermieri significa prendersi cura degli altri, ma anche di sé stessi. L’evidenza scientifica ci mostra che il diabete non è solo una questione di stili di vita, ma anche di condizioni di lavoro. Turni prolungati, sonno irregolare, stress e alimentazione disordinata costituiscono un insieme di fattori che, nel tempo, aumentano il rischio metabolico e compromettono la qualità della vita.

La prevenzione passa dalla consapevolezza individuale e dall’impegno organizzativo con l’obiettivo di ridurre il rischio di diabete tra gli infermieri, investendo cosi in una sanità più sostenibile, in operatori più sani e in un sistema più umano. Un infermiere in salute è, a tutti gli effetti, un valore clinico aggiunto per il paziente, per il team e per l’intera comunità assistenziale.