Un indicatore del benessere collettivo
Pubblicati i dati sorveglianza PASSI 2023-2024 sulla depressione
Il monitoraggio PASSI 2023-2024 conferma che poco più del 6% degli adulti italiani manifesta sintomi compatibili con uno stato depressivo. Tra questi, il benessere psicologico risulta compromesso per 16 giorni al mese, contro meno di due per chi non presenta sintomi.
La depressione si riflette anche sulla salute fisica: chi ne soffre riferisce in media 10 giorni di cattiva salute e 8 giorni di limitazioni nelle attività quotidiane. Un dato che ribadisce come mente e corpo siano dimensioni inseparabili della cura.
Profili di rischio e vulnerabilità
I dati del sistema di sorveglianza PASSI 2023-2024 delineano un profilo epidemiologico preciso della popolazione a rischio di sintomi depressivi.
La prevalenza risulta maggiore tra le donne (7%), coerentemente con l’evidenza internazionale che associa il genere femminile a un aumento della vulnerabilità emotiva, legata a fattori biologici, psicosociali e di carico di cura.
L’incidenza cresce sensibilmente in presenza di determinanti socio-economici sfavorevoli: tra le persone che riferiscono difficoltà economiche, quasi una su cinque (18%) presenta sintomi depressivi. Analogamente, si osservano prevalenze elevate in soggetti con basso livello di istruzione (11%) e tra chi vive condizioni di precarietà lavorativa (8%), elementi che concorrono a generare insicurezza, ridotte risorse personali e ostacoli all’accesso ai servizi di salute mentale.
Anche le condizioni di vita e di salute influenzano in modo rilevante il rischio: la depressione è più frequente tra chi vive da solo (7%) e tra le persone affette da patologie croniche (11%), per le quali la convivenza prolungata con la malattia rappresenta un ulteriore fattore di stress psicosociale.
Nel complesso, il quadro suggerisce la presenza di una depressione socialmente determinata, che riflette la distribuzione ineguale delle risorse materiali e relazionali.
Non si tratta dunque solo di vulnerabilità individuali, ma di esiti che emergono dall’interazione tra fattori personali, condizioni socio-economiche e contesto ambientale, in linea con il modello dei determinanti sociali di salute delineato dall’Oms.
Geografie del disagio e accesso ai servizi
Nonostante l’assenza di un vero gradiente geografico, il rapporto segnala Sardegna, Molise e Marche come Regioni con le prevalenze più alte di sintomi depressivi. Qui la densità dei servizi territoriali e la rete di salute mentale hanno un peso determinante: laddove l’offerta è disomogenea, aumenta il rischio di cronicità non trattate.
Per gli infermieri che operano nei Centri di salute mentale, nei Dipartimenti delle dipendenze o nelle Case della Comunità, questo significa lavorare in contesti ad alta complessità emotiva, dove la prossimità e la continuità assistenziale sono parte della terapia.
L’impatto del Covid-19 e il ritorno del disagio giovanile
Dal 2008 al 2024 la prevalenza dei sintomi depressivi è complessivamente calata, ma la pandemia ha segnato una svolta. Nel Sud Italia la discesa è proseguita, mentre nel Nord e nel Centro il trend si è stabilizzato o invertito.
Particolarmente preoccupante è l’aumento dei disturbi tra i giovani adulti (18-34 anni): il trend positivo degli anni precedenti è stato completamente annullato. Anche fra le donne, dopo una lunga stabilità, si osserva una nuova risalita dei sintomi.
Il contesto post-pandemico ha amplificato precarietà, isolamento e incertezza. I giovani affrontano un mercato del lavoro instabile, relazioni più fragili e un’esposizione continua a modelli sociali idealizzati. Sono queste le nuove forme di vulnerabilità psicologica con cui anche gli operatori sanitari devono fare i conti.
Salute mentale come parte della cultura della cura
Il rapporto PASSI evidenzia un altro dato significativo: una persona su tre con sintomi depressivi non chiede aiuto. Dietro questa reticenza c’è ancora stigma sociale, paura del giudizio o scarsa conoscenza delle risorse disponibili.
Gli infermieri e i professionisti sanitari possono contribuire a normalizzare il dialogo sul disagio psicologico, integrandolo nella routine assistenziale. Promuovere la salute mentale non è un compito aggiuntivo, ma parte della cura globale della persona.